The Guardian non è nuovo a clamorose inchieste che mettono sulla graticola il mondo politico britannico. Nessuno parla di “giustizia ad orologeria” o contesta al giornale londinese, o alla stampa in generale, di fare il proprio mestiere senza stare a guardare i tempi e gli interessi della politica.

Adesso è stata la volta di una rivelazione su un gruppo di parlamentari, sarebbero più di una cinquantina che avrebbero detenuto segretamente partecipazioni in società quotate in borsa. Anche se secondo le regole parlamentari, le ultime sono del 2015, queste partecipazioni non debbono segnalate nei registri parlamentari se singolarmente per ogni società coinvolta esse non superano il 15% del valore azionario o siano inferiori a 70 mila sterline.

In ogni caso, le organizzazioni che si battono per la trasparenza dei politici sollevano interrogativi su possibili conflitti di interesse e ritengono che la conoscenza delle partecipazioni azionarie dei parlamentari costituisca una salvaguardia fondamentale contro un possibile abuso da parte delle cariche pubbliche

The Guardian fa i nomi di esponenti in carica di tutti i partiti, come dell’ex Primo ministro Fiona May e ricorda che l’attuale Primo ministro, Rishi Sunak, aveva una partecipazione finanziaria in National Grid fino a due giorni prima di essere selezionato come candidato conservatore nel suo collegio elettorale, quando avrebbe collocato le sue partecipazioni in un “blind trust”.

Per quanto riguarda la ex Premier Fiona May, The Guardian riconosce che le sue quote sono al di sotto della soglia delle 70.000 sterline, ma sostiene che l’indagine avrebbe rivelato apparenti conflitti di interesse, visto che risulta essere stata proprietaria di azioni di una società con i cui dirigenti le è capitato di avere incontri quando era Segretaria di Stato agli interni. E che, contemporaneamente, anche il marito, Philip May, deteneva azioni della stessa  società senza che ciò fosse di pubblica conoscenza.

 

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