La figura di Sant’Antonino Pierozzi (1489 -1459), arcivescovo di Firenze dal 1446  al  1459  è di uno spessore straordinario.

Purtroppo non sempre la fama e la fortuna di un personaggio storico  e della sua opera sono proporzionati al suo valore. Così oggi, non dico in Italia o nel mondo, ma nella sua stessa città, quella Firenze che gli dette i natali e che egli tanto amò e tanto beneficò, il suo nome è quasi del tutto dimenticato.

Anche la Messa solenne che ogni anno viene celebrata in suo onore nel giorno della sua festa -il 10 Maggio-  viene di anno in anno sempre più disertata, nonostante vi intervenga  un rappresentante della Municipalità cittadina con tanto di gonfalone e di clarine.

Mentre S.Antonino Pierozzi si occupava delle opere di restauro del convento di San Marco, il papa Eugenio IV decise di trasferire da Ferrara (a causa del diffondersi della peste)  a Firenze il Concilio Ecumenico per la riunificazione delle Chiese cristiane.

Molti erano state le motivazioni che avevano spinto Oriente ed Occidente ad incontrarsi: motivi ecumenici ma anche politici. La situazione dell’Impero d’Oriente era critica: i turchi avevano conquistato Adrianopoli e la Tessalonica.

L’unione delle Chiese poteva contribuire, in qualche modo, a cercare di frenare l’avanzata musulmana. Eugenio IV, con una bolla dell’8 settembre 1437, fissò Ferrara come sede del Concilio ed i lavori iniziarono sotto la presidenza del Cardinal Albergati, l’8 gennaio 1438. Pochi giorni dopo nella città degli Estensi giunsero anche il Pontefice, l’Imperatore Giovanni Paleologo (1425-1448), il Patriarca di Costantinopoli Giuseppe II, Basilio Bessarione, Gemisto Pletone, Isidoro di Kiev e molti illustri teologi.

I lavori del Concilio , a Firenze, si aprirono nel gennaio del 1439 e le sessioni si tennero nella Chiesa di Santa Maria Novella.

Sant’Antonino, come sappiamo da alcuni Suoi scritti , partecipò come osservatore ai lavori del Concilio ( Chronicon, Part.III, tit. XXII, cap. XXII). Secondo la Sua testimonianza furono discusse varie questioni e superate molte difficoltà, non ultime quelle linguistiche.  Ed in effetti i problemi da risolvere ( a parte le traduzioni dal greco al latino) furono tanti: fra questi: la dottrina del primato del papa, il “Fililoque” e le diverse concezioni del Purgatorio. Durante i lavori fu anche sconfitta l’eresia di Marco Eugenio d’Efeso, uno dei più accesi oppositori greci al Concilio.

Alla conclusione dei lavori, il 6 luglio del 1439 , fu promulgata la Bolla d’unione “Laetentur Coeli” che annunciava la riunione delle Chiese in  modo assolutamente originale : si formulava non più una fusione ma una unità nella diversità. Si riconosceva la varietà dei riti e delle formule liturgiche e la parità delle strutture ecclesiastiche e giurisdizionali.  Le decisioni del Concilio non furono del tutto accettate ,a Costantinopoli, per l’opposizione di alcuni teologi e poi, con la caduta dell’Impero d’Oriente furono definitivamente accantonate, ma prepararono il terreno ad importanti unioni ecclesiali successive: la riunione della Chiesa di Roma con quella rutena (1596) e poi con quella Rumena (1700).

Antonino Pierozzi fu santo nell’azione, nella misericordia, nell’insegnamento, nella Sua opera di direttore spirituale, ma fu santo anche nella preghiera, nella devozione per il Cristo – manifestata fin quando da fanciullo, si tratteneva a lungo in orazione davanti al Crocifisso nella Chiesa di Orsanmichele- e , in modo particolare, per la beata Vergine Maria che è la via che Dio ha scelto per rivelarsi con l’incarnazione del Figlio.

All’Ufficio divino aggiungeva tutti i giorni i Salmi penitenziali, le litanie e l’Ufficio della Vergine e due volte la settimana anche quello dei defunti con le nove lezioni.

