Nella rubrica Lo Specchio che cura per Formiche, Mario Morcellini ha pubblicato questo articolo sul voto e i giovani segnalando una sorpresa 

Molto si è scritto sulla distanza dei cittadini dalla politica nell’ultima tornata elettorale in Lombardia e Lazio facendo
riferimento, tra i vari elementi, alla composizione del “partito degli astenuti”. Una fastidiosa vulgata addossa le colpe all’universo giovanile, costruendo un bersaglio mediatico che evoca tutti i mali del mondo. I dati però disegnano un’altra realtà, evidente studiando le elezioni politiche, quelle decisive per delineare trend innovativi sul voto
giovanile rispetto alle scelte dell’elettorato.

È uno scenario contrastante con gli stereotipi diffusi nello spazio pubblico, dominati da attributi di apatia e indifferenza. Basti pensare che l’astensionismo giovanile è sostanzialmente in linea con il dato medio (Swg), ridimensionando dunque il tema di una “specifica” disaffezione verso la politica. Ma c’è di più: l’età di ingresso al voto si è espressa in modo singolarmente diverso rispetto al resto degli elettori e ignorare questo tema è segno di incompletezza delle analisi, anche perché tutti i partiti “tradizionali” sono colpiti dalla divaricazione nelle scelte fra i
giovani e le altre fasce di età.

Oltre un quinto dei votanti della fascia 18-24 anni ha preferito liste “minori” o “alternative” caratterizzate dalla “novità”, da una marcata affinità e identità politico-ideologica ma anche da scelte in difesa di ambiente, parità ed europeismo. Il boom è quello del Partito comunista che aumenta di oltre cinque volte rispetto al totale (1,7% versus 0,26%). Non meno clamoroso, perché riguarda percentuali più significative, il risultato di +Europa che amplifica di oltre tre volte il dato generale (12,3% versus 2,8%). Il Terzo polo a sua volta raddoppia ampiamente i propri
consensi (17,6% versus 7,8%), e la coalizione Sinistra italiana-Verdi è premiata dal voto giovanile raddoppiando il risultato complessivo (7% versus 3,5%). Persino due piccole formazioni diversamente schierate, Noi moderati e Impegno civico, vedono crescere significativamente il proprio elettorato.

L’insieme dei dati a cui abbiamo fatto ricorso (YouTrend, Swg e Ixè) dimostra dunque che l’etichetta di abulia per questa fascia di età è una fake news. Se si esclude il caso minoritario di Noi moderati, questo target giovanile esprime il proprio consenso guardando ad un’area definibile come centrosinistra.

I giovani tra i 18 e i 25 anni sono dunque piuttosto diversi dalla loro rappresentazione. Emerge peraltro un significato più complessivo aggregando i partiti premiati dal voto giovanile: tanto per cominciare risultano “puniti” i vincitori, colpendo soprattutto la Lega (meno della metà della sua performance complessiva), e persino Fratelli d’Italia che arriva comunque prima nella graduatoria complessiva, perdendo però oltre dieci punti. Subito dopo troviamo il Movimento 5 Stelle, che pure ha fatto campagna sul reddito, e soprattutto il Pd.

È l’indizio evidente di una scarsa corrispondenza comunicativa tra partiti mainstream e “laboratorio giovanile”. Ma c’è una sorpresa ancor più profonda, la vera e propria metamorfosi nei comportamenti elettorali che si verifica fra la fascia di accesso al voto e quella dei giovani tra i 25 e i 34 anni: in questo caso le scelte si avvicinano di più a quelle
di adulti e anziani, ponendo in luce un mondo giovanile double face che, uscito dalle tradizionali agenzie di socializzazione (scuola e università) sembra “perdere la bussola” del precedente orientamento politico-culturale, anche perché bruscamente esposto all’impatto della realtà: disoccupazione, precariato, rinvio continuo dell’assunzione di ruoli sociali definiti. Un dato eloquente sulla vera età della concentrazione del dramma flessibilità lavorativa in Italia, e non solo di quello. Da questa “secessione giovanile” bisognerà allora ripartire se si vorrà affrontare la domanda di un futuro degno di questo nome.

Dare risposte convincenti ai giovani potrà ridisegnare gli orizzonti di un Paese sfibrato, in drammatico deficit di ottimismo e di fiducia.

Mario Morcellini

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