Liliana Segre ha lasciato lo scranno più alto del Senato a Ignazio La Russa. Lei, deportata piccolissima in un lager, dopo aver subito le conseguenze delle leggi razziali. Lui “nipote” di quel Giorgio Almirante che, proprio nei giorni in cui alla Segre veniva tolto il banco di scuola perché ebrea, diveniva segretario di redazione de La difesa della razza, una rivista che da già dalla testata spiegava tutto.

La Presidente protempore del Senato ha raccontato quelle sue vicende e ribadito la necessità di restare ben attaccati allo spirito e alla sostanza della nostra Costituzione che parla di libertà, democrazia, di rispetto e di partecipazione paritaria da parte di tutti. Ignazio La Russa non ha trovato una sola parola che non fosse da lui condivisa.

Un altro esempio, insomma, di come la forza della Storia macini e operi talvolta con quella mirabilità che neppure gli uomini più intelligenti, presi singolarmente, e ammesso che lo vogliano fare, sono spesso in grado di raggiungere in maniera consapevole. In ogni caso, sappiamo che il nuovo Presidente del Senato adempirà ai suoi doveri di Seconda carica dello stato con quello spirito di servizio richiesto a chi deve operare al di sopra delle parti. Nel confermare ciò, La Russa ha ringraziato non solo la maggioranza che lo ha votato, ed anche chi non ha deposto nell’urna la scheda con il suo nome, ma persino quanti dell’opposizione gli hanno consentito l’elezione al primo voto.

E qui emerge tutta la pochezza della cronaca. Con una maggioranza che non nasce sotto i migliori auspici.

Il “siamo pronti a governare” è rimasto in sospeso. Resta in sospeso la “consecutio” del come. Eppure, è dal 26 settembre che sentiamo dire di come c’è chi lavora giorno e notte per darci una maggioranza in grado di governare e garantire la composizione di un governo di “alto profilo”. Ci avevano anche detto che sarebbe nato un “governo politico”. C’è da intendersi, allora, anche su che cosa significhi politica. Non so se sia il caso di cominciare a dubitare e … di preoccuparsi. Anche perché non sappiamo quale sia il significato di una congiura verso cui  qualcuno sembra evidente aver abbia reagito con una contro-congiura … Difatti, non s’improvvisa quanto è accaduto ieri. Ed è ovvio chiedere conto un po’ a tutti della serietà e della lealtà da parte sia a chi guida la coalizione di maggioranza, sia a pezzi dell’opposizione.

Il vivace scambio tra Berlusconi e La Russa, infatti, potrebbe assurgere allora ad un segnale che riguarda la stessa formazione, composizione e sopravvivenza del Governo in arrivo dopo che Giorgia Meloni sarà probabilmente nella condizione di vedersi incaricare dal Presidente Mattarella. Già sentiamo circolare la voce che Forza Italia potrebbe presentarsi in solitudine al Quirinale al momento delle consultazioni. Oramai, tutto è possibile.

Quelli che hanno voluto condurre un’analisi obiettiva di come si sia giunti al voto del 25 settembre e ai risultati conseguenti, hanno sottolineato la faragginosità della coalizione allestita dalla destra, sin dagli inizi divisa su molte cose. Oltre che, ma questo sembra sia inevitabile, sulla contrattazione dei posti. Il problema è proprio questo. Chi ha vinto le elezioni non ha un progetto da proporre al Paese, e in questo fa il paio con la sinistra. Vi sono talune parole d’ordine condivise, molto retoriche, e in taluni casi ideologiche, se vogliamo dire così. Nella destra sono parecchi a voler “riequilibrare”, dopo il troppo, e troppo veloce, successo del partito di Giorgia Meloni.

Qualcuno delle opposizioni ha messo il coltello nella piaga con una scelta incomprensibile, se ovviamente si resta nel lineare e nel razionale. I voti che hanno sostituito quelli fatti mancare da Silvio Berlusconi sono troppi perché si possa pensare ad un’unica “manina”. La cronaca dei prossimi giorni ci dirà cosa diventerà Storia e quanto invece sarà destinato a costituire scaramucce da lavatoio, per quanto gravi e potenzialmente gravide di conseguenze.

Intanto, dobbiamo solo continuare a prendere atto che la maggioranza esiste solo a parole. Fortemente condizionata da quello che un tempo si chiamava il “mercato delle vacche”. Se non arriveranno grosse sorprese, ci si dovrà accontentare di una mediocre conferma: i suonatori sono cambiati, ma la musica è sempre la stessa.

Chissà quando gli italiani decideranno di impegnarsi per esigere di essere chiamati a scegliere davvero i propri rappresentanti e provare ad evitare di non finire sempre vittime di quelle che si possono giudicare delle vere e proprie “truffe” elettorali. Quelle compiute da quei pochi personaggi in grado di riempire il Parlamento di loro nominati.

La società civile paga così un alto prezzo per il proprio latitare.

Giancarlo Infante

 

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