A distanza di settant’anni dall’ultima grande guerra e di cinquant’anni dalla Conferenza di Helsinki dobbiamo constatare che la logica della contrapposizione delle armi prevale nella soluzione dei conflitti internazionali. E quello che più desta  meraviglia è l’incapacità dell’uomo di cogliere gli insegnamenti della storia. Ancora più doloroso è il riflesso di quanto sta succedendo su donne e bambini/e.

Molta solidarietà è stata messa in moto  in Europa, attorno alla crisi umanitaria in atto per accogliere  donne e  bambini/e ucraini. Tra le tante ong sul campo in Romania e Polonia per monitorare l’accoglienza ci sono, nel dramma della guerra, molte segnalazioni che  denunciano il rischio che donne e ragazze in fuga dalla guerra possano finire vittime della tratta sessuale.

Un  vero pericolo che si materializza in Polonia e  in Romania e anche in Italia  ci sono le prime segnalazioni di annunci “esca” sui social per alloggi non sicuri e lavori “a rischio”. Oltre a essere presenti  sui  confini con Polonia e Romania, le reti  criminali cercano di attirare le donne attraverso i social media, contattandole su diverse piattaforme, offrendo alloggio, trasporto gratuito e poi un lavoro verso i paesi europei, fra cui l’Italia.

Molte organizzazioni di volontariato hanno raccolto segnalazioni di truffe e tentate violenze su donne sole che hanno accettato passaggi da parte di presunti benefattori. Il non sapere a chi denunciare, non conoscere i numeri di emergenza, non conoscere i propri diritti e come esercitarli, rischia di aggravare la situazione, anche per un evidente paura, il dramma psicologico che stanno vivendo e una difficoltà legata alla lingua. Molte associazioni in Italia, anche gli ordini professionali ad esempio, si sono messi a disposizione per accogliere le donne e i loro bambini e bambine, ascoltarle e orientarle verso i servizi pubblici di welfare e verso un lavoro dignitoso.

Le donne sono per definizione generatrici di pace e di buone relazioni. I recenti avvenimenti dell’agosto scorso in Afghanistan, e il progetto dei Caschi rosa che abbiamo messo in campo per sostenere le giovani donne in fuga da Kabul, dimostrano ancora una volta che non erano i pacifisti a sbagliarsi quando evidenziavano che la “guerra giusta” non avrebbe portato ad una soluzione dei problemi delle popolazioni di quei territori.

Sarebbe per noi auspicabile che le donne, noi donne costruttrici di pace, si facciano promotrici di una “Grande Conferenza Internazionale di Pace” per fermare ogni violenza. Il  nostro pensiero pacifista, spesso tacciato di astrattezza e di non farsi carico della concreta soluzione dei conflitti, evidenzia con forza che a fronte  di somme ingenti nella ricerca della soluzione armata dei conflitti non viene quasi mai messa in campo la soluzione non violenta.

L’invio di armi all’Ucraina, non aiuterà il popolo ucraino nelle sofferenze dell’aggressione subita, errore che porterà ancora più lutti e sofferenze e non aiuterà la soluzione pacifica del conflitto in corso. E sempre più donne e bambini e bambine vivranno il dramma di un quotidiano incerto, in fuga dalla loro terra. Ci opporremo ad un ulteriore aumento delle spese militari nel nostro Paese chiedendone  una diminuzione ed una cessazione dell’esportazione di armi, perché si attui il disarmo generale e completo, perché le persone, donne e uomini siano rispettate, perché “le spese di guerra siano trasformate in spese di pace”.

Con Stefano Zamagni, “la pace (…) va costruita, posto che essa non è qualcosa che spontaneamente si realizza a prescindere dalla volontà degli uomini. In un libro di grande rilevanza – e proprio per questo mai citato – di Q. Wright (A study of war, 1942) si legge che “mai due democrazie si sono fatte la guerra”. E’ proprio così, come la storia ci conferma. Se dunque si vuole veramente la pace, quanto occorre fare è di operare per estendere ovunque la cultura e la prassi del principio democratico”.

Insieme dobbiamo definire le idee e le politiche per cambiare, a partire dalla necessità di prendersi finalmente cura delle persone, dei loro diritti e dei loro bisogni e della Madre Terra che ci ospita, per andare oltre la continua emergenza e  per ricostruire con fiducia una  speranza di futuro e di presente.

Isa Maggi

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