SISTEMA DI EMERGENZA TERRITORIALE: SICUREZZA E COMPETENZE
Il tema della sicurezza torna alla ribalta delle cronache ogniqualvolta i media riportino
un fatto eclatatante per la sua tragica spettacolarità; la caduta dell’elicottero del 118
piemontese alle pendici del Monte Rosa non ha fortunatamente registrato alcuna
vittima, ma non così si può dire del crash di Campo Felice del 2017, pochi giorni dopo
la tragedia di Rigopiano, dove l’intero equipaggio perse la vita.
L’attenzione andrebbe focalizzata sull’intero servizio di emergenza territoriale di cui
l’elisoccorso rappresenta una parte infinitesimale; un mezzo che per la sua specificità è
sottoposto quotidianamente a misure di controllo e sicurezza rigorose, ben diverso è
l’interesse sia mediatico, sia aziendale suscitato dai mezzi terrestri.
Fa più rumore un elicottero che cade su tre metri di neve, fortunatamente senza vittime e
con feriti lievi, rispetto a dieci ambulanze che impattano contro un ostacolo con morti,
feriti e sequele.
Secondo l’Osservatorio ASAPS – Associazione dei Sostenitori della Polizia Stradale, in
corrispondenza delle scorse festività natalizie hanno perso la vita nove persone fra
sanitari, malati trasportati e soccorritori, con sette morti a bordo delle ambulanze. Una
vera e propria strage cui si aggiungono dodici feriti gravi.
Le immagini in copertina rappresentano un approfondimento analitico: la prima a
sinistra è una foto di repertorio dei Vigili del Fuoco1
che illustra un’uscita del Cinema
Statuto di Torino a seguito del tragico incendio del 1983 costato la vita a sessantaquattro
persone. La foto nel centro e quella a destra, rappresentano rispettivamente l’esterno e
l’interno del vano sanitario di un’ambulanza; dietro agli zaini di soccorso è facilmente
visibile una sbarra di colore giallo che preclude una via di fuga in caso di ribaltamento
del veicolo.
Tra le due immagini esiste una differenza sostanziale: nel caso del Cinema la chiusura
delle uscite d’emergenza non violava la normativa dell’epoca, la quale prescriveva che
queste fossero genericamente «apribili» (il “quando e il chi” erano dettagli), anzi fu
proprio la tragedia a dare impulso ad una nuova legislazione sulla sicurezza. Nel caso
delle ambulanze invece, il IV Allegato del Dlgs 81/2008 prescrive i requisiti minimi
1QSP febbraio 2021 – Quaderni di Storia Pompieristica: 13 febbraio 1983, quei sessantaquattro lenzuoli bianchi
SEGRETERIA REGIONE PIEMONTE
per le vie di fuga, mentre la Corte di Cassazione fornisce un’interpretazione sull’obbligo
imposto2
.
Nella realizzazione di misure efficaci la prima difficoltà è il disinteresse e
l’impreparazione sulla materia da parte di tutti gli attori coinvolti, aggravate
dall’interposizione nella catena di comando a cui i lavoratori dovrebbero fare
riferimento; nella Regione Piemonte ed in particolare a Torino il personale medico e
infermieristico è giuridicamente in capo all’Azienda Città della Salute e della Scienza di
Torino che a sua volta si interfaccia con molteplici organizzazioni di volontariato.
Queste ultime forniscono i mezzi il personale soccorritore gli autisti e le postazioni di
soccorso. Non esiste un effettivo controllo da parte appaltante sulla sorveglianza
sanitaria del personale appartenente alle Organizzazioni Di Volontariato – ODV- né
l’ultimo accordo quadro affronta in modo organico il tema della sicurezza.
Infine le direttive generali sull’operatività del Sistema di emergenza territoriale
piemontese vengono impartite dall’Azienda Sanitaria Zero, senza che tuttavia
quest’ultima assuma responsabilità dirette nella gestione del personale, del Rischio
Clinico e nella risoluzione di eventuali controversie.
Da queste condizioni deriva una precarietà insanabile delle condizioni di sicurezza per
pazienti, soccorritori e professionisti, a meno di un drastico cambio strategico che
consideri ad esempio il coinvolgimento dei Vigili del Fuoco per integrare il soccorso
pubblico in termini di sicurezza, addestramento, condivisione delle procedure, delle sedi
e soprattutto per dotarsi di un’unica interlocuzione.
La sicurezza sul lavoro è un tema solitamente accolto con disinteresse da parte datoriale,
ciò che appare drammatico è che questa filosofia valga anche per le amministrazioni che
hanno in carico i lavoratori che si occupano della salute e della sicurezza altrui; gli
ultimi mesi registrano un bilancio pesantissimo per il servizio di emergenza territoriale
italiano, una situazione che ricade sui lavoratori e sui pazienti ma che pare non far
notizia se non nell’immediatezza degli eventi.
