Grande è la confusione sotto il cielo”, affermava Mao Zedong, “quindi la situazione è eccellente!”. Oggi questa riflessione ben si addice alla politica estera USA, peccato però che la situazione non sia per nulla eccellente.

Un anno dopo la vittoria di Joe Biden il clima politico negli Stati Uniti è molto differente e soprattutto molto confuso, in special modo in casa democratica. Con un bassissimo gradimento come pochi altri uguali, dopo un solo anno di governo, la Casa Bianca brilla per non aver idee o soluzioni per far fare un salto avanti al Paese. Sul fronte del Partito democratico le proposte e le idee continuano ad arrivare soltanto dall’ala liberal. La parte moderata, che è comunque maggioritaria nel partito, tace e non ha ancora trovato un leader di rilievo che soprattutto mediaticamente tenga testa a Nancy Pelosi e all’agguerrita squadra di parlamentari ultra liberal capitanati dall’indiscussa e loquacissima AOC, Alexandria Ocasio Cortez. La vicepresidente Kamala Harris sembra quasi in crisi d’identità; ma anche il Presidente segna il passo, ed è stato costretto a qualche retromarcia su due temi fondamentali che hanno tenuto banco in campagna elettorale .

Sul primo, quello dell’immigrazione clandestina e la difesa dei confini con il Messico, dopo aver insistentemente criticato Trump per le sue politiche restrittive, la Casa Bianca è andata ben oltre rafforzando il confine e creando addirittura le tanto criticate gabbie in rete metallica per ospitare i migranti prima del loro rimpatrio, senza farsi mancare la scena da film western con le guardie di frontiera a cavallo che inseguono i migranti con la frusta nelle aride campagne del Sud. Sul secondo fronte, quello della pandemia, non è solo colpa del Governo ma i numeri sono impietosi, uguali se non peggiori di quelli durante il mandato di Trump.

Ecco allora che la politica estera, sempre importante per un Paese come gli Stati Uniti, in una situazione come questa diventa per davvero l’argomento su cui focalizzare l’attenzione.

Sfortunatamente in entrambi gli schieramenti vi è ancora una visione sugli armamenti, sull’uso della forza e sui rapporti tra Stati, legata ancora a una visione “imperiale” del mondo. E non sto parlando dell’apparato industriale-militare, da sempre belligerante per principio e che invaderebbe anche il Canada se ve ne fosse l’occasione; ma della classe politica, indifferentemente dal colore. Per giunta una classe politica assai strabica, che valuta e si comporta in modo differente a seconda che si tratti di Russia o Cina. Una classe che pensa ancora, per comodità, essere sempre meglio combattere l’orso russo, dato che il Cremlino è il nemico a prescindere, e un nemico cattivo. Questo modo di pensare trova una sponda europea in modo particolare nella Germania, che da tempo privilegia il rapporto con la Cina.

In queste ultime settimane sta montando per l’ennesima volta il caso Ucraina, però stavolta qualche commentatore anche negli States inizia a fare qualche analisi.

I grandi giornali liberal sono impegnati nella Cancel Culture a riscrivere la storia, e sono quindi i media conservatori a ragionare di geopolitica. Fox News è la rete tv conservatrice per eccellenza, e una delle sue trasmissione più seguite in onda ininterrottamente dal 2016, con un seguito giornaliero tra i 3 ed i 5 milioni di telespettatori, è Tucker Carlson Tonight, condotta dal giornalista omonimo.

All’inizio di dicembre Carlson si è posto chiaramente la domanda su quali benefici porterebbe agli USA una guerra con la Russia per l’Ucraina, concludendo ovviamente che non sarebbe proprio il caso: il dossier Ucraina è marcio sin dall’inizio, perché furono proprio gli americani, con operazioni degne de “I tre giorni del condor”, a sobillare e creare turbolenze.

