Monsignor Simoni, vescovo “ controcorrente”, torna a parlare su cattolici e
politica con un intervento ospitato da Famiglia Cristiana nel numero del 15
aprile scorso ( CLICCA
QUA
 ).

Il vescovo emerito di Prato sviluppa un ragionamento acuto, pedagogico e
coraggioso sulle “ strade divise” su cui si ritrovano oggi i cattolici e la
politica.

Lo fa in un momento particolare per gli italiani. All’indomani di un
responso elettorale che sembra  segnare un vero e proprio spartiacque con
il passato ed aprire prospettive del tutto inedite con cui ci dobbiamo
misurare. Il futuro potrà riservare altre sorprese, ma al momento dobbiamo
confrontarci con la realtà uscita dalle urne. Più sarà intelligente la capacità
dell’impegno  sui problemi è più potranno essere create nuove prospettive,
le più realmente adeguate all’Italia del domani.

Credo che ai  cattolici spetti adesso il compito di mettersi in gioco
perché prevalga  tra le forze politiche la ricerca di uno spirito costruttivo
e la consapevolezza della necessità di superare la tendenza alla separatezza
perché abbiamo bisogno di avviare una “ ricostruzione”.

Non dobbiamo dare per scontato che si rimanga in una fase continua di
contrapposizione, cosa che l’Italia non si può permettere. Impellenti necessità
spingono verso la ricerca di scelte comunque condivise, attese da milioni di
italiani e da circa 500 milioni di europei.

Debito pubblico, tasse, lavoro, riforma dello Stato e della Giustizia,
ripensamento  della Scuola e del sistema educativo nazionale sono
questioni che costringono anche le forze più distanti tra di loro al confronto
per la ricerca, almeno,  di un quadro comune di riferimento in cui ognuna
di loro sia in grado di apportare  il proprio originale contributo specifico,
dalla maggioranza o dall’opposizione.

Mentre continua ad aumentare il numero dei non votanti, forze non
tradizionali hanno ricevuto conferme a discapito di altre, ma senza che alcuna
possa sostenere di aver raggiunto una vittoria piena.

Si affermano diversi tipi di rapporti  tra la gente ed i nuovi
partiti, o i vecchi in profonda trasformazione.  Non capire questo e
tentare di ricorrere ad antichi linguaggi e ad antiche alchimie potrebbe
rivelarsi  non adeguato ai bisogni del momento. Chiediamoci, ad esempio,
se servirebbe a qualcosa tornare,  oggi, subito alle urne.

Questo appare il complicato contesto in cui i cattolici interessati al bene
comune devono impegnarsi accettando i segni e la sfida dei tempi.

Proprio in questa prospettiva ho trovato acuto l’intervento di monsignor
Simoni. Delle riflessioni  realistiche e,  al tempo stesso, 
rivolte alle necessità coraggiose dell’impegno  e delle scelte.

Acuto perché attuale, assolutamente attuale, in quanto  aperto alle
prospettive che già si intravedono del domani. Acuto, infine, perché non ignora
il dibattito interno alla Gerarchia  e ai fedeli, laddove esistono ampie e
consolidate diversità di opinioni, progetti e prospettive.

Il ragionamento di monsignor Simoni,  caratterizzato anche da un
delicato intento pedagogico, è sorretto da una chiara e fondamentale
distinzione tra la sfera religiosa e quella dell’impegno civile per  la
partecipazione saggia da parte dei componenti del “ popolo cristiano” alle
dinamiche della società cui loro, adesso,  è dato di vivere.

Monsignor Simoni è “ controcorrente” perché sostiene chiaramente, ma con
garbo,  con quell’atteggiamento proprio di chi è solido nei propri
convincimenti, la necessità che i cattolici superino “ venature semilaicistiche
e individualistiche” e le “ eccessive paure di nuovi ( del tutto improbabili )
temporalismi cattolici”.

Il vescovo emerito di Prato mostra di avere ben presente la ricchezza delle
diverse posizioni degli uomini di Chiesa e di tanti laici che, nel corso degli
ultimi 25 anni,  hanno sostenuto e partecipato alle più diverse, in molto
casi anche distanti, esperienze proposte dalla  politica italiana.

Egli tiene conto dell’invito del Papa per l’impegno in una  politica
dalla “ P” maiuscola e le diverse declinazioni che l’appello di Francesco ha
ricevuto nel corso degli ultimi tempi, a partire dai ripetuti interventi in
materia del cardinale Bassetti.

Si va dalla riflessione di padre Spadaro su Civiltà cattolica, cui mi sono
permesso di chiedere dei chiarimenti da queste stesse colonne ( CLICCA
QUA
 ), all’invito del vescovo di Faenza, mons. Toso, perché si configuri
un impegno preciso dei cattolici nell’ambito politico, fino alla creazione di
un nuovo soggetto politico ( CLICCA QUA ), così come a
quelli di mons. Negri affinché i cattolici assumano anche una rinnovata
responsabilità istituzionale ( CLICCA
QUA
 ) su di un versante, quale quello dello Stato, troppo spesso negletto
e trascurato.

