Quella del Premierato è una controversa riforma costituzionale. Talune riflessioni sono così condensabili: “Quasi sempre i Governi Italiani finiscono per implosione della coalizioni parlamentari che li hanno visti nascere[1]”.“Candidarsi  per essere eletti in posti che non si vuole occupare, svilisce la Democrazia[2]”.

Augurabile che l’eventuale modifica sia un cambiamento in meglio, dal punto di vista della collettività e non di singole porzioni di collettività. Pensando al conseguimento del Bene comune e puntando al miglioramento della qualità della vita delle nostre comunità. In più, è necessario parlare di “riscatto etico” e della valorizzazione della cultura.

Ad avviso di alcuni commentatori[3], “le motivazioni con le quali la riforma viene presentata non sembrano le più alte per giustificare un mutamento della Costituzione e del sistema parlamentare”, posto che da anni, con premier espressi in conseguenza diretta del voto, comunque, una forma di “premierato di fatto già esiste”.

Le democrazie liberali si basano su due principi essenziali: la limitazione del potere tramite un equilibrio di pesi e contrappesi tra le diverse istituzioni; la tutela delle minoranze dalla possibile potenzialmente dittatura della maggioranza, grazie ai limiti imposti dalla Costituzione[4].

L’esperienza ci insegna, fin dai tempi dell’antichità, che gli incontri tra avversari sono stati sempre mediati da arbitri. Non a caso, è importante rifarsi a Montesquieu: “per limitare un Potere, ci vuole un altro Potere”.

La condivisione di questa opinione espressa in un momento non sospetto, l’anno 1748, ci porta subito a dire che la “madre di tutte le riforme” non deve in alcun modo comportare una “diminutio” del ruolo e delle funzioni dell’arbitro individuato dalla Costituzione, cioè il Presidente della Repubblica. In realtà questo sembra invece proprio quello cui mirano i proponenti la riforma che, adesso, non osano più neppure smentire ciò.  Comunque, “gli italiani sono quanto meno perplessi: il 32,4% è favorevole, 31,5% è contrario, il 36% non sa esprimersi[5], incerto o disinteressato”.

Per molti costituzionalisti non sembrano esserci, adesso, le condizioni per una revisione organica  della Costituzione, soprattutto a causa della delegittimazione reciproca tra i partiti presenti in Parlamento; altro motivo riguarda la necessità, auspicabilmente condivisa, che le modifiche restino nell’alveo del Patto costituente, per rinnovarlo nel consolidarne principi e valori.

La Costituzione, redatta con la partecipazione degli Aristoi del tempo, può essere modificata soltanto senza tradirla, come invece fanno i progetti nelle versioni fin qui note, di Autonomia differenziata e Premierato.

Stante, però, la presunta od apparente fragilità costituzionale[6] di quasi qualunque governo, (argomento sul quale molto si è detto e scritto senza l’indispensabile approfondimento; infra, una ipotesi di motivazione) ciclicamente si ripresenta la questione della governabilità, questione che, inconsultamente ed improvvidamente, ci si propone di risolvere con una riforma costituzionale relativa alla figura ed al ruolo della Presidenza del Consiglio.

Sul tema un eminente costituzionalista[7] scrive che il Presidente del consiglio, Leader Parlamentare, è “il titolare ultimo dell’indirizzo politico nazionale, con un inevitabile grado di personalizzazione, da Palazzo Chigi a Bruxelles, sempre più parte attiva della funzione legislativa; la grande distorsione del progetto che si discute al Senato, è precisamente nel far discendere questa supremazia da una legittimazione extraparlamentare, scelta lacerante del tessuto profondo della Costituzione”.

Sarebbe davvero inopportuno mettere in discussione, come appare invece evidente nella bozza fin qui nota, l’unica istituzione (Presidenza della Repubblica) che ha garantito da sempre la tenuta del Paese, anche in recenti momenti di vere difficoltà.