2Sentenza n. 14657/2018
Indice
PREMESSA…………………………………………………………………………………………………………2
LA CASISTICA……………………………………………………………………………………………………5
ATTIVAZIONE DEL SISTEMA DI EMERGENZA……………………………………………………8
LA FASE DELLE CENTRALI OPERATIVE………………………………………………………….10
I MEZZI DI SOCCORSO…………………………………………………………………………………….11
SISTEMA DI EMERGENZA PRE-OSPEDALIERO O TERRITORIALE?………………….13
LA FORMAZIONE…………………………………………………………………………………………….14
I VOLUMI STATISTICI DI ATTIVITA’ DELL’ANNO 2023…………………………………….16
CONCLUSIONI…………………………………………………………………………………………………22
4
LA CASISTICA
Le ambulanze sono i veicoli più pericolosi in circolazione nell’ambito del soccorso
pubblico, i i serbatoi contengono un centinaio di litri di carburante, mentre nei vani
sanitari, o addirittura nelle cabine di guida sono presenti bombole d’ossigeno, prese
elettriche e inverter a 220V per il funzionamento di monitor e ventilatori. La maggior
parte degli allestimenti incoraggiano l’imbarco di una quantità crescente di materiale in
ragione di una non meglio precisata tutela legale, si tratta di decisioni spesso assunte da
chi non opera attivamente sul campo e che ottengono effetti diversi da quelli voluti.
La casistica incidentale qui descritta è riduttiva: si apre con le tre vittime di un
equipaggio coinvolto nell’incidente tra Urbino e Fermignano a fine dicembre 2023,
l’estremo tentativo di salvare il malato che trasportavano, in una galleria invasa da fumo
e fiamme ha certamente influito sulla loro sorte. Sempre a Dicembre 2023
un’automedica in Valle Camonica (Bs) esce di strada in una cura pericolosa nei pressi di
Berzo Demo (BS). Analogo episodio nel 2022 presso Pisogne (Bs), coinvolta la stessa
automedica bresciana. Segue a poco meno di una settimana, il 2 gennaio, un incidente
con tre morti e due feriti in provincia di Pordenone con un’altra ambulanza coinvolta,
mentre esattamente un mese dopo, nei pressi di Cambiano (TO), l’elisoccorso
provvedeva al trasporto dell’autista di un mezzo di soccorso in gravi condizioni dopo la
collisione con un camion.
Dieci giorni dopo nella strada tra Bussoleno e Susa in provincia di Torino si verifica
l’ennesimo incidente, uno dei sanitari a bordo dell’ambulanza riporta la frattura delle
ossa nasali.
Il tema non si esaurisce con gli incidenti stradali, la mancata sorveglianza sanitaria per i
soccorritori, l’inadeguatezza delle postazioni di soccorso, gli ambienti insalubri, la
collocazione in luoghi non idonei riempiono un ampio carteggio delle segnalazioni
inviate alle aziende che dovrebbero essere titolari della sicurezza dei loro dipendenti; il
problema è trasversale sull’intera Regione; se per ragioni numeriche Torino rappresenta
un terreno di analisi significativo, nel resto della Regione la matrice di rischio viene
elevata da percorrenze più lunghe. Ad esempio nella postazione medicalizzata di Ivrea,
per due inverni consecutivi il personale sanitario ha segnalato il malfunzionamento
5
degli impianti di ventilazione nonché tempi eccessivi tra la ricezione dell’allarme da
parte della Centrale Operativa ed il tempo di effettiva uscita dell’ambulanza. Analoghi
problemi sono stati riscontrati nella postazione di Torino in Via Gradisca, sede di una
RSA, cioè non solo uno dei posti più infelici dove collocare un mezzo di soccorso
durante la pandemia, ma altresì affollato da ospiti, degenti, parenti e visitatori nel
percorso di uscita; per inciso solo l’intervento dei Rappresentanti per la Sicurezza dei
Lavoratori e del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Azienda Città della Salute di
Torino ha evitato una scelta similare presso la RSA di Via Botticelli nel 2021.
Sempre nella città di Torino sono tuttora degni di nota i ripetuti atti vandalici contro le
vetture del personale parcheggiate in prossimità della sede di Via Bologna, mentre la
piaga delle aggressioni ben conosciuta nei dipartimenti di emergenza, continua ad essere
pesantemente sottovalutata.
Talvolta le conseguenze letali vengono sfiorate per un soffio, non denunciate o
sistematicamente ignorate; riferendoci agli ultimi sei mesi la lista è molto lunga.
Un infermiere del 118 nel cuneese è stato minacciato con un’arma da fuoco ed è
successivamente precipitato dalle scale nel tentativo di spostarsi dalla linea di tiro, un
altro di Novara è stato percosso a Galliate, un altro ancora sempre in provincia di Cuneo
è stato abbandonato dalle forze di Polizia alla mercè di un soggetto sotto effetto di
stupefacenti, mentre un ennesimo episodio di violenza contro un equipaggio di soccorso
risale ad alcuni mesi fa a Moncalvo nell’astigiano.
