La strada per l’Inferno è sempre lastricata da buone intenzioni. Di questo non bisogna dimenticarsi neppure in un momento in cui l’irrazionalità fa più che mai capolino e una percentuale di esagitati strilla così tanto da sembrare costituire un vero e proprio esercito, tanto bombardano con le loro opinioni, alcune davvero paradossali. Quelli che non credono all’esistenza del Covid-19, che non vogliono vaccinarsi e che esprimono di tutto soprattutto sui social con quella particolare certezza che, spesso, solo l’ignoranza, cioè la non conoscenza, riesce temerariamente a dare.

Ci fu un tempo nel corso del quale s’insegnava ai giornalisti, e per questo ben volentieri facevano un tale mestiere, che la cosa che conta è raccontare i fatti. Più ci si limita a svolgere bene questo compito e più fa si coincidere professionalità e responsabilità morale pubblica. E’ questa cosa semplice da dichiarare, più difficile è vederla metterla in pratica.

E’ vero che esiste una larga area del mondo, quella della libertà di stampa, dove tutto sommato il giornalismo riesce a svolgere un ruolo confacente con la regola di raccontare i fatti prima che impegnarsi a sostegno di questa o quella posizione. E’ altrettanto vero che, comunque, ci si può trovare di fronte a tre distinti errori in cui possono incorrere dei giornalisti:

– sentirsi alfieri della missione messianica di “fare il cane da guardia” che ha, d’altro lato, il pregio di garantire in una società plurale un maggior numero di occhi che guardano ai comportamenti delle istituzioni, dei gruppi di pressione costituiti, degli interessi consolidati che pensano ai propri interessi e non a quelli della più ampia comunità di cui, tra l’altro fanno parte i lettori dei giornali;

– fare il contrario e cioè diventare i portavoce di alcuni interessi se non addirittura asservirsi;

– partendo o meno da uno dei due sopra esposti atteggiamenti, ritenere di avere un compito educativo da svolgere.

Quale dei tre pericoli in questioni è da considerare il peggiore? Sempre che non convivano due o, addirittura, tre di questi errori che possono rivelarsi attraverso la stessa penna.

In questi giorni abbiamo sentito parlare della possibilità di “silenziare” i “no vax” sui giornali e di togliere loro la parola nei telegiornali e nei “talk show”. Cosa che, forse, sarebbe persino inutile visto come il vero loro campo di penetrazione sia rappresentato dai cosiddetti social. Ma il problema vero resta quello di come una società moderna si confronti anche con chi pensa opportuno sostenere tesi del tutto irragionevoli e scientificamente infondate.

Non è la censura a fornire la risposta migliore. I più anziani ricorderanno che la questione si presentò anche negli anni bui del terrorismo. Ad esempio, durante il lungo periodo del sequestro di Aldo Moro. Pubblicare o non pubblicare i deliranti messaggi dei terroristi?

La risposta di allora è la stessa di oggi: fare del buon giornalismo. Raccontare i fatti, che non possono essere cancellati. Informare senza partito preso. Offrire il microfono in maniera ponderata e senza prestarsi a questa o a quella propaganda. Se necessario, pretendere che vi sia una comunicazione ufficiale attendibile e il più possibile chiara. Cercare di capire e di spiegare i limiti della Scienza e della Politica che vi si deve inevitabilmente affidare. Poi, se soprattutto i giornalisti televisivi, che tanto si preoccupano, giustamente, di operare nel migliore dei modi, facessero notare al proprio editore come nel corso delle tante trasmissioni della loro stessa emittente si dice di tutto e di più, si fa dire di tutto e di più, non farebbero un soldo di danno.

 

 

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