Diversi anni fa, un mio fraterno amico, mentre ci prendevamo un caffè in piazza a Ferrandina, se ne uscì con una frase che non potrò mai dimenticare . Mi disse: “Tu, caro Michele, sei stato fortunato. Hai fatto un lavoro che ti è sempre piaciuto.” E aveva perfettamente ragione. Non tutti, nella vita, fanno un lavoro gratificante, sia sul fronte professionale che su quello economico.

Ho sempre lavorato in Organismi istituzionali. Per molti anni a Montecitorio e al Quirinale e infine, per un breve periodo, alla Regione Lazio. Ed ho sempre svolto mansioni interessanti che mi hanno consentito di coltivare alcune passioni come il giornalismo, la scrittura e la politica. Tutto questo però non è stato indolore: come tantissimi miei coetanei, ho dovuto lasciare la mia terra, i miei amici, la mia famiglia. La motivazione che mi spinse a fare le valige fu una sola: la professione, per costruire un futuro migliore di quello che si prospettava nei nostri paesi.

I giovani meridionali, oggi ancor più di ieri, non vogliono fare i precari a vita e soprattutto non vogliono fare un lavoro da quattro soldi. Nessuno può negare che la Basilicata abbia fatto passi da gigante in questi 75 anni di Repubblica. Non solo sul fronte economico-sociale, ma anche su quello civile e culturale, con una emancipazione collettiva di tutto rispetto. Pur tuttavia, siamo sempre agli ultimi o ai penultimi posti delle classifiche nazionali. Forse si salvano solo Matera, Melfi e Maratea, in quanto a notorietà e benessere. Per il resto, direbbero a Napoli: “L’acqua è poca e la papera non galleggia”. In altre parole, sembra che gli squilibri economici e territoriali siano diventati strutturali e, pur con tutta la buona volontà, non si riesce immaginare un futuro decente per le nuove generazioni.

Cos’altro sta a dimostrare l’aumento dell’emigrazione giovanile e lo spopolamento delle aree interne e di quelle rurali? Non è solo il divario Nord-Sud che tiene banco. A questo dobbiamo aggiungere, soprattutto in Basilicata, uno squilibrio territoriale sempre più accentuato. Si allarga la forbice tra la vivibilità delle aree interne e l’attrattività dei centri più sviluppati.

Leggevo pochi mesi fa alcune statistiche demografiche relative alla mobilità della popolazione regionale. Negli ultimi vent’anni sono cresciute solo città come Matera, Melfi e Policoro. Quasi tutte le altre, invece, sono in sofferenza. Potenza, Lauria, i piccoli comuni del potentino, così come Ferrandina, Pisticci, Bernalda e gran parte della Collina materana continuano a perdere abitanti.. Secondo una proiezione elaborata dell’Istat, ci sarà un calo della popolazione del Mezzogiorno da qui al 2050 di oltre 3 milioni e mezzo di residenti. Si può invertire questa tendenza al ribasso? Certamente che si può invertire. Ma a ben determinate condizioni. Io credo che la Basilicata e le altre regioni del Sud potranno risollevarsi se faranno affidamento più sulle proprie forze che sulle “elargizioni “ o le promesse altrui. E per forze non intendo solo quelle economiche, che sono un po’ scarse, ma sulle altre che potrá sprigionare sia il “localismo virtuoso”, che il protagonismo locale. Vogliamo vedere allora in cosa consistono questi due fattori? E soprattutto chiederci se si sono mai realizzati? Eccone alcuni esempi, presenti non solo nei paesi europei, ma anche in alcune Regioni italiane. Sono parecchie le città europee che registrano un calo di popolazione. E, infatti, per contrastare questo fenomeno, stanno correndo ai ripari, proponendo ai nuovi residenti generosi incentivi, anche in denaro. Molte aree rurali subiscono un invecchiamento della popolazione perché i giovani si trasferiscono in città o scelgono di non avere figli.

