Sull’altalena della scialba, talvolta sciocca, politica italiana – strambo mix di dilettanti della “res publica” e del giornalismo moderno che ignora spesso le regole della grammatica (e basta con questi titoli insensati!) – è salita qualche giorno fa l’emergenza “dissesto montano” (ma sta già tramontando sotto la pressione multimediale del virus di ritorno e della guerra ucraino/russa); del quale l’opinione pubblica più comune è praticamente ignorante nel senso più bonario possibile, ma la classe dirigente politica non lo è meno …

Le responsabilità istituzionali emergono in modo lapalissiano dopo aver ascoltato l’intervista di un esperto autentico che ci ha spiegato  in modo semplice che lo smottamento dei ghiacciai è, da sempre, normalmente prevedibile e tanto più in questa fase del cambiamento climatico globale: difatti quello di Courmayer viene costantemente controllato a differenza di quello della Marmolada.

Siamo o no nel vivo di una stagione che vede un continuo, ormai prevedibile, susseguirsi di fenomeni atmosferici e naturali che sono definiti “disastri catastrofali”? Non a caso il Dipartimento della Protezione civile, Presidenza del Consiglio, mi conferì l’incarico dirigenziale di prima fascia (2014/’20) per lo studio, la ricerca e la documentazione in materia di danni derivanti da rischi naturali al fine di introdurre nell’ordinamento italiano l’assicurazione ad hoc. Tale funzione mi ha permesso non solo di conseguire una preziosa esperienza, qualificata anche nello studio comparato con la legislazione vigente in altri paesi europei e internazionali, ma anche di evidenziare la gravità e la serietà di tali e tanti rischi, con particolare riguardo sia al patrimonio storico-artistico, sia al settore agricolo, una volta il “primario”, segnalando detta situazione alla competente autorità di Governo che, purtroppo, non ha dimostrato di aver preso buona nota delle mie, numerose e ponderose relazioni tecnico-giuridiche.

Tra i più disparati punti di vista, espressi da presunti esperti di montagna e ghiacciai, mancati scienziati naturalisti e negazionisti delle responsabilità o garantisti totalitari la confusione regna sovrana, enormemente e com’è solito in questo Paese in modo ingovernabile! Mentre una sola cosa è chiara e certa: gli escursionisti e gli scalatori, improvvisati o meno, non affermano affatto di voler rinunciare al proprio hobby preferito e messo in atto con sommo spirito eroico e votati anche al sacrificio supremo. Magari la pensano diversamente tanti italiani che sono più rispettosi di madre natura, della vita altrui cioè di chi deve poi avventurarsi in ogni modo per tentare di salvarli o recuperarli comunque, non che consapevoli dei sempre maggiori pericoli connessi al cambiamento climatico in atto, ormai irreversibile.

Ultima considerazione a proposito della Regione Veneto e del “governatore più amato dagli italiani”: non mi risulta che questa immane tragedia del crollo del costone sia il primo segnale di scarsa resilienza territoriale o di una adeguata gestione in tema di dissesto idrogeologico. Certamente non spetta a chi scrive indagare o accertare l’esistenza di eventuali responsabilità, politiche o tecnico-amministrative, ma il sistema di prevenzione delle catastrofi naturali va monitorato con massima diligenza e messo a regime avvalendosi della collaborazione degli organismi statali di settore e delle più qualificate tecnologie, così come abbiamo apprezzato che la Provincia autonoma della Val d’Aosta ha provveduto ad effettuare a tutela del territorio montano e dei suoi visitatori.

A risentirci alla prossima emergenza … ed emulando il grande Troisi, direi: “non ci resta che piangere e pregare la Divina provvidenza”.

Michele Marino

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