Sergio Mattarella, anche con il tradizionale discorso di fine anno di ieri sera,  ha di nuovo segnato un distacco di linguaggio e di contenuto dal vociare diventato sempre crescente sia per tutto ciò che ha riguardato la pandemia, sia per il confronto politico in atto, anche per ciò che riguarda la scelta del suo successore al Quirinale.

“Numquam est tam male Siculis, qui aliquis facete er commode dicant” ( Qualunque cosa possa accadere ai Siciliani, essi lo commenteranno con una battuta di spirito). Ma Sergio Mattarella ha continuato a smentire l’aforisma sui Siciliani attribuito a Cicerone. Perché il Presidente della Repubblica con quello che è destinato ad essere, purtroppo, il suo ultimo messaggio dal Quirinale, è andato invece alla sostanza dello spirito di tante cose che riguardano il ruolo del Capo dello Stato, degli Italiani e di ciò che dovrebbe definire il senso della coesione nazionale.

A mano a mano che ci si è avvicinati alla scadenza del suo mandato, il Capo dello Stato ha progressivamente ribadito, con forza ed argomentazioni crescenti, l’indisponibilità ad accettare una nuova chiamata per un rispetto profondo del suo modo d’interpretare la Costituzione. Lo ha fatto anche ieri sera. Sempre attento a non interporre la propria persona, e le questioni che la potrebbero riguardare, con ciò che riguarda l’essenza del ruolo e della funzione dell’alto incarico svolto per sette anni.

Egli ha ringraziato gli Italiani per avere mostrato il “volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale”  assieme a quella che egli ha definito “l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi”. Così, da poter mostrare il ” volto reale di una Repubblica unita e solidale”.

Con garbo, Mattarella ha indicato quelli che devono essere i tratti del Presidente della Repubblica, indirettamente anche riferendosi a quanto si è detto e scritto nei giorni scorsi : garante dell’Unità istituzionale e morale della Nazione e, quindi, in grado di liberarsi “di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno”. Il solo modo di salvaguardare pienamente ” ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore”.

Il vero patriottismo è quello che si sostanzia nello stare vicino alle persone e a chi lavora nelle istituzioni per offrire il volto reale di una Repubblica unita e solidale ed è in questo che ha senso cogliere il ruolo del Capo dello Stato chiamato a svolgere il compito di rappresentare l’unità nazionale.

La sostanza del saluto agli italiani  è stata improntata alla certezza di Mattarella che l’Italia ce la farà: “Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria. Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia. L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei”.

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