Tra i casi più eclatanti c’è l’irruzione consumatasi nella notte tra l’otto e il nove marzo
scorso presso la postazione di Torre Pellice (TO), oggetto di un vero e proprio assalto
da parte di un soggetto psichiatrico, aggressivo e violento che ha divelto il portone di
ingresso e devastato gli arredi della sede. In quel frangente l’equipaggio è stato costretto
a chiudersi in bagno per evitare il peggio. Soltanto la prontezza di un soccorritore,
calatosi da una ringhiera per raggiungere il cortile e distrarre l’aggressore, ha evitato il
peggio, mentre una pattuglia di Carabinieri a pochi metri dall’evento attendeva i rinforzi
da Pinerolo senza intervenire; sono facilmente ipotizzabili le conseguenze che
avrebbero potuto verificarsi in presenza di un equipaggio di sole donne, laddove queste
fossero state impossibilitate a raggiungere un luogo sicuro. L’interruzione di un servizio
6
di emergenza alla popolazione pare inoltre non essere stato neppure considerato,
derubricando l’episodio ai classici “rischi del mestiere”.
Questo e molti altri eventi spesso non segnalati per rassegnazione, evidenziano una
pericolosa inerzia nella presa in carico del problema e nella messa a punto di misure
preventive e protettive.
Questa filosofia sconta l’orientamento prettamente ospedaliero tuttora presente anche
nei dettami contrattuali senza minimamente considerare scenari di lavoro diversi ormai
consolidati; a trent’anni dalla nascita del 118 potrebbe ipotizzarsi l’istituzione di un
RSPP opportunamente specializzato nel ramo del soccorso sanitario e pubblico in
generale, in quanto il personale operante lavora in contesti diversi durante il turno di
lavoro, passando dallo stazionamento in sedi strutturali, al viaggio su automezzi di varia
natura, fino al soccorso in ambienti a molteplicità variabile.
Se, ad esempio un elicottero non vola in condizioni meteorologiche avverse, ciò non
vale per i mezzi di soccorso terrestri, operativi in ogni condizione. Agli operatori
autostradali viene precluso il lavoro al di sopra di una certa soglia di temperatura
atmosferica, così come ad altre figure viene corrisposta un’indennità connessa alle
intemperie, mentre l’equipaggio di un’ambulanza non può aspettare che smetta di
piovere o che faccia meno caldo per espletare le proprie funzioni. Attualmente un RSPP
si forma secondo l’Accordo Stato Regioni del 07/07/2016, di conseguenza è opportuno
che tali figure entrino nel contesto in disamina, affiancati dal personale professionale
del soccorso sanitario, dei Vigili del Fuoco e delle Forze di Polizia per estrapolare dai
dettati normativi e dalle norme unificate ciò che può incidere attivamente su
prevenzione e protezione dei lavoratori del settore. Ulteriore valore aggiunto è la
compresenza della figura HSE Manager (Health, Safety, Environment), di cui la norma
UNI 11720:2018 espone le caratteristiche.
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ATTIVAZIONE DEL SISTEMA DI EMERGENZA
La sicurezza si misura innanzitutto dai meccanismi di allarme; l’attivazione del sistema
si basa sul NUE112 entrato in funzione in Italia dal 2010 ed in Piemonte dal 2017; il
NUE112 o PSAP1(Public Safety Answering Point) è un centralino di smistamento
presidiato da personale cosiddetto laico, cioè non appartenente ad alcun ente del
soccorso, mentre i PSAP2 o Centrali di Secondo livello, sono gestiti da Sanità, Forze di
Polizia e Soccorso Tecnico Urgente. Il secondo livello presidato da specialisti e
professionisti verifica la localizzazione eseguita dai primi, processa nuovamente le
richieste gestendone e coordinandone la risposta sul campo; già in questa impostazione
si riscontra una ridondanza controproducente.
Questo modello è ormai impiegato nella maggioranza delle Regioni italiane, nonostante
le criticità denunciate da più parti e contenute in un report inviato alla Conferenza Stato
Regioni nel 2019, il Ministero dell’Interno ha proceduto senza esitazioni con la
medesima scelta organizzativa, senza tuttavia prendersene carico direttamente. Il
meccanismo di funzionamento è rsemplice: la chiamata che aggancia le celle
telefoniche, viene localizzata dal NUE il quale smista la chiamata al PSAP2 di
competenza; la tecnologia più recente si avvale dell’Advanced Mobile Location -AMLinstallato sui sistemi operativi della telefonia mobile in grado di acquisire la posizione
del chiamante con uno scarto di pochi metri. La moderna tecnologia può non essere
sufficiente, non a caso il Disciplinare Tecnico Operativo redatto dal Viminale ha
imposto che il PSAP2 verifichi nuovamente la localizzazione. Anche in questo caso vi è
un doppione procedurale che rende inutile l’esistenza del PSAP1. Lo spostamento di
informazioni tra figure diverse preclude notevolmente i criteri di sicurezza e vi sono
almeno cinque problemi nell’organizzazione del NUE112 italiano individuati anche
dalle organizzazioni sindacali più rappresentative dei Vigili del Fuoco e della Polizia di
Stato e rimasti tuttora senza risposte né soluzioni alternative.
1. Una dilazione dei tempi di risposta dovuta al doppio passaggio telefonico.
2. La verifica della localizzazione che ricade sul PSAP2, quindi su personale con
responsabilità giuridiche maggiori rispetto ai primi operatori.