I fatti separati dalle opinioni:

A) L’affluenza alle urne delle Elezioni politiche 2022 è stata inferiore al 64% degli aventi diritto; tale affluenza è ulteriormente decrementata dalla presenza significativa di schede bianche e nulle tra quelle depositate nelle urne; il 26% conseguito dal partito della candidata Premier descrive la documentata volontà di solo circa il 15% degli elettori;

B) La somma dei voti riportati alla Camera dei Deputati dai partiti di opposizione è superiore di circa il 5% rispetto ai voti conseguiti dalla coalizione di governo;

C) La coalizione di destra centro ha conseguito la vittoria grazie al meccanismo (distorcente ad avviso di chi scrive) previsto dalla Legge elettorale[8], che premia le aggregazioni; meccanismo e fenomeni conseguenti talmente noti, da consentire i politologi di ragionare su scelte e conseguenze delle scelte; l’attuale maggioranza parlamentare non rappresenta numericamente la maggioranza degli elettori.[9]

Sono queste le basi che consentono alla Presidente del consiglio di affermare di avere avuto dal (15% del) popolo il mandato di riformare la forma del governo.

“Presentarsi ai cittadini per dire loro che finalmente avranno la facoltà di decidere chi governerà il Paese, è senz’altro un’arma di seduzione di massa[10]”, tenuto conto che negli ultimi anni le coalizioni di governo sono arrivate al capolinea anticipato per mancanza di coesione interna.  E’ possibile sostenere che è esattamente vero il contrario. Il sistema costituzionale è fondato, su un bilanciamento di pesi e contrappesi incardinato sulla centralità del Parlamento e sul ruolo di arbitro e garante del Presidente della Repubblica[11]..

Ci sarà una ragione se l’Ordinamento non ha mai, finora, previsto che le cariche di rilievo siano elette direttamente dal popolo? In un tempo in cui, anche tramite una grande rivoluzione tecnicamente positiva, l’Intelligenza artificiale generativa diffusa, saranno sempre più agevoli distorsioni e falsificazioni, qualsiasi scelta parlamentare consapevole sarà preferibile alla scelta popolare diretta. Come confermato dall’articolo 1 della Costituzione, laddove sono indicati i limiti alla sovranità popolare.

E’ corretto affermare che la personalizzazione della politica nasconde un vuoto di buona politica ed il conseguente comprensibile crollo della partecipazione degli elettori?

L’esternazione della Seconda carica dello Stato, “Le due cose stanno insieme”, riferita ad “Autonomia differenziata” (potenzialmente sarcofago dell’Unità del Paese) e “Premierato”, non sembra il massimo della opportunità istituzionale; come neanche della realtà.  Evidenzia piuttosto quanto l’aggressività politica della Lega sia riuscita ad ottenere da un partito che voleva ottenere qualcosa, alla Giapponese: “A qualunque costo”.

Infatti, l’Autonomia differenziata, se od allorquando diventerà Legge, avrà bisogno di almeno 24 mesi per completare l’iter di determinazione dei Livelli Essenziali\Uniformi di Prestazioni, oltre ad altro lasso di tempo necessario al reperimento dell’ingente investimento necessario perché i LEP divengano uno strumento operativo disponibile, come Costituzione pretende.

Allo stesso modo, il Premierato dovrà compiere un lungo percorso costituzionale in minimo quattro, verosimilmente cinque  tappe, con tutte le incognite del probabile Referendum, in un panorama che constata favorevoli e contrari in tutte le forze politiche.

Un ex ministro, politico e politologo[12] ritiene che scelte come queste debbano essere condivise, lo spirito debba essere comune, gli ostacoli vadano affrontati prima e non dopo, “la proposta, al momento, non è che uno scheletro”, “maggioranza ed opposizione hanno idee diverse, anche al loro interno”;, “manca e non si cerca un’idea di Polis”; “è chiaro che c’è qualcosa che non funziona”.

Ove risiedono i precipui problemi? All’interno od all’esterno della coalizione di Governo, con i berlusconiani platealmente insoddisfatti ed i leghisti in corriva e financo stucchevole competizione?

E’ un “disegno costituzionale” pensato non per stabilizzare il Paese ma per stabilizzare una “non maggioranza”, notevolmente eterogenea, che riesce a vincere un’elezione gestita con regole farlocche e forse con qualche non esplicitabile accordo; che riesce a fatica a mantenere un accordo, basandolo su continui scambi di merce non propria.

