L’Italia di oggi ha bisogno di una presenza politica dei cattolici? La risposta a questa domanda è insieme facile e difficile.

Se giudichiamo il quarto di secolo ormai, durante il quale una presenza politica organizzata di cattolici è stata assente (pur con presenze individuali o di gruppi di dirigenti politici sparse più o meno in tutto l’arco politico), il bilancio ci pare tutt’altro che positivo. Gravi problemi della vita economica, sociale e culturale del paese (dalla languente produttività economica, al riemergere della povertà, dalle fratture territoriali al gelo demografico, dal depauperamento delle infrastrutture, ai deficit del sistema scolastico e dell’apparato amministrativo, per non parlare del crollo delle speranze dei giovani) restano aperti e sembrano non trovare soluzione. A questo si aggiunge un evidente degrado della qualità del discorso e del linguaggio politico.

Essersi liberati del partito cattolico, come da alcuni settori importanti della cultura italiano auspicato in passato, non ha evidentemente portato risultati così favorevoli. D’altra parte il quadro delle forze politiche rinnovate o nuove che hanno dominato questo periodo non presenta neanche esso un bilancio molto esaltante. I due poli politici che avevano dominato dall’inizio questa fase (Berlusconi con Forza Italia/casa della Libertà e i DS poi PD) sono il primo ormai sulla via dell’estinzione o quantomeno nell’ incapacità di fornire un indirizzo politico significativo e l’altro costantemente in preda delle sue divisioni, impegnato nel parricidio dei suoi leader oltre che incerto nella sua anima ideal-programmatica.

Quanto alle due forze emergenti come il M5S e la Lega di Salvini, la loro ascesa meteorica ha rapidamente cozzato con i problemi e le responsabilità del governare. Se i Cinque Stelle stanno sperimentando insieme fallimento come forza di governo e rapido declino, la Lega che per ora mantiene l’ampio consenso acquisito, alla prima opportunità si è ritirata dalla difficile incombenza di governare e comincia a domandarsi se il suo “sovranismo” le consentirebbe veramente di governare da sola contro l’Europa la terza economia del continente. Il bipolarismo e le alternanze al governo di questi anni sono avvenuti nel segno della polarizzazione piuttosto che in quello di una convergenza positiva verso la soluzione dei problemi del paese.

La criticità della situazione del paese dovrebbe chiamare tutti e certamente chiama i cattolici alle proprie responsabilità.

Con la dovuta umiltà e con un serio esame delle inadempienze e dei fallimenti degli anni passati i cattolici non possono tirarsi indietro e devono riflettere seriamente su che cosa possono dare al paese. Oggi non basta più il pur grande contributo alla vita sociale delle innumerevoli iniziative associative e individuali con le quali i cattolici sono presenti nelle zone di maggiore fragilità del paese. C’è bisogno di estendere con più determinazione la nostra presenza anche nella sfera politica portando in questa alcuni contributi che le altre forze non sono in grado di portare.

Di fronte alle gravi linee di frattura della nostra società (poveri/ricchi; giovani/anziani; metropolitani/periferici; cosmopoliti/tradizionali…….) la visione dell’uomo e della società che scaturisce dalla nostra fede, non riduzionistica come quelle che ci vengono proposte oggi ci può consentire di leggere i problemi non in chiave di divisione e di contrapposizione ma di complementarità e solidarietà.

Di fronte ai linguaggi della paura e dell’odio possiamo portare il linguaggio della speranza, della comprensione e della apertura. Ma dobbiamo chinarci con serietà e studio sui problemi concreti con i quali si dibattono i nostri concittadini quando faticano a costruirsi una famiglia, quando i figli non trovano una formazione adeguata nelle scuole, o un lavoro dignitoso, quando le cure mediche diventano troppo costose o irraggiungibili nel tempo. Ma nello stesso tempo dobbiamo anche saper avere lo sguardo largo sul mondo che ci circonda, sull’Europa che continua a dover essere costruita, sui paesi del terzo mondo dai quali traiamo risorse e manodopera (tropo spesso illegale) e ai quali dobbiamo restituire.

La sfida è grande e non abbiamo garanzie di riuscita, ma non possiamo tirarci indietro.

Maurizio Cotta 

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