Se si potesse scherzare su argomenti terribilmente seri, si potrebbe dire che a furia di raccontarcela in quanto ad autonomia ed autorevolezza dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti, di interessi differenti tra le due sponde dell’ Atlantico, di “europeismo versus “atlantismo”, una volta tanto l’ Europa – addirittura il Parlamento Europeo – gliela canta chiara all’America. Senonché, tra le opzioni possibili per dimostrare che l’ Europa c’è, ha scelto la peggiore.

Il Parlamento Europeo ha fatto la voce grossa ed intima alla Corte Suprema degli Stati Uniti e ai singoli Stati dell’Unione, a cominciare dal Texas, che non si permettano di limitare la facoltà di ricorrere all’aborto. Anzi, per non farsi mancare nulla ha auspicato che l’interruzione volontaria della gravidanza sia riconosciuta come un “diritto”, addirittura da contemplare come costituzionalmente garantito nelle carte fondative dell’UE.

Hanno giustamente votato contro parte degli europarlamentari di Forza Italia, i leghisti e Fratelli d’Italia. Hanno, come di prammatica, votato a favore, e compattamente, gli europarlamentari PD. Compresi i cattolici, ex-popolari.
Non si sa se per convinzione – e dovrebbero, in tal caso, spiegarci come sia intervenuta una tale illuminata maturazione – oppure per ragioni di schieramento e di bottega. Insomma, per assoggettarsi supinamente all’ appartenenza al gruppo socialista, cui hanno inopinatamente dovuto anch’ essi aderire con l’intero loro partito.

A dimostrazione dell’ irrevocabile equivoco che impedisce al PD di essere nulla più che un espediente elettorale.
Anche il gruppo parlamentare PPE si è spaccato in due, a dimostrazione – e vale un po’ per tutti – della precaria fisionomia dei “partiti europei”. Che, di fatto, non ci sono. E qui si dovrebbe aprire un’ampia riflessione che non è ora il momento di affrontare. Si tratta, piuttosto, dei relativi gruppi parlamentari, funzionali alle ragioni di potere e di equilibrio nelle rappresentanze istituzionali dell’ UE, ma del tutto insignificanti in quanto ad identità politico-culturali, storicamente fondate.

Ad ogni modo, il punto nodale su cui è chiara la posizione di INSIEME concerne, piuttosto, la nostra ferma contrarietà all’ aborto. A maggior ragione alla pretesa di assumerlo come un “diritto”. Non a caso, del resto, abbiamo promosso una petizione per la prevenzione dell’ IVG (CLICCA QUI) , ricorrendo agli stessi primi articoli della 194 che offrono qualche opportunità interessante a tale proposito.

Che l’aborto non possa essere riconosciuto come un “diritto” lo attesta esattamente quella stessa scienza cui spesso – ed in modo del tutto inappropriato – ricorrono i più accaniti e “libertari” assertori dei cosiddetti diritti individuali.
Fin dal momento della fecondazione compare un’entità che, per quanto derivi dal genoma dei genitori, è dotata di un patrimonio genetico unico, autonomo, irripetibile, irriducibile ed irrevocabile che gli conferisce la vita, cioè la capacità di dirigere da sé, grazie alla sua dotazione cromosomica, le fasi successive, progressive, ininterrotte, organiche e continuative del suo sviluppo embrionale e fetale, fino alla nascita. Ed, ovviamente, di vita umana, si tratta. In altri termini, siamo già in presenza non di una generica potenzialità, bensì di un “soggetto”, a quel punto, connotato come tale, sia pure ancora solo sotto il profilo biologico. Nel quale, peraltro, già la materia dà conto della forma che la abita e la orienta cosicché il tutto non risulta dalla somma delle parti, ma piuttosto ordina la loro comparsa, sovraintende alla loro appropriata dislocazione, ne guida, nello spazio e nel tempo, lo sviluppo sia anatomico che funzionale.

L’ impalcatura biologica, del resto, è il frutto di una talmente vasta ed impredicibile “lotteria genetica” da mostrare, sia pure in nuce, così embrionalmente ed, appunto, ben prima che compaia la coscienza, un nucleo primordiale di quella “liberta’”, destinata a dettare la dignità della persona come tale, cioè a prescindere dalle autonomie funzionali di cui potrà o meno, in larga o minor misura, disporre. Non a caso, Junger Habermas, filosofo dichiaratamente ateo. almeno dal punto di vista metodologico, mette in guardia dal ricorso a processi di selezione degli embrioni o di manipolazione genetica perché se l’ embrione venisse “fabbricato” sulla misura di un deliberato progetto che lo precede, esattamente la libertà del soggetto verrebbe irrimediabilmente compromessa. Né regge l’argomento secondo cui l’embrione e poi il feto nella misura in cui dipendono dal rapporto con la madre, altro non sarebbero che un’appendice del suo corpo, nei confronti della quale può esercitare la più ampia ed insindacabile giurisdizione.

La condizione di relazione, spesso empatica, simbiotica, in ogni caso necessaria, in quanto essenzialmente costitutiva della persona, è quella che, sia pure in diversa e varia misura, vive ciascuno di noi , ben dopo la nascita e fino all’ultimo dei nostri giorni. Se ne può evincere che quanto più l’intersoggettività è stretta, tanto più concorre a delineare la “persona”, appunto, in quanto “essere in relazione”. E questo – altro che “appendice” del corpo materno – è massimamente vero nella gestazione. In direzione biunivoca: dalla madre al figlio, ma anche dal figlio alla madre.

Domenico Galbiati

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