Affermare che la situazione è gravissima è un eufemismo e raccontarcelo un’altra volta non serve. E’ gravissima sul campo, sia in termini militari e già di sacrificio di vite umane, sia sul piano delle altre articolazioni che nel mondo globalizzato – non solo “ferro ignique”, come dicevano i romani di una volta che di queste cose se ne intendevano – concorrono all’evento bellico. A tale proposito, ci vorrebbe qualcuno che un giorno scrivesse un “De bello ucraino”.

Se riuscisse a focalizzare i caratteri che, fin d’ora, sembrano assumere i conflitti – armati e no – dell’età globale, ne potrebbe uscire un classico non impari all’opera di Cesare su cui ci siamo affaticati, negli anni delle medie e poi del liceo, con le versioni dal latino. Ma di questo si potrà discutere al momento opportuno. 

Ora  incalzano e premono gli eventi. E tra questi vanno contemplate le dichiarazioni inaudite con cui, l’altra notte, Putin ha annunciato al popolo russo l’intervento militare sul suolo dell’Ucraina. Parole livide, piene di una rabbia mal trattenuta, significativa, al di là dell’apparente glacialità, di un’alterazione emotiva più profonda e coinvolgente di quanto non sembri. Il che non depone a favore della asettica e fredda lucidità di analisi con cui l’autocrate di Mosca sta giocando la partita della vita, alla quale probabilmente, al di là dei toni spesso suadenti mostrati in altre occasioni, si stava preparando da sempre.

Putin ha parlato espressamente di una risposta fin qui mai vista e neppure immaginabile da parte della Russia, se qualcuno volesse interferire, contrastando l’aggressione che sta sviluppando. In sostanza, ha già fatto il compito ed è pronta la scaletta dei prossimi passi, ovviamente articolata nei modi opportuni, in funzione delle reazioni che si dovessero considerare. Se non ha minacciato una possibile reazione nucleare, non c’è da sorprendersi che l’abbia, in un certo senso, quasi adombrata, in un gioco minaccioso ed ultimativo di parole che alludono e volutamente non dicono tutto.

Eppure, almeno su questo piano, non dobbiamo temere, poiché una guerra di distruzione, in un mondo fortemente integrato  non conviene a nessuno ed è fuori dalla logica del tempo. In un mondo globale anche ogni danno è globale. Dovunque sia localizzato. Più di quanto non fosse negli anni della stessa “deterrenza atomica”.

A questo punto le prognosi o meglio le analisi si sprecano o forse sono ancora premature, per quanto i fatti parlino chiaro. Se ne può comporre un ventaglio che spazia dalle meno drammatiche alle più coinvolgenti. Anzitutto, vien da chiedersi: Putin contro tutti? Ha potuto spingersi talmente avanti senza curare di coprirsi le spalle oppure agisce in una sorta di “combinato disposto” concordato con la Cina, che, non a caso, se ne è ben guardata dal condannare l’aggressione?

Non è detto, in sostanza, che l’inferno che Putin ha scatenato abbia nel mirino l’ Ucraina come tale. E’ da escludere che – Russia e Cina congiuntamente, forse premute da difficoltà e dinamiche interne la cui portata non ci è del tutto chiara – intendano giocare una partita di più ampia portata e cerchino di invertire l’ordine dei fattori per giungere ad un sostanziale rovesciamento delle forze in campo nel contesto internazionale?

Probabilmente, fatti quattro conti, si sono accorti che, nella prospettiva dei prossimi decenni, non ce la possono fare a  reggere il passo dell’Occidente, per cui tanto vale giocare d’anticipo e tentare fin d’ora una strategia diretta a riequilibrare, a nostro detrimento ed a loro favore, la bilancia dei possibili sviluppi. Se le cose fossero davvero così – ma siamo nel campo delle pure ipotesi – si profila una partita destinata ad essere “totale”, eppure, con ogni probabilità, molto più sottile e giocata secondo una articolazione di livelli e di piani che si intersecano e si condizionano l’ un l’altro.

In un contesto e secondo uno scenario consono alla globalizzazione e tale da prediligere, piuttosto che un conflitto frontale, una sorta di “guerra corsara”, che, per molti aspetti, può richiamare la “guerra a pezzi” di cui ci ha parlato Papa Francesco. Combattuta non più per procura, attraverso comprimari locali, ma con un più ravvicinato coinvolgimento dei principali attori. Dopo Hong- Kong, l’Ucraina e poi Taiwan e poi….

Una guerra in cui il fattore militare continua ad essere fondamentale, eppure è uno tra gli altri. Ed ancora un conflitto – e questo vale in particolare per l’ Europa ed in misura superlativa per il nostro Paese – che si vince o si perde prima sul fronte interno che non sulla linea del combattimento militare – dove ci fosse – o sul piano delle controversie non meno feroci destinate ad implementarlo.

Insomma, siamo davvero ad una svolta. Cambia la storia. Si chiude una lunga stagione che, da quasi ottant’anni, ha visto i nostri Paesi in pace. Si chiude l’età della “guerra fredda” e del post-guerra fredda che ne è stata un’appendice, oggi travolta , in procinto di precipitarci in una stagione differente che, palmo a palmo, dovremo imparare a conoscere ed a vivere.

Domenico Galbiati

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