Giorgia Meloni ed Elly Schlein sono due giovani donne molto diverse e molto impegnate al massimo livello nella politica italiana.

Una, la Meloni, è addirittura il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, da poco più di anno, e anche leader di Fdi, il maggiore partito italiano.  La seconda, la Schlein, è stata eletta in elezioni primarie da centinaia di migliaia di elettori come segretaria del PD, il secondo partito italiano e il primo dell’opposizione.  Sono tutte e due anche deputate alla Camera. La Meloni è anche madre, oltretutto sola dopo la recente separazione pubblica dal suo compagno. Tutte e due hanno già il loro lavoro, un grosso lavoro da fare, tenendo conto che, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Italia vive a poca distanza da almeno tre fronti di guerra: l’Ucraina, la Striscia di Gaza e il Libano, e oggi anche il Canale di Suez. Abbiamo uno dei debiti pubblici più pesanti del mondo e un’economia che non si è mai veramente rilanciata. Abbiamo una crescente povertà.

Ora cosa sembra all’opinione pubblica che impegni e preoccupi la Meloni e la Schlein, il capo del governo e il capo dell’opposizione, per la prima volta due donne in questi ruoli chiave?

Il problema è se devono o meno candidarsi alle elezioni europee, per essere elette deputati europei, una carica che è assolutamente incompatibile con quella di deputato italiano e con quella di capo del Governo, per cui una volta, certamente elette anche con milioni di voti, dovranno dimettersi immediatamente e lasciare il posto ai primi dei non eletti che certamente avranno avuto molti meno voti di loro.

Romano Prodi, con una saggezza e un buonsenso che dovrebbero essere scontati, ma non lo sono, ha detto: “Candidarsi per essere eletti in posti che non si vuole occupare svilisce la democrazia”.

Lo scopo delle due leader sarebbe acchiappare il maggior numero di voti per il proprio partito: diventano però così più delle influencer” sospettabili di “pubblicità ingannevole” nei confronti degli elettori che delle vere leader.

Sembra una deformazione del maggioritario che deforma perfino un’elezione proporzionale con le preferenze come quella del Parlamento europeo.

Non si vota mai, nemmeno con il proporzionale, un rappresentante e un partito, ma alla fine si deve votare solo il leader che ha scelto anche per noi i nostri rappresentanti.

Alla fine non contano più il Parlamento e nemmeno i partiti, ridotti a liste personali, ma un leader e perfino il suo modo di vestire e di vivere la sua vita privata, in una estrema e inaccettabile personalizzazione della politica.

Pier Luigi Tolardo

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