Il conduttore poi si domanda come mai con non ci si renda conto che una politica del genere spinge la Russia nella mani della Cina. E attacca la Sottosegretaria di Stato Victoria Nuland, personaggio nota per esser stata una degli artefici della guerra in Iraq, e si preoccupa perché molti repubblicani sono concordi con questo piano – anche personaggi di rilievo come Mike Pompeo, ex Segretario di Stato – concludendo che si tratta di una follia bipartisan: “Anche se in tanti siamo convinti che sia una follia, non è detto che non accada. Anzi, ci sono maggior possibilità che accada piuttosto del contrario”.

Ora, per aver un quadro più completo, vediamo qualche fatto accaduto di qua e di la dell’Atlantico che dovrebbe far riflettere noi europei.

La politica estera del nuovo Governo tedesco

Nella scorsa primavera alcuni commentatori politici tedeschi erano pronti a scommettere che la nuova cancelliera sarebbe stata Annalena Baerbock, leader dei Grunen (Verdi) con studi alla London School of Economics (e questo la dice lunga), poi lo scandalo dei testi copiati per il suo libro e la rimonta della SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands), ne hanno frenato la corsa. Ma è comunque oggi il numero due del governo essendo stata nominata Ministro degli Esteri, carica che in Germania è importantissima, basti ricordare quanto influenzò per quasi un decennio la politica dei governi Schröder, il ministro degli esteri Joscka Fisher, leader dei Verdi a cavallo del cambio di millennio.

Cosa ha già fatto di rilievo Annalena per parlarne qui?

L’11 dicembre ha stoppato il completamento del gasdotto Nord Stream 2 “perché non soddisfa i requisiti del diritto dell’UE in materia di energia e permangono questioni di sicurezza”. Ovviamente musica per i falchi di Washington e… aumento delle bollette del gas in Italia.

Il caso Navalny

I mass media nei giorni scorsi hanno dato rilievo all’incremento delle sanzioni economiche contro la Russia per il mancato rispetto dei diritti umani nel tenere in carcere Andrey Navalny. Da un anno a questa parte è un continuo crescendo dell’intensificarsi delle sanzioni. Ora è indubbio che il Cremlino e la Duma non siano esattamente l’Atene di Pericle, ma di sicuro non sono poi molto diversi, in bene o in male, dal Comitato centrale del Partito comunista cinese.

Beh, negli stessi giorni in cui si incrementavano le sanzioni, l’ultima verso la compagnia di mercenari Wagner (quelli che in America invece si chiamano confidenzialmente contractors) , esattamente il 13 dicembre, la Corte distrettuale di Hong Kong ha condannato otto attivisti, tra cui il tycoon dei media Jimmy Lai che dovrà scontare 13 mesi di carcere, per “l’organizzazione, la partecipazione o l’incitamento alla partecipazione” alla veglia non autorizzata del 2020 in ricordo delle vittime di Piazza Tienanmen.

Qualche voce ufficiale di protesta in merito? Silenzio totale. Direi che parlare di strabismo sarebbe il minimo, ma la realtà è che oggi l’Orso russo fa molta ma molta meno paura del Dragone, e nessuno si ricorda delle promesse fatte ai cittadini di Hong Kong. E questo è un altro punto che gioca a favore dei falchi di Washington.

L’accordo militare India-Russia

Sempre nel mese di dicembre l’India ha firmato un accordo di cooperazione militare con la Russia che prevede tra l’altro l’acquisto di sistemi missilistici per un importo di 5,4 miliardi di dollari.

Sbaglia, e molto, chi vede in ciò una mossa antiamericana. In realtà la decisione indiana è tutta in chiave anticinese, e questo Paese sta cercando disperatamente partner affidabili per contenere Pechino, visto il disimpegno USA da quelle parti, ultimo atto il ritiro dall’Afghanistan.

Concludendo, se “l’impero” americano oggi non ha una visione uniforme sui problemi del mondo e rivolge tutte le sue attenzioni e minacce solo alla Russia, senza voler o poter tenere conto di quanto la Cina emerga prepotentemente ogni giorno di più sulla scena mondiale, direi che gli europei dovrebbero capire che una forte e indipendente politica estera su base comunitaria è quanto mai necessaria. Ammesso di non essere già in ritardo.

Beppe Mila

 

Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione I Popolari del Piemonte (CLICCA QUI)

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