La Civiltà Cattolica, con un articolo a firma di Gael Giraud ( CLICCA QUI ), fa riferimento alla lettera indirizzata ai movimenti popolari inviata nel giorno di Pasqua ( CLICCA QUI ) con cui Papa Francesco ha chiesto l’istituzione di una «retribuzione universale» che il Pontefice definisce “un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.
Giraud pone la questione di come interpretare queste affermazioni di Francesco. In particolare, se si tratta di un reddito di cittadinanza da distribuire a tutti senza condizioni e come esso può collocarsi all’interno di quelle decisioni da assumere di fronte alla depressione economica che si preannuncia a seguito della pandemia scatenata dal Coronavirus.
“Questa sfida è spirituale e politica insieme”, dice Gael Giraud, che aggiunge; ” Essa richiede certamente una conversione dello sguardo individuale di ognuno di noi, ma anche una riforma delle strutture sociali che producono e mantengono l’invisibilità di coloro che vivono alla periferia delle nostre società. La possibilità di risultare visibili nello spazio pubblico non si fonda esclusivamente sulle prestazioni individuali, ma dipende dalle regole sociali che legittimano e migliorano la nostra vita ordinaria o, al contrario, la rendono precaria e la squalificano. Visibilità e invisibilità non sono affatto qualità naturali, ma modi sociali di confermare o negare i nostri stili di esistenza. Declassamento, emarginazione e mancanza di lavoro marginalizzano le persone al punto di cancellarle, escludendole da tutte le forme di partecipazione; il lavoratore subordinato, il precario, l’escluso, il disoccupato, la vedova, l’orfano, il rifugiato, il senzatetto, il paziente diventano così sempre meno udibili, sempre meno visibili”.
Di fronte al quesito salario minimo o reddito universale, l’autore ricorda le diverse valutazioni e i diversi commenti ricevuti dalla presa di posizione di Papa Francesco anche in merito alle diverse tipologie in cui si raccolgono i diversi possibili benefiacibili. “A chi si rivolge, dunque, la proposta del Papa?”, chiede l’autore. La risposta è immediata: ” A tutti i «lavoratori»”, compresi quelli cosiddetti “invisibili” come possono essere, tanto per fare un esempio, le casalinghe.
Per quanto riguarda le difficoltà d’attuazione, secondo Gael Giraud ” il problema del finanziamento di un reddito di base non consiste nella «mancanza di risorse». Allo stesso modo, se, secondo le stime delle Nazioni Unite, 820 milioni di persone soffrono ancora la fame nel mondo – e questo numero purtroppo aumenterà nei prossimi mesi a causa dell’attuale situazione di emergenza –, non è perché la biomassa prodotta dal Pianeta non è in grado di nutrire l’umanità: si tratta di un problema politico ed etico di distribuzione della ricchezza”. In realtà, egli aggiunge, “viviamo su un Pianeta sovrabbondante – sebbene minacciato da una crisi ecologica – e in un’economia mondiale molto ricca, sebbene rischi di diventare considerevolmente più povera a causa del lockdown e del confinamento”.
Gael Giraud esamina poi la questione dei “beni comuni contro privatizzazione del mondo” e ricorda un esperimento condotto nello stato dell’ Alaska dove una frazione dei dividendi petroliferi viene distribuita ai residenti, quale ” compensazione per il diritto di sfruttamento di un bene comune, il petrolio, che in realtà appartiene a ciascuno dei residenti”.
Così egli si chiede se non si possa ” immaginare che una frazione del reddito derivante dallo sfruttamento dei nostri beni comuni globali sia ridistribuita per finanziare un reddito di base? Non sarebbe questo un modo concreto ed efficace per onorare la destinazione universale dei beni, cara ai Padri della Chiesa e alla dottrina sociale della Chiesa? Ad esempio, l’atmosfera è certamente un bene comune a tutto il mondo: un’imposta globale sul carbonio – come quella fortemente sostenuta dalla Commissione Stern-Stiglitz – di 120 euro per tonnellata di CO2 prodotta, applicata alle 100 multinazionali responsabili del 70% delle emissioni, genererebbe un gettito 3,1 mila miliardi di euro all’anno. Estesa a tutti gli altri tipi di emissione, questa tassazione fornirebbe 4.430 miliardi di euro. Gestite da un Fondo internazionale, queste entrate potrebbero essere distribuite alle popolazioni che vivono al di sotto della soglia di povertà. Si potrebbe obiettare che non sono abbastanza per far uscire l’umanità dalla povertà estrema. Non importa: un’imposta del 27% sui 32 mila miliardi di dollari attualmente nascosti nei paradisi fiscali sarebbe sufficiente a integrare ciò che manca, affinché tutti possano vivere con più di 7,4 dollari al giorno. Anche le rendite derivanti dalla proprietà di terreni, foreste o persino dei rifiuti – un «male comune» – potrebbero essere soggette a imposizione globale”.
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