Le donne in tutta la Svizzera scioperano in segno di protesta e per reclamare parità dei salari e maggior rispetto, oltre a contestare quello che definiscono il ritmo troppo lento con cui il paese si muove verso l’uguaglianza.
La protesta di oggi arriva a 28 anni di distanza di una simile giornata di mobilitazione nel 1991, nel corso della quale scesero in strada circa mezzo milioni di donne . Fino a quel momento, mai una donna aveva fatto parte del governo svizzero e non era previsto il congedo di maternità.
In Svizzera le donne guadagnano in media il 20% in meno degli uomini, non sono adeguatamente presenti a livello dirigenziale e l’assistenza all’infanzia rimane non solo costosa, ma scarsamente disponibile. Le pensioni svizzere femminili sono inferiori del 37% rispetto agli uomini.
Quella della condizione femminile è una questione ancora insoluta in tutto il mondo ed è drammatica nei paesi non ancora pienamente sviluppati in molti continenti, dove le donne subiscono violenze ed abusi di ogni genere.
Politica Insieme sottolinea la necessità che anche in Italia la donna, costretta a svolgere più mansioni e funzioni, veda riconosciuta l’urgenza di raggiungere una effettiva parità a tutti i livelli, attraverso quegli interventi utili a superare forti disuguaglianze che ancora stridono con il rispetto della dignità umana e il ruolo che essa svolge nella famiglia e nella società.
Al riguardo, nelle linee politiche programmatiche di Politica Insieme si sostiene:
La donna e la necessità di raggiungere un’autentica parità
Tra le questioni della famiglia, ma per molti versi distinta da esse, si colloca anche quella della donna che assume una sua specificità per gli aspetti economici, sociali e culturali che richiama.
Siamo consapevoli che ancora molto resti da fare per giungere ad una piena parità sostanziale.
Le donne subiscono ancora discriminazioni salariali e di ruolo nel mondo del lavoro. A questo deve essere data finalmente una risposta forte sottoponendo ad una verifica particolare tutta la legislazione in materia e con la definizione dei contratti di lavoro e la loro applicazione nel pubblico e nel privato.
Sulla base del concetto che tutti gli esseri umani ed i cittadini godono degli stessi doveri e diritti, non siamo d’accordo con la facile e riduttiva soluzione delle “ quote rosa” perché dobbiamo puntare, invece, alla completa rimozione dei tanti ostacoli che mettono le donne in condizioni di svantaggio e subalternità in tutti gli ambiti che le riguardano.
Sappiamo che le donne sono continuamente vittime di violenze ed abusi, fisici e morali, molte volte neppure denunciati in modo da far ritenere che casi di sopraffazione e di coercizione siano molto più numerosi di quelli che emergono ufficialmente.
Purtroppo, molto spesso, l’ambito familiare è quello dove si consuma contro le donne una sorta di “ criminalità” strisciante che potremmo definire a “ bassa intensità”, ma non per questo meno odiosa e pesante per quante ne restano vittime.
E’ evidente che non bastano interventi riparatori di mera natura legislativa, spesso concepiti solo in termini retorici e dalla scarsa praticabilità, perché è necessario, invece, a partire dai primi livelli scolastici, far diventare l’educazione al rispetto degli altri, qualunque ne sia il sesso, la religione ed il colore della pelle, uno dei principali compiti del sistema formativo pubblico e paritario. Così, come è necessario operare affinché anche le forze dell’ordine e la Magistratura siano maggiormente attrezzate tecnicamente e culturalmente ad affrontare, anche preventivamente, la violenza sulle donne che appare sempre più come una delle nostre piaghe nazionali.