“Lo Stato di diritto, la Repubblica democratica, seppero battere il terrorismo senza venire mai meno alla pienezza della garanzia dei diritti fondamentali, senza leggi eccezionali “.
Lo afferma il Presidente Mattarella nell’intervista rilasciata ieri a Repubblica ed attesta, appunto, “la statura della nostra democrazia” che non si è arresa, non si è smarrita, non si è contraddetta, neppure nel momento in cui subiva un attacco frontale “…per approdare ad una dittatura che privasse gli italiani delle libertà conquistate nella lotta di Liberazione”.
La Repubblica ha mantenuto saldi i principi giuridici e costituzionali che tutelano la libertà di ogni cittadino, anche nei confronti di coloro che tale libertà aggredivano uccidendo, gruppi che, votati ad una “radicalizzazione ideologica” di stampo nichilista, ritenevano “….di porsi come isolate avanguardie contro tutto e contro tutti ispirate all’aberrante teoria del superuomo o a quella della prevalenza della massa sulla persona”.
Le parole del Presidente, pronunciate nel giorno anniversario del sacrificio di Aldo Moro, fanno giustizia di tante opinioni, spesso strumentali, dirette a misconoscere la saldezza delle istituzionali democratiche e la qualità morale di un ordinamento che non avrebbe retto la sfida del terrorismo se il Paese, il popolo italiano nelle sue mille articolazioni sociali non ne avesse avvertito la credibilità, a sua volta fondata su una storia pluridecennale di fermo e pieno rispetto della legittimità democratica , mai compromessa, mai venuta meno neppure nelle fasi di più crudo scontro politico .
Il Presidente fa giustizia di tante interpretazioni superficiali che, negli anni, hanno preteso di ascrivere le radici e la responsabilità del terrorismo brigatista al movimento studentesco ed alle lotte sindacali del ’68, espressioni di quella contestazione che Aldo Moro, a differenza della gran parte del mondo politico, seppe ascoltare con rispetto e con attenzione, fino ad intravedervi l’aspirazione e la prima fisionomia di quella “umanità nuova” che sentiva crescere e forzare l’involucro di un mondo che giungeva al suo epilogo.
“La completa verità sugli anni di piombo – afferma il Presidente Mattarella – è un’ esigenza fondamentale per la Repubblica” e non sono ammesse ambiguità o “zone grigie” fra lo Stato ed i suoi avversari.
Eppure c’era chi definiva “regime” il pieno esercizio della democrazia: “…..c’era la contestazione radicale della democrazia parlamentare, così come era stata delineata dai padri Costituenti; e, a ben vedere, anche la mancata accettazione della volontà degli elettori in favore di forze centriste, atlantiche, riformatrici, di segno moderato”.
Ricorda il Presidente come “vi furono, palesemente, posizioni inaccettabili di alcuni intellettuali dell’epoca, che favorirono la diffusione del mito della Resistenza tradita…”.
Al contrario – ed il monito vale tuttora, a fronte delle trasformazioni che dobbiamo affrontare e promuovere – “quei morti, quei feriti ci parlano di come difesa della libertà e della democrazia, affermazione dei diritti delle persone, siano un’impresa mai pienamente compiuta, sempre sottoposta ad insidie da prevenire e contrastare”.
“…..e la democrazia ha prevalso”: in fondo, si condensa qui, il compito cui anche oggi, nella memoria di Aldo Moro, dobbiamo attendere.
Domenico Galbiati