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3. La perdita del contatto diretto con il professionista o lo specialista del settore
con il rischio di disperdere le informazioni rilevanti che il chiamante molto
difficilmente ripeterà al secondo interlocutore. Questo aspetto è particolarmente
delicato per i rilievi investigativi dell’Autorità Giudiziaria.
4. Limitazioni importanti nell’interoperabilità tra i PSAP2, solo nell’anno 2017 i
Vigili del Fuoco torinesi hanno documentato quasi novanta ore complessive di
conversazioni telefoniche con il 118, cifra azzerabile in una centrale unica.
5. Costi gestionali di ulteriori strutture che vanno ad aggiungersi a quelle
preesistenti.
A differenza di cosa accadeva prima con il contatto diretto verso i numeri tradizionali
dei singoli enti di soccorso, laddove il NUE112 venisse compromesso crollerebbe
l’intero dispositivo di risposta. Ne deriva l’obbligo di presidiare i PSAP1 e PSAP2
costantemente per garantirne la sicurezza e la piena operatività. Già nel dettato del
Ministero dell’Interno3
ai presidi ospedalieri e sanitari in genere veniva conferita dignità
di obiettivo sensibile e discenderebbe da questa impostazione la necessità di collocare
PSAP1 e PSAP2 presso le Questure, i Comandi Provinciali dei Carabinieri o dei Vigili
del Fuoco.
3Decreto Ministro dell’Interno 269/2010
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L A FASE DELLE CENTRALI OPERATIVE
Nelle Centrali Operative avviene la genesi della missione di soccorso, l’atto dovuto è la
risposta telefonica e non l’invio indiscriminato ad un mezzo per chiunque ne faccia
richiesta, a detrimento di chi ne sarebbe realmente beneficiario. L’indirizzo politico
dovrebbe mirare a diminuire il numero di missioni, scoraggiando le richieste incongrue
invece di darvi seguito e anche in questo caso gli esempi sono piuttosto numerosi:
l’invio delle ambulanze nelle RSA, nei Commissariati, nelle Stazioni dei Carabinieri,
nei luoghi pubblici o privati già provvisti di assistenza dovrebbe diminuire con il
passare del tempo.
Tra le prime misure applicabili vi sarebbe la riconfigurazione delle centrali operative,
almeno quelle di secondo livello, con tutte le componenti necessarie al loro interno per
la rapida messa in sicurezza della scena, lo scambio immediato delle informazioni
rilevanti ed una maggior distribuzione dei carichi di lavoro. I parametri relativi alla
sicurezza dei luoghi di lavoro devono tenere conto dei segnali di allarme provenienti
dalla scena che può essere paragonata ad un cantiere privo delle necessarie condizioni di
sicurezza fino a che non sia stato dimostrato il contrario.
Ad esempio i tempi eccessivi nel definire un quadro clinico nella fase di processazione
rappresentano un problema critico che oltre a far perdere tempo prezioso aumenta la
conflittualità con l’utenza. Il riferimento è al protocollo di Interrogazione Emergency
Medical Priority Dispatch – EMPDS in uso presso tutte le Centrali 118 piemontesi,
inutilmente costoso, pericoloso per la collettività, per i professionisti chiamati ad
applicarlo e mantenuto per ragioni che di tutela clinica o medico legale non hanno nulla.
Sotto il profilo tecnico il Rischio è il prodotto per la frequenza (F) cioè la cadenza degli
eventi nell’arco di tempo e la grandezza delle conseguenze, denominata magnitudo (M).
Diminuendo anche solo uno dei due fattori il prodotto decresce linearmente.
R=FxM
Per diminuire il Rischio necessario incrementare la capacità di filtro e predisporre
risposte alternative per il decremento delle missioni.
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I MEZZI DI SOCCORSO
Osservando le immagini sottostanti ed esaminando il dettaglio delle missioni espletate
nel corso del biennio 2022-2023 ed esaminata la dotazione sanitaria a bordo dei mezzi
di soccorso, (zaino duplicato per eventuali sdoppiamenti dell’equipaggio, zaino extreme
per eventi su territorio ostile e zaino maxiemergenza per scenari caratterizzati da feriti
multipli) sono formulabili almeno tre domande:
1. Il numero di Crash stradali e infortuni che coinvolgono i mezzi di soccorso è
superiore al numero di maxiemergenze o eventi complessi che richiedano
dotazioni particolari?
2. Esiste una collocazione alternativa allo zaino di riserva, all’extreme e alla
dotazione specifica per la maxiemergenza?
3. In caso di risposta negativa queste dotazioni hanno realmente necessità di
sussistere?.
