Questo governo – ha detto oggi alla Camera Giorgia Meloni – vuole perseguire una strada, poco percorsa fino ad oggi: fermare le partenze illegali di migranti, spezzando finalmente il traffico di esseri umani nel Mediterraneo”.

La dichiarazione “programmatica” è perfettamente in linea con la direttiva emanata  dal nuovo Ministro dell’Interno Piantolesi –  ex capo di gabinetto di Matteo Salvini già Ministro dell’Interno tra il 2018 e 2019 che ha firmato i decreti c.d. sicurezza – prefigurando un repentino cambio di rotta nei rapporti con le ONG.

Il neo Ministro vorrebbe vietare l’ingresso a due navi ONG Ocean Viking e Humanity , che si trovano in zona SAR libiche  (“Search and Rescue”  dove si è tenuti a prestare soccorso in forza della convenzione del 1979 e successive modifiche oltre al dovere di sbarcare i naufraghi in un porto sicuro) e scrive nella direttiva appena emanata, con l’applauso del Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che  “la condotta delle due navi non sono in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all’immigrazione illegale“.

Il motivo risiederebbe nel fatto che “le operazioni di soccorso sono state svolte in piena autonomia e in modo sistematico in area Sar senza ricevere indicazioni dalle Autorità statali responsabili di quell’area Sar, ovvero Libia e Malta, che sono state informate solo a operazioni avvenute“.

Come tutto questo, che appare solo  un timido inizio, si concili col roteare dei rosari, il brandire  crocifissi, invocare San Giovanni Paolo II ed evocare Papa Francesco, non è di facile comprensione quando bisogna prima o poi fare i conti con povere anime che muoiono in mare e pure con la superiorità gerarchica delle norme di diritto internazionale.

L’art. 33 della Convenzione di Ginevra ammonisce che “ Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”  e  l’art.19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma che “Le espulsioni collettive sono vietate” e “Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”.

Sono in grado i nostri di assicurare che i migranti non saranno  sottoposti “ alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”?

Il primo banco di prova sarà offerto dal Memorandum d’intesa tra Italia e Governo di Libico del 2 febbraio 2017 voluto  dall’allora Ministro dell’Interno Minniti che prevede, tra l’altro, un impegno di spesa di 150 milioni di euro in tre anni.

Il Memorandum si rinnova tacitamente ogni tre anni se non viene disdettato da una delle parti e il prossimo 2 di novembre è l’ultimo giorno per decidere se continuare a finanziare la Guardia costiera libica che costringe le persone a subire violenze, sfruttamento,  detenzione arbitraria, torture, il tutto ampiamente documentato.

Si stima che sono oltre 85.000 le persone intercettate in mare e riportate in Libia e, ciononostante, si dichiara guerra alle ONG che salvano persone da morte sicura invece di aprire sicuri corridoi umanitari.

Il 2 novembre, dunque, commemorazione dei defunti o della vita?

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