“Percorsi di Secondo Welfare” prosegue l’esame del divario di genere in tema di mercato di lavoro con il seguente articolo
Come ricordato anche da Openpolis (CLICCA QUI), in Italia il lieve ma costante aumento della presenza femminile si è verificata a partire dal 2006. Sono soprattutto alcune nazionalità dal Sud Est asiatico e dall’Est Europa ad aver sviluppato un’immigrazione per lo più femminile: parliamo di chi viene dalle Filippine, dalla Thailandia, dalla Romania, dalla Bielorussia e dall’Ucraina che, come sappiamo, oggi vive il drammatico esodo dalla guerra (flusso composto quasi esclusivamente da donne e bambini).
Una nuova sensibilità sui temi migratori
Negli ultimi otto anni, e a partire dal picco degli sbarchi del 2014 (CLICCA QUI) – 2016 (CLICCA QUI) , il dibattito sulle migrazioni in Italia si è concentrato sul sistema di accoglienza di richiedenti asilo, correndo talvolta il rischio di dimenticare che questi ultimi hanno pur sempre costituito una piccola componente della popolazione straniera in Italia, Paese nel quale le politiche di integrazione rivolte alla popolazione immigrata nel suo complesso non sono mai veramente decollate (si veda per una ricostruzione del dibattito(CLICCA QUI).
La pandemia ha da un lato peggiorato le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nel nostro Paese, dall’altro ha fatto scivolare via dall’agenda politica e mediatica l’intera questione. Oggi però gli sconvolgimenti dovuti all’irrompere della guerra nel cuore dell’Europa hanno riportato la questione dell’accoglienza in primo piano.
Oltre a seguire con partecipazione e attenzione ciò che sta avvenendo, è fondamentale riflettere sull’attuale stato di salute dell’integrazione nel nostro Paese e non perdere di vista il quadro più generale delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione immigrata. Per farlo, può essere utile partire dalle condizioni di vita e di lavoro di quella componente della popolazione immigrata che, fino a ieri, non ha avuto il posto che merita nel dibattito pubblico: le donne straniere.
Ed è tanto più importante se partiamo dal presupposto che in Italia le donne, nel loro complesso, vivono un forte svantaggio nell’accesso al lavoro. Ciò avviene anche a dispetto del livello di istruzione (CLICCA QUI , a cui si somma il peso dei compiti di cura che ancora oggi ricadono quasi interamente sulle donne (CLICCA QUI), anche in ragione di stereotipi di genere che tardiamo a superare. Dunque, in un Paese in cui il divario di genere nell’accesso al lavoro è particolarmente significativo e al di sopra della media europea, è interessante chiedersi in che misura questo riguardi anche la popolazione straniera e in più in generale quale siano le condizioni di vita e di lavoro delle donne straniere.
(Per la lettura integrale dell’articolo di Percorsi di Secondo Welfare continua QUI)