Nel novero dei mezzi di soccorso sanitario trovano posto gli elicotteri o Helicopter
Emergency Medical Service – HEMS – quali velivoli integrativi e non sostitutivi delle
ambulanze. Nel settore vigono procedure di controllo e sicurezza particolarmente
stringenti, risulta l’unico ambito dove è presente un documento di valutazione dei rischi,
a differenza di quanto accade per i mezzi a terra. Gli elicotteri richiedono un imponente
supporto logistico, ad esempio non possono essere parcheggiati in prossimità di
11
un’abitazione, spesso gli equipaggi per giungervi in prossimità richiedono un veicolo di
terra per il trasporto. Quella stessa vettura utilizzata per portare l’equipe dal paziente
non è ugualmente funzionale nel percorso inverso: se l’infortunato di un trasporto in
posizione supina è impensabile ricorrere ad una qualsiasi utilitaria.
Sotto il profilo del rischio, la frequenza di impiego degli elicotteri è inferiore rispetto ai
mezzi a terra, per contro la magnitudo, su un crash è ovviamente più alta.
L’immagine sottostante a sinistra è riferita alla caduta di un velivolo dell’elisoccorso
piemontese in prossimità del Monte Rosa nel 2024, quella di destra allo schianto di
Campo Felice nel 2017. Nel primo caso citato fortunatamente non ci sono vittime, nel
secondo tutti i membri dell’equipe sono deceduti nell’impatto. Questo evento è stato
analizzato in un report redatto dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo –
ANSV-. Il documento raccomanda azioni incisive sul ruolo delle Centrali Operative,
sull’appropriatezza degli invii e sulla formazione dei professionisti che coordinano le
missioni.
Per la complessità nell’organizzazione del servizio, sussisterebbe la necessità di
avvalersi di una Centrale Operativa dedicata che non si limiti a ratificare le richieste
altrui senza poterne sindacare l’effettiva appropriatezza. Il personale del Nucleo di
Gestione Elicotteri è da considerarsi a tutti gli effetti (nel suo nucleo specifico )
membro dell’equipaggio HEMS.
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S ISTEMA DI EMERGENZA PRE-OSPEDALIERO O TERRITORIALE?
A differenza di ciò che accade in molte altre Regioni, il Piemonte ha personale
infermieristico dedicato al settore; la definizione “territoriale” impiegata fino a tempi
più o meno recenti è la più appropriata, anche se nell’ultimo periodo hanno iniziato a
susseguirsi altri appellativi come “preospedaliero o extraospedaliero” anche nei
Disegni di Legge nazionali per la riorganizzazione del Sistema. Dietro quello che
appare un semplice aggiustamento linguistico si nasconde la volontà di smantellare
nella propria identità il servizio, eppure il vantaggio di un sistema dedicato è nella
correlazione tra volumi di attività ed esiti delle cure.
“per attività cliniche, procedure e percorsi diagnostico terapeutici, la revisione sistematica continua
della letteratura scientifica consentirà di identificare ed aggiornare continuamente le conoscenze sulla
associazione tra volumi di attività e qualità delle cure. L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali
(Age.nas), ha la funzione di aggiornare costantemente le conoscenze disponibili sul rapporto tra volumi
di attività ed esiti delle cure” (DM 70/2015).
Gli infermieri del sistema territoriale sono tecnicamente insostituibili, svolgono le stesse
attività tutti i giorni, è la conoscenza approfondita dei propri luoghi di lavoro che
consente di evidenziare i rischi ed i segnali di allarme con maggior perizia. Un profilo di
competenze dedicato rappresenta un punto a favore sulla sicurezza sulle cure erogate,
sullo stesso fondamento si chiudono o si mantengono ospedali, punti nascita, si
garantisce o meno l’esistenza di un laboratorio di emodinamica. Questi volumi statistici
decadrebbero nel caso di un ospedaliero che svolge due turni al mese in ambulanza, vale
ovviamente la regola inversa per il collega territoriale che lavora saltuariamente in
Pronto Soccorso.
Il sistema territoriale è il primo vero filtro ad indirizzare l’utente verso la medicina
territoriale, impartisce telefonicamente istruzioni salva vita e fornisce le risposte che
altri servizi non danno. Gli infermieri delle Centrali Operative coordinano altresì le
missioni di ambulanze ed elicotteri con profili di autonomia particolarmente elevati che
scontano sotto il profilo delle responsabilità civili e penali, in proposito occorrerebbe
interrogarsi e quantificare i danni di un conferimento verso un ospedale inadeguato.
13
LA FORMAZIONE
Gli attori del soccorso territoriale si distinguono per eterogeneità, sicurezza e
formazione sono priorità che non riguardano solo il personale sanitario; agli albori del
sistema la Regione Piemonte predispose uno standard formativo per i soccorritori
rimasto pressochè identico dal 1995, anno in cui fu redatto con la DGR 46-120.
In un contesto sociale profondamente mutato i cambiamenti che sarebbero necessari non
vengono presi in considerazione eppure basterebbe considerare l’equiparazione dei
soccorritori dipendenti o volontari che siano a qualsiasi lavoratore, quindi soggetto al
Testo Unico Dlgs 81/2008 e alle normative affini. Si tratta di un terreno volutamente
inesplorato che apre scenari degni di analisi sulla sorveglianza sanitaria del personale,
sui limiti di età e sugli orari di lavoro. Precisazioni ancora più stringenti per i mezzi di
soccorso di base, è impensabile garantire la sicurezza degli equipaggi che svolgono
dodici missioni in un turno notturno e di cui i componenti, magari volontari, perdipiù
autisti hanno lavorato nelle ore precedenti.
