L’ autostima nei casi della vita – compresa quella politica ed istituzionale – funziona un po’ come il peperoncino nelle pietanze. Non tutte lo esigono o lo sopportano. Ed anche dove ci sta bene, va dosato con molta attenzione. Fino ad un certo punto solletica il gusto, esalta il sapore, stimola l’ appetito e dicono che addirittura favorisca la digestione.
Se, invece, appena lo si dosa troppo – a parte la diversa appetibilità di ciascuno, per cui c’è chi lo tollera meglio di altri – in linea generale disturba, si sovrappone all’ armonia degli altri sapori, li sovrasta e li cancella.

Per certi versi, è così anche per quell’ aulica concezione di sé che molti coltivano, senza artificio, semplicemente perché gli viene naturale quel certo modo di porsi. Anche l’autostima, a dosi appropriate, può insaporire una minestra, che, a considerarne gli ingredienti, potrebbe essere insipida, eppure con quell’ aggiunta sembra diventare passabile. Ed anch’ essa a somministrazioni crescenti stanca, oltre una certa soglia accede alla sfera del narcisismo, che, a sua volta, può mostrare diverse gradazioni fino al “culto della personalità”, laddove il cerchio dell’ auto-contemplazione diventa presunzione e supponenza, si chiude su sé stesso, ed è lì che casca l’ asino. Infatti, un’autostima fuori misura per un verso può nascere come inconscia difesa da un sottile sentimento di precarietà che non si confessa neppure a sé stessi, per altro verso può indurre un’ escalation e funzionare come un boomerang, dal momento che ogni eccesso facilmente si rovescia nel suo contrario.

Insomma, a Giorgia Meloni diamo un consiglio, una volta tanto amichevole davvero: che dosi attentamente il peperoncino. Altrimenti rischia di farsi del male in casa e da sola, a cominciare dal suo condominio.

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