E’ stato come se Giorgia Meloni fosse già partita per il Giappone. E’ esplosa l’ultima “bomba” tra le fila del suo governo, ma sembrava che non ci fosse. Come al solito…
E’ arrivata la nuova puntata della “saga Sgarbi”. Il sottosegretario ha improvvisamente deciso di dimettersi prima di vedersi dare torto dall’Antitrust ancor prima che ci fosse una pronuncia ufficiale sulle sue eventuali incompatibilità. Ma era necessario arrivare a tutto quello cui abbiamo assistito ieri o non sarebbe stato meglio intervenire per tempo?
Sgarbi non si è dimesso “all’inglese”. Bensì lavando i panni sporchi in pubblico. Come al solito, molto rumorosamente. E che panni…quelli che riguardano i suoi rapporti con il Ministro Sangiuliano. Che tra i due non corresse buon sangue era risaputo. Ma sentire che il sottosegretario rimprovera il titolare dei Beni culturali di aver veicolato lettere anonime sul suo conto è stato davvero impressionante. E la dice lunga su come questa “nuova” classe dirigente applichi la Costituzione quando chiede che le responsabilità pubbliche siano svolte con “disciplina e onore”. La dice anche lunga della distanza che separa il “decisionismo” diffuso a piene mani e l’intelligenza di prevenire situazioni spiacevoli. Soprattutto, quando c’è di mezzo la cosa pubblica.
Giorgia Meloni, così, come in precedenti occasioni relative ad altre questioni proprie dei componenti del suo Governo, ha preferito non decidere e non è mai intervenuta. Lasciar marcire le cose, non assumersi la responsabilità d’intervenire quando si deve su fatti importanti che riguardano i componenti del proprio governo non fa che confermare la domanda: me è vera gloria se non si sa fare neppure … il “caporale di giornata” e chiedere un minimo di serietà alla “truppa”?