E si ritorna a bisbigliare di riforma elettorale, prevedendo nuove elezioni politiche. Il governo Conte procede tra critiche e consensi, incontrando ogni giorno ostacoli sul proprio percorso, determinati da una situazione politica ingarbugliata e complessa. Inutile illudersi, le difficoltà non sono di facile superamento, i partiti sono incapaci di rasserenare il clima, perché attraversati da debolezze e da forti indecisioni sul lavoro da svolgere fino alla fine della legislatura. Non esiste in questo momento un pensiero dominante che indirizzi i partiti a guardare alla nuova frontiera, per migliorare le condizioni socio-economiche del Paese.

Si fa sempre più concreta l’ipotesi che si torni alle urne per avere un quadro parlamentare più stabile, più chiaro, coerente con le aspettative popolari di buon governo. Una tale condizione spinge ovviamente i partiti a ragionare di legge elettorale. E’ ormai consuetudine, dal cosiddetto Mattarellum in poi, che in previsione della scadenza parlamentare si ragioni di modifiche al sistema di voto.

Le forze politiche maggioritarie in un tale contesto cercano di tutelarsi in ogni modo, mentre quelle poco consistenti, temendo di subire danni, avanzano proposte di sistemi impropri, complessi, talvolta bislacchi, che non si apprezzano per coerenza e logica, ma solo per i vantaggi che possono ottenere i loro partiti. Mattarellum, porcellum, italicum ne sono la prova evidente, non a caso la condizione della democrazia ha risentito parecchio degli effetti disastrosi di questi meccanismi di voto. Congegni contorti, che hanno reso sempre più problematica la trasformazione dei voti in seggi, alterando o sminuendo il dato della rappresentanza, e favorendo la crescita degli astenuti ad ogni tornata elettorale.

La fine della prima esperienza repubblicana in Italia(1948-1992) comportò l’abbandono del sistema elettorale proporzionale con preferenze, prezioso strumento che consentì il rafforzamento della democrazia, la diffusione della libertà, la potenziale partecipazione attiva di tutti i cittadini alla cosa pubblica. Fu la scelta che illuminati esponenti politici operarono, una volta superata la tragica fase della guerra e la nefasta esperienza del regime totalitario. Gli spazi di libertà si erano talmente ridotti che le popolazioni italiane non ne potevano più di un sistema oppressivo e negatore delle libertà naturali. Rappresentanti antifascisti, acuti e lungimiranti, concordarono che per rafforzare i fondamenti della nascente democrazia repubblicana era indispensabile puntare su un sistema di voto che permettesse a tutti di partecipare direttamente alla vita politica, per cui la proporzionale con preferenze era ritenuto il sistema più idoneo per consolidare un regime di libertà.

Popolari e socialisti di Turati già agli inizi del ‘900 si erano impegnati a cambiare il sistema di voto da maggioritario in proporzionale. Sturzo nel primo ventennio del XX secolo, ben consapevole del valore della legge elettorale, nato il partito popolare italiano, ebbe ad affermare: «Dopo la costituzione, la più importante nell’ordine istituzionale è la legge elettorale. Con questa si dà vita, validità e moto agli organi rappresentativi di un paese, quali ne siano le forme e l’estensione che li configurano». E da qui la necessità di avere una legge elettorale quanto più adatta alle esigenze di rappresentanza del popolo nelle istituzioni. «Quel che è fondamentale – scriveva ancora Sturzo – perché l’autorità popolare sia tradotta dalla potenza all’atto si è anzitutto avere uno strumento di espressione che risponda ai consensi del popolo. La legge elettorale deve essere una legge relativa al tempo, ai costumi, alla tradizione, alla civiltà dei popoli, perché poggia principalmente sulla fiducia e sulla coscienza generale. Così si spiegano le varie fasi del suffragio popolare, sia nell’antichità greca e romana, sia nel medioevo, sia nell’epoca moderna, specialmente in quella posteriore alla rivoluzione francese».

La legge elettorale, quindi, è elemento fondamentale nell’organizzazione dello Stato, per cui non può essere considerata strumento mobile finalizzato a procurare vantaggi a chicchessia. Il sistema di voto deve essere valutato in relazione alla sua maggiore adattabilità alle condizioni generali del paese e non a favorire chi vuole prevaricare forze politiche concorrenti. Non a caso intellettuali, storici, giuristi, antichi politici concordano che il modello elettorale più adeguato oggi per l’Italia è il sistema proporzionale con preferenze, è il meccanismo che garantisce più degli altri partecipazione, democrazia e libertà, limitando la formazione di scadenti oligarchie e di improvvisati partiti personali. Il cittadino-elettore è libero di scegliere l’alleanza, il partito, i propri rappresentanti.

Raffaele Reina

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