Sono molto o preoccupato e incapace di rendermi conto sul perché la prospettiva di una non escludibile guerra sia vissuta dalla stragrande maggioranza delle élite e dei nostri governanti come un qualcosa simile a: “Tutti insieme appassionatamente verso il baratro”.

Volevo scrivere da tempo, e la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i commenti sprezzanti nei confronti di papa Bergoglio in seguito alla sua intervista alla radiotelevisione svizzera in cui, come qualsiasi persona di buon senso, implorava di iniziare un negoziato.

Un po’ di giornalismo vero (made in USA)

Il conflitto in Ucraina, in Italia in modo particolare, è sempre stato raccontato dimenticando quel che è accaduto dal 2014 sino al 2022 in Donbass e evitando ancora oggi di raccontare come stanno veramente le cose in Ucraina. Non occorre essere filoputiniani, basta leggere la stampa USA, decisamente più libera e meno incline a genuflettersi. Ma prima qualche numero per inquadrare il problema.

Nel 2014 l’Ucraina contava circa 50 milioni di persone; al luglio 2023 ve ne erano 28 milioni e mezzo (fonte “Corriere della Sera”, giornale certamente non filo russo), oggi sicuramente molti meno perché tutti i giorni gli uomini in età di arruolamento cercano di fuggire all’ estero e tutti i giorni a Kiev vi sono dimostrazioni di mamme, mogli e sorelle che chiedono di far tornare i loro uomini dal fronte. Notizie censurate totalmente in Italia, ma non negli Stati Uniti: ad esempio, poche settimane fa su The New Yorker è stato pubblicato un corposo reportage di Masha Gessen in cui si analizza crudamente la vita quotidiana in Ucraina, tra povertà e corruzione aumentate, in clima di legge marziale. Questo articolo è stato ripreso anche dalla rivista italiana “Internazionale” nel n. 1551 di febbraio. La stessa rivista ha pubblicato prima un reportage sulla vita nelle trincee in cui russi ed ucraini vivono come nella guerra del 15-18, al freddo ed in mezzo ai topi, e diversi altri articoli sul conflitto presi dalla stampa USA: articoli che se fossero stati scritti in Italia sarebbero sicuramente stati definiti ultra-putiniani.

Questi articoli riportano come la gente sia stanca e non sia così barricadiera come gli eroi ed eroine in tuta mimetica truccati da star che appaiono nei media europei e che in alcuni casi sono stati ospitati anche nel Senato italiano (in febbraio) come la combattente Yulia Paievska, nome in codice “Taira”, famosa per le sue gesta nel battaglione Azov.

Ora la guerra è sempre una brutta cosa e in guerra non ci sono mai vincitori, muoiono russi e ucraini, molti, troppi. Ma da noi si tende a nascondere la realtà ed a far apparire questa guerra come un videogame combattuto tra chi ha i migliori droni, le migliori difese elettroniche e così via. Soprattutto nessuno ha voluto vederne le cause, quelle che hanno portato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, vale a dire i soprusi vissuti dalle regioni russofone del Donbass con oltre 14mila morti e la disattesa degli accordi di Minsk, in cui l’Europa avrebbe dovuto esser garante, invece non si batté ciglio quando un presidente ucraino (Poroshenko) in tv disse: “Noi avremo lavoro, loro no. Noi avremo pensioni, loro no […] I nostri bambini andranno a scuola e all’asilo, i loro si nasconderanno nelle cantine”.

I nipotini di Soros e Schwab

Per meglio comprendere quello che sta succedendo nel campo dei buoni (e quanti cattivi condizionamenti stanno facendo sulla pubblica opinione) è utile guardare a cosa fanno questi giovani nuovi leader: Justin Trudeau in Canada, Annalena Baerbock in Germania, Jacinta Arden in Nuova Zelanda, Sanna Marin in Finlandia e Maia Sandu in Moldavia.

Sono tutti giovani, belli, democratici, progressisti o verdi e fanno parte dei 100 prediletti leader del futuro indicati da Klaus Schwab, il patron di Davos ovvero il volto nero del transumanesimo.

Su Justin Trudeau parlano i fatti, fautore del più ossessivo controllo sociale digitale (basta veder i suoi diktat durante la pandemia) e orgoglioso di aver ospitato qualche mese l’ultima SS ucraina vivente in Canada presentata come combattente per la libertà con tanto di standing ovation al parlamento canadese.

Annalena Baerbock, ministro degli Esteri della Germania, studi alla London School of Economics che sogna il via libera alle Sturmtruppen nelle steppe orientali e l’invio con corriere espresso dei missili Taurus all’Ucraina.

