Il losco e non irrilevante affare Anas, tipico del lobbismo trasversale, del quale siamo ansiosi conoscere i diversi aspetti criminogeni, sotto il profilo politico ed economico-finanziario; e su cui l’autorità giudiziaria sta indagando, dopo aver acquisito le prime prove documentali per effetto, sostanzialmente, delle intercettazioni ambientali, è innanzi tutto un fascicolo penale d’interesse pubblico e c’è l’obbligo di procedere in quanto notitia criminis.
Questa premessa, però, costituisce soltanto il lato A della “medaglia”, mentre il lato B è dato dalla questione morale che investe, direttamente comunque e non di riflesso, la persona del Ministro dei Lavori pubblici e infrastrutture, Matteo Salvini, per via del suo notorio legame sentimentale con Francesca Verdini, figlia del famoso faccendiere toscano.
Non può escludersi l’ipotesi del conflitto d’interesse, e neppure qualsiasi esenzione da colpa o atteggiamento delinquenziale da parte degli inquisiti e la cosa va sottolineata in virtù della presunzione d’innocenza. Tuttavia, in un sistema democratico civile ed avanzato come quello nostro (non dimentichiamo di essere un G7, ma anche uno tra i paesi considerati più corrotti al mondo!) un politico – in tal caso persino leader di un partito governativo – deve assumersi ogni responsabilità, sia di livello istituzionale, sia morale per evidenti ragioni di trasparenza etica e di massima pubblicità del proprio operato avanti all’opinione pubblica. Di conseguenza, non dovrebbe assolutamente esimersi dal dovere di presentarsi nelle aule parlamentari per illustrare nel dettaglio i termini e i contenuti di un affare che risulta effetto di un’attività lobbistica tutt’altro che trasparente e discutibilmente lecita, laddove vengono esaltate le commistioni tra il potere politico e quello decisionale dell’alata dirigenza ANAS, istituto sottoposto alla vigilanza del Ministero dei Lavori pubblici.
Dunque, il Ministro non si sottragga opportunisticamente, proprio adesso che punta ad un’affermazione nelle elezioni europee e regionali, magari con un gesto nobile offrendo il proprio incarico con spontanee dimissioni dal Consiglio dei ministri. Altrimenti, grazie al cosiddetto “quarto potere”, quello veramente democratico dell’informazione, sarà sottoposto ad un esame particolarmente impegnativo, in aggiunta a quello che auspichiamo avvenga da parte degli organi di polizia e della magistratura (anche nella celerità, ovviamente).
Infine, pur essendo convinti di condividere il principio ereditato dal diritto romano in dubio pro reo, si è davvero adirati con certa classe dirigente che ci rappresenta in malo modo e non fa nulla per salvaguardare la propria onorabilità!
Michele Marino