Gli infermieri dei mezzi di soccorso invece, secondo le modifiche del Dlgs 81/2008,
sono “preposti di fatto” per il ruolo di coordinamento nei confronti dei soccorritori
tecnici, così come gli infermieri della Centrale Operativa che impartiscono indicazioni
ai mezzi di base su modalità di evacuazione dalla scena, imbarco e trasporto in
ospedale.
Un altro versante fondamentale è la formazione specifica: nel caso dei soccorritori
piuttosto trascurata; paradossalmente a suo tempo ci fu meno resistenza nel consentire
l’impego dei defibrillatori “erga omnes”, eppure i rischi sull’utilizzo di presidi
inadeguati sono piuttosto evidenti: le lesioni prodotte da un impiego scorretto del collare
cervicale o delle tavole spinali sono solo alcuni degli esempi. La
“professionalizzazione” dei soccorritori è un tema che da molto tempo è all’attenzione
della politica, la strada da percorrere dovrebbe orientarsi all’istituzione di scuole di
specializzazione piuttosto che moduli di due giorni con ricertificazione biennale.
Per quanto riguarda infermieri e medici del sistema i percorsi necessari ad evadere il
debito triennale previsto dalle normative sull’educazione continua in medicina – ECM
non sono sufficienti.
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Altro punto critico è la location del centro di formazione a Verduno (CN) sede eletta ad
unico polo didattico per tutto il Piemonte e già oggetto di rilievi senza risposta. Il
quesito principale attiene alla necessità di spostare i professionisti provenienti da tutto il
territorio piuttosto che trasferire i formatori. Il tema è tutt’altro che pretestuoso: un
report elaborato dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Cuneo attribuisce alle
strade dell’Albese e del Braidese, vie obbligate di accesso e deflusso rispetto a Verduno,
il poco onorevole primato di pericolosità per numero di interventi e decessi da questi
derivati. Vi sarebbero almeno due soluzioni: l’estensione della formazione accademica
per gli infermieri dell’emergenza territoriale istituita dall’Università di Torino dal 2017
e l’approvazione di uno specifico profilo delle competenze approntato dagli colleghi del
sistema di emergenza fin dal 2022.
Entrambe le misure permetterebbero una migliore gestione del rischio clinico ed una
formazione continua anche per quelle sedi con minor numero di uscite, ma con
percorrenze e minuti di assistenza superiori.
La formazione del territorio non si esaurisce con le esclusive skill sull’arresto cardiaco o
sui politraumi, la maggior parte delle missioni affronta molteplici variabili che vanno
dal disagio sociale alla gestione dei soggetti psichiatrici.
Sul tema delle aggressioni, non intendiamo stilare una classifica di gravità perché si
tratta di un fenomeno esecrabile ovunque avvenga, ma ha certamente più possibilità di
sfuggirvi chi viene assalito in un luogo di lavoro che conosce bene, rispetto a chi opera
su uno scenario variabile. L’infermiere o il medico del Pronto Soccorso possono contare
su un aiuto più tempestivo, conoscono le vie di fuga in caso di pericolo imminente. Ben
diverso è quando l’assalto avviene al domicilio o in un vicolo buio, le tecniche di
prevenzione e descalation su scenari variabili richiedono addestramento e procedure di
intesa con le Forze di Polizia (Legge 113/2020.)
La condivisione e la conoscenza delle reciproche funzioni tra attori del soccorso che
differiscono tra loro per procedure e competenze rappresenta una chiave di volta nella
gestione della sicurezza.
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I VOLUMI STATISTICI DI ATTIVITA’ DELL’ANNO 2023
Grazie all’estrapolazione dei dati di archivio, seppur grezzi, è possibile affermare che il
sistema di emergenza sanitaria territoriale piemontese chiude il 2023 con oltre mezzo
milione di richieste di soccorso. La sola città Metropolitana di Torino conferma un
carico di lavoro pari ad oltre la metà del fabbisogno regionale, in linea con gli anni
precedenti, per contro le altre realtà regionali hanno tempi di percorrenza su strada
decisamente più lunghi per raggiungere target e ospedali, quindi anch’essi con una
matrice di rischio piuttosto elevata.
Il numero di richieste diverge da quello delle missioni espletate. La richiesta è il
bisogno manifestato dall’utenza in attesa di risposta, mentre la missione è riferita
esclusivamente alla risposta erogata tramite l’invio di un mezzo. Se le Centrali
inviassero un mezzo ad ogni chiamata la capacità dell’intero sistema verrebbe
irrimediabilmente compromessa con un aumento importante delle ospedalizzazioni. Lo
scostamento tra richieste e missioni definisce la capacità di filtro e riguarda quella quota
di pazienti indirizzati ad altro servizio; il numero delle schede filtrate a Torino è circa
settantamila, cioè sovrapponibile ai passaggi annui del DEA Maria Vittoria, l’ospedale
torinese con il maggior numero di accessi.