Appare complesso che riceva in Parlamento i due terzi dei voti necessari all’approvazione, in duplice lettura, stante che i partiti, tutti i partiti, volta per volta, sono stati e tutt’ora pare che siano, contrari alle riforme costituzionali non presentate da loro; tanto da non essere mai stata approvata alcuna riforma costituzionale tra quelle che, tempo per tempo, sono state prospettate; figurarsi ora, che dubbi significativi emergono financo all’interno dei partiti che compongono la maggioranza di governo.

Stando ai sondaggi, il 39, 2 % del corpo elettorale è oggi favorevole all’elezione diretta del Premier  ed il 38,6 è contrario; nessun progetto costituzionale prospettato agli elettori tramite referendum, è mai stato approvato nella storia della Repubblica italiana. E se invece di ritoccare ciò che adesso funziona, si intervenisse sulla Legge elettorale stante che l’attuale, probabilmente per l’eccesso di tecnicismi che contiene, scoraggia gli elettori dall’andare a votare?

La Legge Elettorale auspicabile.

“Solamente un sistema genuinamente rappresentativo, nelle condizioni italiane un proporzionale vero, può salvare il dialogo umano ed umanizzante,  della Politica; della Politica come espressione vera di Cura delle Persone, contro gli slogan, la politica urlata,  le illusioni tecnocratiche, la paura e la disperazione diffuse ed il rifiuto della partecipazione” (Umberto Baldocchi su Politica Insieme CLICCA QUI).

 L’astensione, diffusa come non mai, verificatasi nella recente tornata di elezioni amministrative del febbraio dell’anno 2023, concreta campanello di allarme sulla tenuta della democrazia, a legislazione vigente, nel nostro Paese.

Nel cercare le candidature per le liste elettorali, di ogni livello, bisogna partire dal basso, riconoscendo che nei municipi e circoscrizioni sono spesso andati a finire inetti di seconda categoria[14].

Serve ora cambiare strategia tentando di attualizzare le pregresse riforme dell’anno 1990 e dell’anno 2000; serve individuare candidati colti, noti, stimati, credibili, coerenti, inclusivi, forti di valori, visione, progetto, programma, capacità, competenze riconosciute.

 Urge una riforma elettorale a carattere proporzionale, con le preferenze per legare elettori ad eletti, a doppio turno, con ballottaggio tra coloro che hanno conseguito il maggior numero di consensi, con soglia di validità delle votazioni, anti astensionismo,  pari al 60% di partecipazione del corpo elettorale.

 Massimo Maniscalco

 

[1]  Andrea Manzella, Il ruolo e la garanzia parlamentare, ,Corriere della Sera, 4 Febbraio 2024.

[2]  Pier Luigi Tolardo, Quando anche il sistema Proporzionale prende il peggio del Maggioritario, PoliticaInsieme.com 23 Gennaio 2024.

[3]  Per tutti, il più recente,Massimo Franco, Una Riforma alla prova di Referendum e tempi lunghi, Corriere della Sera, 6 Febbraio 2024.

[4] Stefano Passigli, La fragilità delle Maggioranze, Corriere della Sera, 3 Ottobre 2023. L’Autore argomenta le gravi criticità che il Progetto presenta e ritiene che il rimedio rischia di essere peggiore del male.

[5]  Nando Pagnoncelli, Corriere della Sera, 18 11 2023.

[6] Per la Costituzione la salute della Società conta maggiormente rispetto a quella delle Istituzioni.

[7]  Andrea Manzella, Il ruolo e la garanzia Parlamentare, Corriere della Sera, 4 Febbraio 2024.

[8] Dal suo stesso estensore definita “una porcata”.

[9]  Stefano Passigli, Alla ricerca del Massimo Consenso.

[10] Adalberto Notarpietro, PoliticaInsieme.com , Il Premierato: Un cavallo di Troia, 16 Novembre 2023.

[11] Domenico Galbiati, La “Madre di tutte le battaglie”, Politica Insieme.com 31 Gennaio 2024;

[12]  Giuliano Urbani, Così è una formula grezza, che non ha alcun futuro, Corriere della Sera, 6 Febbraio 2024.

[14]  Sabino Cassese.

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