Ecco un libro che sprigiona energia e ti fa riscoprire il senso della speranza. E’ l’ultimo lavoro di Paolo Rumiz, il più affascinante scrittore contemporaneo di viaggi e insieme giornalista, globe-trotter e non rassegnato indagatore del declino dei valori del nostro tempo.
Questa volta il viaggio è tra le abbazie e i monasteri benedettini, dall’Appeninno al Danubio e fino all’Atlantico, capisaldi della fede e della civiltà che hanno salvato l’Europa nei secoli quinto e sesto, quando l’impero romano era ormai dissolto e il continente era ferocemente devastato dalla violenza delle invasioni barbariche. La regola dei monaci di Benedetto da Norcia, il santo patrono dell’Europa, è invariata: preghiera, lavoro, ascolto e accoglienza. E’ così che nei secoli bui, con la sola forza dell’esempio, i seguaci di Benedetto hanno contribuito ad europeizzare gli invasori e a custodire una cultura millenaria.
Il viaggio prende le mosse da Norcia, cioè dall’Appennino, “montagna antica, aspra e solitaria” dove l’Europa è nata tre volte: con Roma, con il monachesimo e con il Rinascimento. Ed è nella abbazia di Praglia che Rumiz scopre sul comodino della sua celletta la “Regola” benedettina racchiusa in un piccolo volume con i suoi insegnamenti che vengono da lontano: “ la leadership che si esercita prima di tutto con l’ascolto; il prestigio che non dipende dall’età; la disciplina ma anche la dolcezza dei rapporti umani; l’apertura ai più giovani e l’ascolto di tutti.
Ma sono gli uomini che incontra che sconvolgono il “laico” autore. Come nel monastero di Sankt Ostilien, nella Baviera contadina con i suoi orti, le stalle, l’officina, la scuola, gli alveari, la fabbrica di birra e le scuderie dove tutti lavorano compreso l’abate Notker Wolf, con sei lauree, dodici lingue parlate, che ha scritto trenta libri, ha insegnato a Roma e ha fatto i lavori più umili in Africa. E quando Rumiz gli chiede come possono oggi i benedettini cambiare il mondo nel tempo della velocità digitale e delle false notizie, l’abate non si scompone e risponde che non possono cambiare il mondo ma qualche influenza possono averla creando una atmosfera di dialogo e non di paura, oggi così diffusa perché “quando i reggitori non sanno dare risposte al popolo gli offrono nemici.”
Avanti rispetto alla Chiesa gerarchica, l’ordine accoglie anche le donne e la visita alla abbazia di Vimoldone, alle porte di Milano, dove le periferie e i tristi supermercati giungono a sfiorare le verdi risaie lombarde, vede la presenza delle benedettine che custodiscono tesori medioevali, lavorano la lana e assistono gli indigenti. E così nelle abbazie in Francia dove “il vento atlantico sibila da Mont Saint Michel, l’abbazia benedettina più famosa dopo Montecassino, ancora nei grandi monasteri tedeschi, in Belgio e in Ungheria dove con Orban è tornata la sindrome del confine e dove alla cortina di ferro scomparsa con la caduta dell’impero sovietico si sta sostituendo quella dei reticolati contro i profughi del medio oriente “ che non invadono più con la ferocia distruttiva dei barbari ma fuggono per fame e indigenza”. Eppure spaventano solo il nostro materialismo e fagocitano i sovranisti a coltivare le paure distruggendo il sogno dei padri fondatori dell’Europa che “ osarono sognarla nel momento in cui tutto sembrava perduto”.
Così, i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni barbariche tessendo fili, trame e relazioni, oggi vanno imitati dando voce a chi sogna, viaggia, lavora, resiste, combatte e si fa carico del proprio destino con la forza di una cultura comune, l’appartenenza a uno spazio unico al mondo, fertile e misurabile, ricco di storia, lingue, piazze, culture e paesaggi.
Guido Puccio