Un dato che emerge annualmente è la descrescita delle richieste nel corso del tempo,
contestualmente all’aumento delle missioni, un paradosso con molteplici spiegazioni ed
interpretazioni, quella principale riguarda l’assenza di risposte alternative sul territorio.
Posta l’’impossibilità di analizzare in questa sede le cause di questo aumento, ne va
tuttavia ribadita l’importanza ai fini della mitigazione del rischio.
Le strategie delle organizzazioni dovrebbero mirare a diminuire il carico delle missioni
invece di incrementarli (R=FxM). Le misure di riduzione agendo sul fattore F
(frequenza), diminuendo la cadenza tra un evento e l’altro e rappresenterebbero un
indice di prevenzione funzionante.
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RICHIESTE TORINO MISSIONI TORINO RICHIESTE PIEMONTE MISSIONI PIEMONTE
2023 2022 2023 2022 2023 2022 2023 2022
300.537 308.820 231.915 230.929 553.333 569.474 428.906 430.486
MEZZI DI SOCCORSO AVANZATO 1 MEZZI DI SOCCORSO AVANZATO
2
TOTALE MSA
2023 18.410 2023 41.504 59.914
2022 18.757 2022 41.475 60.232
Ospedale Accessi totali – dati AGENAS 2015 Tramite 118 – 2015 Percentuale ET118
Maria Vittoria 85621 19947 23%
Giovanni Bosco 71615 13594 19%
Molinette 68398 6878 10%
Martini 67341 11988 18%
Mauriziano 58561 11567 20%
Rivoli 57154 12792 22%
Chivasso 52372 10898 21%
S.Luigi 48835 7481 15%
CTO 47831 4215 9%
Ciriè 47237 7327 15%
Gradenigo 44508 6375 14%
Moncalieri 42822 7538 17%
Ivrea 38362 5946 15%
Chieri 34514 4992 14%
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I dati illustrati e posti in relazione alle tabelle richiedono alcune puntualizzazioni:
diverse postazioni MSA2 nel corso dell’anno 2023 sono rimaste prive del personale
medico, mentre il personale infermieristico è rimasto presente ovunque.
A.O. Mauriziano-Torino TO PIEMONTE 55575
Osp. Martini-Torino TO PIEMONTE 66934
Osp. Torino Nord-Torino TO PIEMONTE 62851
Osp. Riunito Sede Di Ciriè-Cirie’ TO PIEMONTE 46807
Osp. Civile-Ivrea TO PIEMONTE 41522
Osp. Civile-Giaveno TO PIEMONTE 5085
Osp. Di Venaria-Venaria Reale TO PIEMONTE 8721
Osp. Maggiore-Chieri TO PIEMONTE 33517
Osp. S. Lorenzo-Carmagnola TO PIEMONTE 20629
Osp. Civico-Chivasso TO PIEMONTE 53200
Osp. Riunito Sede Di Lanzo-Lanzo Torinese TO PIEMONTE 6734
Osp. Civile-Cuorgne’ TO PIEMONTE 16042
Osp. E. Agnelli-Pinerolo TO PIEMONTE 44585
Osp. Degli Infermi-Rivoli TO PIEMONTE 59439
Osp. Civile-Susa TO PIEMONTE 12399
Osp. Maria Vittoria-Torino TO PIEMONTE 79304
Osp. S. Croce-Moncalieri TO PIEMONTE 41371
A.O.U.U. S. Luigi-Orbassano TO PIEMONTE 46523
A.O.U.U. S. Giovanni Battista Molinette TO PIEMONTE 65671
A.O.U.U. Infantile Regina Margherita-Torino TO PIEMONTE 39198
A.O.U.U. CTO Torino TO PIEMONTE 44673
A.O.U.U. S. Anna-Torino TO PIEMONTE 20974
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Negli anni presi in esame non risultano mai contenziosi rilevanti legati alla
composizione degli equipaggi. In linea generale il numero degli accessi totali dei DEA
e dei Pronto Soccorso è tendenzialmente diminuito nel tempo, mentre sono aumentati i
carichi di lavoro del sistema di emergenza territoriale. Le variazioni sugli accessi totali
dell’anno successivo 2016, rilevano un calo come evidenziato dal Programma
Nazionale degli Esiti. Analizzando l’intera attività del 2020 invece abbiamo una
decrescita generalizzata negli accessi ospedalieri totali rispetto agli anni precedenti.
L’impatto del servizio di emergenza territoriale sulle ospedalizzazioni nel 2020 si
attesta sul 28,6% per decrescere al 22% nel 2022 dove, cessata la fase acuta
dell’emergenza pandemica, assistiamo ad una risalita numerica degli accessi
ospedalieri. Il sovraffollamento, così come lo conosciamo oggi ha origini almeno
trentennali ed è riferibile a più cause, tra queste al primo posto vi è una drastica
riduzione del personale sanitario e dei posti letto ospedalieri.
