Si è levata giustamente l’indignazione dell’Italia democratica per lo spettacolo cui abbiamo assistito a Roma in occasione del tragico anniversario dell’uccisione di due giovani del Movimento sociale avvenuta il 7 gennaio 1978 e passata alla storia come la Strage di Acca Larentia. Uno dei tanti crimini commessi all’interno della lunga catena di violenze commesse con la logica degli opposti estremisti.
Nessuno contesta che ogni parte politica ricordi tragici fatti che hanno costellato le proprie vicende vissute nel corso del percorso della storia moderna italiana che ha mostrato forze e debolezze della nostra democrazia. Quello che è inaccettabile è il rigurgito neofascista che anche in questa occasione è balzato alle cronache nell’assoluta indifferenza delle pubbliche autorità che ben dovrebbero avere a mente il fondamento antifascista della nostra Costituzione e del nostro Ordinamento.
Eppure, questo Governo è nato con la “guerra” ai rave. E alla Scala di Milano si è giunti ad identificare quanti hanno ricordato la tradizione antifascista che ad essa è legata.
Non vediamo altrettanta sollecitudine mentre pesante è il silenzio di chi ritiene di aver adeguatamente preso le distanze dal cosiddetto “fascismo storico”.
Bisognerebbe, invece, essere chiari e conseguenti anche con quello dei “nipotini” dei giorni nostri. Sono come i famosi giapponesi rimasti isolati nella jungla per più di vent’anni senza sapere che la guerra fosse finita. Chi ha giurato fedeltà alla Repubblica antifascista al momento di assumere la guida del Paese dovrebbe sentire il dovere di ricordare loro che, appunto, la “guerra” è finita con il 25 aprile di tanti anni fa.