«Non si può comprendere la storia dell’Italia repubblicana a prescindere dalla figura determinante di Aldo Moro», scrive lo storico Guido Formigoni, autore della più aggiornata biografia dello statista, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978 a quasi due mesi dal sequestro ed eccidio di via Fani, costato la vita a tutti gli uomini della sua scorta.

Antonio Secchi, che di Moro fu giovane allievo a Roma nel corso di Istituzioni di Diritto e Procedura Penale a La Sapienza, quel giorno aveva fretta di raggiungere il terminal dell’Alitalia per non perdere l’aereo che l’avrebbe riportato a Cagliari. «Uno strano silenzio aleggiava nella zona», scrive «e d’intuito mi diressi verso Piazza del Gesù fermandomi di fronte a una folla che premeva sulle transenne all’ingresso di via Caetani. Scorgendo l’auto, abbandonata non molto lontano, non riuscii a dominare un pianto irresistibile ripetendo “Non è possibile, è assurdo”».

È uno dei passaggi più toccanti del volume “Ri-animare la nostra politica – Una nuova sfida per i cattolici” che Secchi, a distanza di quarant’anni, ha voluto dedicare ad Aldo Moro dando alle stampe un breve epistolario («appena cinque lettere, scritte a mano come purtroppo non usa più nel tempo dei computer») ma dove c’è «tutto Moro, a conferma che il tutto in un frammento è possibile».

Unico della sua classe del liceo Siotto a scegliere Scienze Politiche, Antonio Secchi è folgorato dalla personalità di Moro («puntualità e pignoleria»), dalla sua statura umana («al termine delle lezioni si fermava sempre a parlare con tutti») e professionale, «quelle riflessioni a cerchi concentrici per giungere a una puntuale definizione dei concetti giuridici».

Nasce un dialogo «disinteressato e cordiale», per usare le parole di Moro, condiviso senza diritto di primogenitura con tutti gli studenti che a lui si aprivano con pudore e rispetto. Un carteggio definito dalla figlia Agnese – che firma l’introduzione al libro – «profondamente commovente e incoraggiante per tutti noi» perché in quelle poche righe emerge il richiamo, alto e forte, del politico ma anche dell’uomo di Chiesa, ai giovani (pare di sentire il grido di Giovanni Paolo II alle Giornate Mondiali della Gioventù) e alla loro «vocazione alla grandezza» perché costruttori della nuova civiltà.

Moro dunque profeta politico, attuatore del metodo pastorale che fu dell’Azione cattolica (“vedere, giudicare, agire”) che scrive, dalla prigionia all’allora segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini «Io ci sarò ancora». Eppure, un recente sondaggio condotto nel mondo della scuola, effettuato su 11 mila studenti, ha rivelato che il 35% dei nostri ragazzi ignora chi sia Aldo Moro.

Tornando, anni dopo, a posare dei garofani rossi su quella lapide bronzea col volto di Aldo Moro assieme alla figlioletta Elisa, alla bambina che osservava attenta gli occhi lucidi del papà e che chiedeva “chi era questo signore?”, la risposta fu: «Lo imparerai a scuola studiando la Storia d’Italia».

Questo, solo questo, allora l’obiettivo di un “quaderno d’appunti” rivolto ai giovani (ma non solo) allo scopo di ri-animare la politica, etimologicamente di ridarle un’anima, di farla uscire da un colpevole torpore che non vede esente neanche l’istituzione ecclesiastica. Ecco allora il senso del sottotitolo “Una nuova sfida per i cattolici” e quella pungente, ancorché caritatevole, dedica ai vescovi «perché rifiutino la sindrome dell’indifferenza» e, facendo propri gli auspici del cardinal Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, «colgano la sfida che avanza nella politica italiana aiutando coloro che sentono che, senza l’impegno pubblico, la loro fede non è pienamente realizzata».

Il volume è stato presentato lunedì 25 marzo alle 18 nella Sala Benedetto XVI del Seminario diocesano di Cagliari, presente l’autore, con gli interventi dell’arcivescovo Arrigo Miglio e del direttore emerito dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian.

Paolo Matta

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