Dalla Spagna all’Italia, ecco tutti i posti in Europa che pagano le persone per incentivarle a lasciare il loro paese e la loro città. Incominciamo dalla Svizzera. Qui, sulle Alpi, un piccolo comune, Albinen, di appena 250 residenti, per incrementare la sua popolazione offre alle famiglie o ai giovani che vogliono trasferirsi un bonus di oltre 50.000 Euro. Più nel dettaglio, gli adulti sotto i 45 anni riceveranno 25.000 franchi svizzeri (€ 25.300) per trasferirsi lì, più 10.000 franchi svizzeri (€ 10.120) per ogni bambino che metteranno al mondo. Altre condizioni: Il regime fiscale è aperto solo ai cittadini svizzeri o agli stranieri idonei che hanno vissuto in Svizzera abbastanza a lungo da ottenere un permesso di soggiorno. I candidati sono tenuti a vivere in una casa del valore di almeno 200.000 franchi svizzeri (€ 202.310) e devono impegnarsi a vivere ad Albinen per 10 anni.

Passiamo ora alla Spagna. Ponga è un comune di 600 abitanti situato nel nord-ovest del Paese. E’ disposto a pagare agli stranieri che intendono trasferirsi 2.600 sterline (€ 2.971) ciascuno, con ulteriori 2.600 sterline per ogni bambino che mettono al mondo. Anche qui ci sono dei paletti per usufruire dei benefici. Gli stranieri devono impegnarsi a vivere a Ponga per almeno cinque anni. Sempre in Spagna, in Galizia, il villaggio di Rubia intende pagare agli espatriati fino a 150 Euro al mese per viverci. L’offerta è rivolta in particolare alle famiglie che hanno figli che vanno a scuola, con la speranza di aumentare il numero di studenti nelle scuole locali. Rubia si trova nel nord-ovest della Spagna, a 2 ore e mezza di auto a est di Santiago de Compostela.

E veniamo all’Italia. La Regione Calabria, a chi intende trasferirsi in un paese con meno di 2000 residenti, offre un bonus fino a 28.000 Euro. L’iniziativa spera di combattere lo spopolamento di alcune sue aree interne. Anche qui sono previste delle clausole stringenti. Coloro che sono interessati a presentare domanda devono avere almeno 40 anni e trasferirsi nella regione entro 90 giorni dall’accettazione della domanda. Poi dovranno avviare un’impresa o trovare un impiego. Anche alcuni comuni della Puglia si sono mossi in questa direzione. Presicce-Acquarica, cittadina della Puglia, di 9.518 abitanti, pagherà ai nuovi residenti che intendano trasferirsi lì fino a 30.000 euro. Il comune è formato da due paesi – Presicce e Acquarica del Capo – circondati da campagne e uliveti. Per poter presentare domanda, le persone fisiche o le famiglie devono trasferire la loro residenza ufficiale nella città. Il bonus ottenuto dovrà essere utilizzato per acquistare e ristrutturare un immobile disabitato, sempre nella zona. In più è previsto un ulteriore incentivo di 1.000 euro, per ogni bambino nato lì.

Anche la Sardegna si sta muovendo in questa direzione. La Regione offre alle persone che vogliono trasferirsi nell’Isola un bonus di 15.000 Euro. Per contrastare lo spopolamento dei piccoli centri, la Regione ha stanziato 45 milioni di euro per il contributo di ricollocazione, sufficienti a coprire 3.000 borse di studio. Per poter beneficiare del contributo, le persone interessate dovranno trasferirsi in un comune sardo con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti. Queste sovvenzioni potranno essere utilizzate anche per acquistare o ristrutturare una casa. Infine, i beneficiari devono risiedere nel posto a tempo pieno e chiedere la residenza in Sardegna entro 18 mesi dall’arrivo. Vogliamo parlare, infine, di quell’ottimo progetto delle “Case a 1 Euro”, che sta prendendo piede anche in alcuni comuni lucani? L’argomento è molto interessante. Ma di questo e altro ne riparleremo in un prossimo articolo.

Michele Rutigliano

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