Pure i laici cattolici impegnati in politica hanno offerto una variegata
partecipazione al confronto politico. Nell’arco di due decenni e mezzi si sono
divisi accettando la logica di un bipartitismo esasperato lontanissimo dai
fondamenti cui Sturzo, De Gasperi e Moro hanno sempre fatto riferimento per
assicurare ad un Paese complesso  com’è il nostro quegli equilibri, anche
parlamentari,  necessari ad evitare forme estreme di lacerazione sociale e
politica.

Si è trattato della logica di un bipartitismo utile solo a consumare il
processo di scomposizione sociale ed antropologico in cui si ritrova l’Italia,
la quale sembra aver smarrito persino il senso del collegamento con le proprie
radici. Un bipartitismo frutto di un sistema maggioritario inadeguato ad
assicurare la cosiddetta governabilità e, al tempo stesso, decisivo nel
recidere il rapporto tra elettori ed eletti. Lungi dall’assicurare la stabilità
del sistema politico parlamentare,  si è rivelato utile solo a quelle
forze, interne ed internazionali, cui interessa un’Italia  divisa ed
ininfluente ed elemento d’innesco di una potenziale crisi dell’Euro e
dell’Europa.

Abbiamo avuto presenze, anche importanti, di cattolici  nel Centro
sinistra e nel Centro destra. Molto spesso impossibilitati, però,  a
segnare una forte impronta, caratterizzata dalla adesione alla intera Dottrina
sociale della Chiesa: sia nella sua dimensione economica e sociale, sia sotto
il profilo antropologico interessato alla “ persona” , ai suoi diritti ed alla
famiglia.

Superfluo, purtroppo, ricordare la difficoltà di molti gruppi e gruppetti
formati da cattolici nel superare personalismi ed  autoreferenzialità ed
incapaci a tradurre la pur ribadita adesione alla Dottrina sociale della Chiesa
in credibili e sostenibili proposte da portare all’attenzione dell’intero
Paese.

Dopo il 4 marzo tutto ciò è alle spalle ed è bene che là resti, mentre pure
per i  cattolici si presentano imperiosamente i problemi dell’oggi e del
domani.

Anche loro si ritrovano collocati in una dimensione che necessita di una
nuova e diversa partecipazione in quanto cittadini cui è sollecitato  un
contributo umile, ma chiaro e deciso. Fatto soprattutto di ragionevolezza,
studio dei problemi, capacità di proposta ispirata alla solidarietà ed alla
ricomposizione umana, sociale e culturale, prima ancora che politica, della
realtà italiana.

Come possiamo farlo? Monsignor Simoni non esclude che la risposta possa
essere non univoca e non  unidirezionale, anche perché nessuno dice che
 debba esprimersi attraverso una sola, esclusiva  scelta partitica.

Nonostante molte buone intenzioni, negli ultimi 25 anni, la “
diaspora”  dei cattolici divisi in tanti diversi rivoli nell’ambito
 politico parlamentare non ha portato a tangibili risultati e le
conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Anche molti cattolici hanno
contribuito al formarsi di  una  divisione esasperata e continua tra
le forze politiche. Hanno finito anch’essi per farsi sopraffare dallo spirito
di parte, più che dalla necessità di contribuire alla riassunzione di
responsabilità comuni,  proprie di un assetto democratico realmente
moderno ed evoluto.

Nel suo intervento su Famiglia Cristiana, mons. Simoni  prospetta la
possibilità che dei cattolici 
convergano, invece,  sulla realizzazione di una “ libera unione politica”
all’insegna di una “ democrazia coniugata con i nostri grandi ideali sociali di
matrice e linfa evangelica”.

Questo potrebbe significare il raggiungere la capacità di offrire,
 finalmente in maniera piena,  la ricchezza di un impegno
esclusivamente diretto al bene comune attraverso un organico e continuo aiuto
per la società italiana a recuperare i valori e la concretezza di proposte
politiche orientate soprattutto verso nuove forme di solidarietà, sussidiarietà
e coesione sul piano istituzionale, politico, economico e sociale.

Se questa “ libera unione” oggi fosse già cosa concreta potrebbe svolgere
una funzione importante in un quadro politico, nazionale ed internazionale, in
cui non mancano gravi e preoccupanti elementi di incertezza.

Questa forza, piccola e grande che fosse, potrebbe offrirsi per aiutare a
ritrovare il senso di ciò che unisce più di ciò che divide. Proponendo e
sollecitando la riscoperta continua di un’adeguata  convergenza nazionale
sulla base della ragionevolezza e dello spirito di servizio messo a profitto
per la maggioranza e non solo per una parte degli italiani.

Anche nel contesto di questi giorni, così, una “ libera unione” di
cattolici,  aperta a tutti gli altri cittadini, potrebbe provare a
svolgere  un ruolo fondamentale perché non si coltivino, ad esempio,
avventati richiami alla possibilità di tornare al voto senza la definizione di
nuove regole elettorali,  individuate in una maniera più ampia di quanto
avvenuto nel recente passato.

Le forze politiche, anche quelle che sembrano più distanti tra di loro,
hanno il dovere di dare un Governo al Paese  chiamato a scelte importanti
sui tanti fronti. La possibilità che si riesca comunque a formare un esecutivo
di equilibrio, così, deve essere sollecitata dall’intero  mondo cattolico
da cui, nel suo complesso, dovrebbe venire una chiara presa di posizione in tal
senso, assieme alla presentazione di proposte credibili e sostenibili per
avviare un processo in grado di condurre verso una nuova Italia.

Giancarlo Infante

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