Ospedali 2020 Accessi totali DEA Accessi EST 118 Percentuale
Molinette 47.181 8.836 19%
Martini 35.450 10.100 28%
Mauriziano 38.136 12.870 33%
Gradenigo 24.432 5.139 21%
Maria Vittoria 57.311 19.500 34%
Giovanni Bosco 48.734 18.438 37%
Rivoli 42.120 14.581 34%
San Luigi Orbassano 28.306 7.813 27%
Susa 10.699 2.723 25%
Confrontando i dati del 2022, in una fase di apparente normalizzazione, possiamo
desumere che i dati percentuali assumano poco significato per determinare i carichi di
lavoro del sistema di emergenza in generale. Rispetto al 2015 si registra un calo
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generalizzato negli accessi ospedalieri ed un incremento costante delle prestazioni del
sistema di emergenza territoriale. Pur con dati parziali ed approssimativi, in media nel
2023 il 118 ha contribuito al sovraccarico degli ospedali con il 18% sul totale. In
relazione alla capienza globale delle strutture ospedaliere sono particolarmente
indicativi gli estremi (32% ex aequo del Maria Vittoria e Giovanni Bosco, rispetto a
circa la metà delle Molinette). Le stesse differenze di recettività tra Maria Vittoria e
Giovanni Bosco meriterebbero alcune considerazioni, parimenti la funzione dei Punti
di Primo Intervento – PPI che potrebbero rappresentare un supporto per sgravare le
strutture ospedaliere limitrofe.
Ospedali 2022 Accessi totali DEA Accessi EST 118 Percentuale
Molinette 62.278 10.979 18%
Martini 62.940 13.500 21%
Mauriziano 51.238 15.183 30%
Gradenigo 36.670 8.059 22%
Chivasso 43.083 12.383 29%
Giovanni Bosco 73.395 22.311 30%
Rivoli 56.800 18.533 33%
San Luigi Orbassano 42.259 9.761 23%
Susa 14.032 3.675 26%
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Ospedali 2023 Accessi totali DEA Accessi EST 118 Percentuale
Molinette 67.413 11.609 17%
Martini 62.895 13.840 22%
Mauriziano 14.623
Maria Vittoria 70.141 22.743 32%
Gradenigo 38.507 8.553 22%
Chivasso 45.725 12.407 27%
Giovanni Bosco 69.160 22.259 32%
Rivoli 59.840 18.530 31%
San Luigi Orbassano 44.612 9.845 23%
Susa 15.012 3.727 25%
Ivrea 35.375 9.683 27%
Cuorgnè 8.758 351 4%
Ciriè 48.990 8665 17%
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CONCLUSIONI
I Mezzi di Soccorso Avanzato, indipendentemente dal numero di professionisti a bordo,
gestiscono qualsiasi tipo di malato dall’età evolutiva a quella senile; quando i servizi
territoriali chiudono, loro li sostituiscono: ADI, cure palliative, psichiatriche, non
rientrerebbero nelle loro competenze eppure questi pazienti vengono interamente presi
in carico dal 118. Oggettivamente, per l’organizzazione intrinseca delle strutture
nessuna realtà ospedaliera schiera professionisti così eclettici, se sull’ambulanza viene a
mancare il medico il servizio procede, se manca un infermiere si ricorre al reperibile.
A riprova di quanto detto basterebbe la scelta di impiego dei medici ospedalieri
gettonisti sui mezzi di soccorso, subordinata alla disponibilità degli infermieri per
l’addestramento degli stessi. Scelta che non ha comportato un aumento dimostrabile
nella qualità delle cure; rimangono tuttora da verificare la conformità alle norme vigenti
sull’orario lavoro e sui costi sostenuti per il loro impiego.
È decisamente irrispettoso il disinteresse dimostrato verso la specializzazione
accademica per gli infermieri del sistema di emergenza territoriale istituita
dall’Università di Torino, alcune aziende della Regione si sono dimostrate molto attente
nelle procedure di assunzione dei colleghi in possesso dei requisiti di specializzazione,
le amministrazioni del capoluogo molto meno, eppure neanche nelle logiche
manageriali più fantasiose alla carenza di ginecologi o pediatri si sopperirebbe con
ortopedici.
Lo stato delle sedi, la conformazione dei mezzi di soccorso, la loro dotazione di bordo
(ad esempio la mancanza dei devices necessari per il trasporto dei bambini) gli scenari
variabili su cui operano professionisti e soccorritori e l’offerta formativa insufficiente
elevano in modo importante la matrice di rischio nell’ambito dell’emergenza
territoriale. Nelle operazioni di soccorso sul campo i professionisti che vi lavorano sono
più soggetti a rischio di altri e per le ragioni descritte sono anche i meno protetti.
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Il tema non riguarda esclusivamente medici e infermieri del sistema sanitario, ma anche
i soccorritori in forza alle organizzazioni di volontariato, la presa in carico del problema
dovrebbe essere quindi globale e sistematica, con la consapevolezza sulla necessità di
investimenti necessari in termini economici, di tempo e fatica.
Un cambio di passo strategico sotto il profilo organizzativo che coinvolga attivamente
anche gli altri enti del soccorso potrebbe mitigare decisamente gli indici di pericolosità
che, giova ricordarlo, non si ripercuotono soltanto sugli attori del soccorso sulle persone
più fragili: i pazienti che vengono quotidianamente assistiti.