Jacinta Arden ha governato bene la Nuova Zelanda, tutti si aspettavano che continuasse ma al momento delle elezioni con una vittoria certa in tasca improvvisamente si è ritirata a vita privata senza dare spiegazioni. Forse spaventata dalla piega che prende la globalizzazione?

Maia Sandu è amata e odiata in Moldavia, ma è oggetto di frequentissime visite da parte del figlio di George Soros, indubbiamente per far sì che la Moldavia rompa gli indugi, voglia far parte della NATO e si decida ad abbandonare i tradizionali buoni rapporti con Mosca.

Ma la star di tutto è indubbiamente Sanna Marin, la ex premier finlandese che lo scorso anno invadeva giornali e riviste tanto da rubare le prime pagine alla principessa inglese Kate. Di lei si raccontava tutto anche i suoi piccoli peccati in discoteca, tutto per farla sembrare una Madonna laica. Perché? Perché la Marin ha deciso che dopo decenni di pace e di neutralità la Finlandia doveva entrare nella NATO: così è stato, senza una votazione o un referendum da parte dei finlandesi. Finito di svolgere il compito, è scomparsa dai giornali, non fa più la parlamentare ma lavora come consulente strategica per l’Institute for Global Change dell’ex primo ministro britannico Tony Blair. “È una fondazione senza scopo di lucro abbastanza grande che opera in più di 30 Paesi – spiega Sanna Marin –. Il mio ruolo principale sarà quello di consigliare i governi e i leader di diversi Paesi su questioni politiche che mi sono familiari”. Ora tutti possono fare il mestiere che più gradiscono, però la Finlandia per oltre mezzo secolo ha basato buona parte della sua economia (si parla più di un terzo) con l’interscambio con Mosca. Dopo la giravolta, ovviamente le esportazioni verso la Russia sono crollate, l’economia è in forte recessione e questa è la quinta settimana che in Finlandia diversi settori pubblici e dei servizi scioperano contro la perdita di posti di lavoro e aumenti nel welfare. Peccato che in Italia nessun giornale ne parli.

L’Ucraina e Papa Francesco

Ma veniamo all’oggi, sul campo sembra (e il condizionale è d’obbligo) che l’Ucraina sia in difficoltà nonostante 32 Paesi, tra cui l’Italia, abbiano inviato armi a profusione, e che nelle regioni orientali sia ormai consolidata la presenza russa e si sta già ricostruendo, vedi Mariupol. Quindi, al di là della fonte da cui proviene il suggerimento, l’invito a trattare dovrebbe esser visto da tutti come una cosa altamente positiva. Invece no. Tralasciando commenti tipo “Il Papa pensi a mettere ordine tra i suoi preti” o “Pensi a rendere il vaticano più democratico”, che non meritano alcuna considerazione, è da ricordare il commento dell’ambasciata ucraina presso il Vaticano: “Il Papa dice che dobbiamo trattare: ma come si può trattare con Hitler?”.

All’ambasciata ucraina dovremmo ricordare che nell’ultimo conflitto mondiale, con sei milioni di ebrei sterminati, una parte importante è da imputare ai nazionalisti ucraini che collaborarono attivamente con i nazisti tedeschi, come nel tristemente famoso massacro di Babij Jar, una gola vicino a Kiev in cui tra il 29 e il 30 settembre 1941 furono trucidati 33.771 ebrei. Ad est fu l’Armata Rossa a sconfiggere Hitler, non certo la divisione delle Waffen SS Galizien, formata da soli ucraini.

In conclusione

Tutto quanto ricordato sommariamente sopra, oggi a me pare che in Occidente oggi non conti nulla. Si pensa che bisogna colpire una volta per tutte l’orso russo responsabile dell’aggressione all’Ucraina e di tutti i mali del mondo. Certamente Putin ha molte colpe. Ma la guerra è una sconfitta per tutti. Perché nessuno ricorda che solo pochi anni fa anche in Canavese sono ancora stati riportati i resti di alpini caduti nella ritirata del Don?

Ho tralasciato l’economia, ma tutti sappiamo come questo conflitto abbia già una vittima certa: l’Europa. Sperando poi che la richiesta del segretario della NATO Stoltemberg di 100 miliardi di euro all’Ucraina nei prossimi anni non venga mai accolta.

Proprio non capisco questa incoscienza verso un dramma che potrebbe diventare una catastrofe, forse persin l’ultima per tutta l’Europa, visto il livello distruttivo delle armi odierne. Sono molto preoccupato da questa deriva nichilista. E mi pongo, vi pongo, la domanda, perché?

Beppe Mila

Pubblicato su www.associazionepopolari.it

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