L’ Italia ha vissuto l’intera lunga stagione della cosiddetta “Prima repubblica” alla costante ricerca del progressivo, crescente allargamento delle basi democratiche dello Stato. La centralità del Parlamento ed il valore della rappresentanza non sono mai stati messi in discussione e neppure sacrificati alle ragioni della governabilità.

Quest’ultima era fondata sulla comune consapevolezza della piena legittimazione popolare dell’apparato istituzionale e sul riconoscimento che le forze politiche reciprocamente si scambiavano, al di là della conflittualità politica aspra che le divideva, eppure non cancellava la coscienza del comune radicamento nei valori costituzionali. Né le garanzie dello Stato di diritto mai sono state compromesse, neppure nei momenti in cui la democrazia italiana ha dovuto rispondere all’ attacco del terrorismo nero e rosso.

Pur in un contesto di guerra fredda che vedeva l’Italia per un verso pericolosamente esposta sul confine della “cortina di ferro” e, su un altro fronte, proiettata in un Mediterraneo carico di tensioni e di aperti conflitti, questa strategia di inclusione e di incessante costruzione di coesione civile e sociale è stata perseguita incessantemente.
Erano gli anni della presunta “conventio ad excludendum” e di uno scontro spesso feroce in ordine a quei “fondamentali”, a cominciare dalla scelta europea ed occidentale, di cui vive tuttora il nostro Paese.

Eppure, per quanto declinato in termini spesso addirittura antitetici, il sentimento che l’ interesse generale dell’Italia e degli italiani – diciamo pure il “bene comune” – fosse per tutti e per ciascuna forza la stella polare del proprio orientamento, non è mai venuto meno. La Democrazia Cristiana, per quanto non abbia saputo essere alternativa a sé stessa come suggeriva Aldo Moro, esattamente grazie a Moro, anzitutto, ha saputo andare oltre sé stessa ed anziché arroccarsi in una cocciuta, ossessiva, pregiudiziale difesa del potere, ha adottato, in un certo senso, il proprio storico avversario, accompagnandone la legittimazione, anche sul piano dell’ affidabilità internazionale, pur di creare le condizioni di una possibile alternanza e superare le strettoie della “democrazia difficile”.

Il “popolo italiano”, pur articolato secondo orientamenti e culture politiche differenti, al di là delle ombre e delle cadute che vi sono pur state, ha esercitato in quei lunghi anni di rinascita morale, civile e politica del nostro Paese, quella sua vera e sostanziale sovranità che la Costituzione gli attribuisce Oggi, al contrario, pare che forze politiche – addirittura incapaci prima che irresponsabili – vogliano espressamente, dall’ una e dall’ altra parte, letteralmente lacerare l’Italia. Come se, sapessero raccogliere il consenso degli elettori solo a brandelli, esasperando quel clima livido di rancore, di reciproca ostilità, perfino di odio sociale che sta avvelenando il nostro Paese.

Domenico Galbiati

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