Vorrei svolgere alcune considerazioni, alle quali proprio il Ddl Nordio mi ha stimolato, con le prime dichiarazioni a caldo del Ministro. Il Ddl, ha detto, è il “ primo passaggio per quella che si chiama giustizia giusta”. Proprio perché si tratta di dichiarazioni rese al termine del Consiglio dei Ministri e, quindi, nell’immediatezza del fatto, la psicologia insegna che vanno prese sul serio perché indicano ciò che effettivamente il Ministro pensa , soprattutto per il futuro.

Il problema così evocato, in modo insieme amaro e suggestivo, impone la ricerca del parametro di riferimento  della giustizia  GIUSTA che, nel nostro caso, dovrebbe essere la Costituzione.

Il Ddl Nordio si occupa della riforma di vari istituti in maniera più o meno condivisibile.

Oltre all’abuso d’ufficio e del traffico di influenze illecite, l’intervento riformatore si concentra in particolare sulla pubblicazione delle intercettazioni, sulle sentenze di assoluzione che non potranno essere impugnate, sull’avviso di garanzia. Di queste ultime  tratterò  in seguito. Qui mi occupo dell’abuso d’ufficio e del traffico di influenze.

Emerge ,in modo pungente, la polemica sollevata  soprattutto sull’abolizione dell’abuso d’ufficio che interviene subito dopo aver limitato i poteri di controllo della Corte dei Conti ,additati alla pubblica opinione come i responsabili dei ritardi nell’esecuzione delle opere, senza incidere minimamente su quei “lacci e lacciuoli” la cui eliminazione, troppo spesso  evocata, sarebbe davvero auspicabile nella prospettiva di una GIUSTA giustizia.

Se “lacci e lacciuoli”  si annidano nella scarsa qualità della produzione legislativa e nella abnorme quantità delle leggi qual è l’utilità della abolizione dell’abuso d’ufficio ? Ma soprattutto, a chi giova?

Dice ancora il Ministro che l’Italia ha il più “efficiente” sistema di tutele in Europa di contrasto alla corruzione ma non dice che tutte le classifiche indicano l’Italia come il Paese più corrotto in Europa.

Solo nel 2020, il reato di abuso d’ufficio ( art.323 c.p.) è stato  oggetto di  riforma  con la sostituzione della locuzione “ norme di legge o di regolamento” con quella più restrittiva “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”. Non era forse questa la strada da perseguire per superare la cd. “paura della firma” ?

Alcuni esempi chiariranno meglio di cosa si sta parlando.

Come sarà qualificata e sanzionata la condotta del pubblico ufficiale che riveli le tracce delle prove scritte di un concorso pubblico oppure quella del dirigente che rilasci il permesso di costruire violando le norme in materia di edilizia ? E la condotta del consigliere comunale che partecipa alla discussione e al voto di una delibera avente ad oggetto questioni di suo specifico interesse o di un prossimo congiunto sarà legittima ?

Insomma, abolire la condotta  del pubblico ufficiale che “procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”  senza incidere sulla qualità e quantità delle leggi per eliminare ab origine la possibilità di delinquere non è una buona scelta legislativa neppure per chi, come il Ministro Nordio e la maggioranza parlamentare che lo sostiene, si erge a portabandiera della libertà. Forse sarebbe proprio il caso di ricordare il brocardo latino “ in claris non fit interpretatio” quale parametro di riferimento di una buona legge.

L’abolizione dell’abuso d’ufficio appartiene alla stessa idea guida che ha portato al ridimensionamento del reato traffico di influenze illecite ( art.346 bis c.p.). Anche qui alcuni esempi chiariranno meglio di cosa si sta parlando.

Cercare di snellire pratiche burocratiche e quindi scavalcare gli iter burocratici pagando e chiedendo favori è un reato ma se si rendono applicabili- come il Ddl Nordio consente –   le attenuanti per la particolare tenuità del fatto o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, di fatto si invia un messaggio di sostanziale impunità alla stragrande maggioranza dei cittadini perché si estende al traffico d’influenze illecite la causa di non punibilità per la cosiddetta collaborazione processuale.

Si dimentica che la condotta delittuosa presuppone una silenziosa intesa a monte che dovrebbe incrinarsi con la promessa di attenuanti anche laddove la prova è tutt’altro che inconfutabile.

 Per concludere, mi piace ricordare che la bontà di una legge si misura anche dalla cultura di cui è espressione e dalla cultura che infonde nella generalità dei cittadini che si sentono così legittimati dal tenere determinati comportamenti che piano piano, in modo strisciante, senza  far rumore, vengono assunti come modus vivendi.

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