Sant’Antonino avvertì sempre uno straordinario ed estremo bisogno dell’aiuto e dell’intercessione della Madonna nello svolgimento della sua attività pastorale: a Lei si rivolgeva con immensa fiducia e ne invocava la protezione. Non a caso, apparteneva all’Ordine dei Domenicani che, anticamente, erano conosciuti come i “Religiosi di Maria”.

San Domenico, il fondatore, ne era devotissimo e due antiche fonti, riportate da Fra’ Gerardo di Frachet (1205-1271) nella “ Vitae Fratrum” attribuivano proprio alla Madonna l’istituzione dell’Ordine dei Predicatori per contribuire alla salvezza degli uomini.

Come aveva ordinato San Domenico, la giornata di Sant’Antonino iniziava nel nome di Maria e terminava, dopo Compieta, con la recita delle Sue lodi e del” Salve Regina”.  “ Oh, con quanta venerazione –scriveva il nostro Domenicano – deve essere onorata dai Frati Predicatori questa Vergine eccellentissima e degnissima Madre di Dio e nostra, con quanto amore dobbiamo lodarla noi che dalla Divina Maestà siamo stati a Lei affidati, sotto i cui raggi siamo protetti, dalla cui mano siamo benedetti, dalla cui grazia siamo irrorati, col cui intervento ci espandiamo, siamo consolati e saremo salvati” ( Chronicon III,612, cit. in: Raimondo Spiazzi o.p., La Santità di Antonino Pierozzi, in: Settimana di Studio sulla vita e le opere di S. Antonino Pierozzi nel V centenario della morte; Firenze ,1960 , pagg.114-115).

Su di Lei, Sant’Antonino scrisse ben 46 sermoni  e  redasse anche un Commento al primo capitolo del Vangelo di San Luca, soffermandosi in particolare sull’Annunciazione dell’Angelo.

Negli scritti mariani, talvolta, ricorse all’uso di acrostici, per cercare di mostrare a tutti “il gran valore del Suo nome”

Così, le tre lettere che compongono la parola AVE divennero la personificazione delle tre Persone divine: la lettera “A” significava lo “ Spirito Santo che è Amore”; la “V” stava a significare il “ Figlio che è il Verbo”, mentre la “E” indicava il “ Padre che è Eterno”.

Naturalmente anche lo Spirito Santo ed il Figlio, erano da considerarsi eterni, ma per Sant’Antonino il concetto di “eternità” si appropriava più al Padre

“.. perché non procede da altra Persona, dove che il Figliolo procede dal Padre, e lo Spirito Santo dal Padre e dal Figliolo”.

Anche sopra le cinque lettere che compongono il nome di Maria, Sant’Antonino fece delle interessanti riflessioni.

Così la lettera “M” significava: “Maria madre universale di tutti i cristiani , come affermato nel Libro della Sapienza: Omnium Mater est”; la lettera “A” stava per : “Arca dei Tesori”, secondo quello che disse Dio nell’Esodo “ Fac tibi Arcam de Lignis..”; la “R” valeva per: “Regola di noi mortali, come dice la Chiesa “Cuius vita inclita cunctas illustrat…”; la lettera “I” stava per “ Jaculum, cioè dardo contro i nostri nemici infernali”; mentre l’ultima “A”  voleva significare: “ Avvocata dei peccatori”.

(cfr. Domenico Maccarani o.p. Vita di Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze dell’Ordine dei Predicatori, Albizzini, Firenze, 1700, pag. 131-132).

Tutta la vita spirituale di Sant’Antonino fu dedicata alla Madonna: dalla consacrazione della sua verginità, fatta fin da bambino, in Orsanmichele – secondo quanto riferito da Fra’ Leonardo di Ser Uberto, domenicano fiorentino che conobbe il Santo – alle ultime parole, tratte da un’ antifona  mariana, mormorate mentre era in agonia sul letto di morte.

Nino Giordano

 

(il testo è tratto da “ Antonino Pierozzi, un santo domenicano nella Firenze del Quattrocento” Silvio Calzolari – Nino Giordano-Edizioni Polistampa Firenze )

 

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