Nella piccola biblioteca di casa tengo da tempo in vista un libro, ricordo delle letture giovanili, di John Kenneth Galbraith, consulente economico di Kennedy, dal titolo: “L’età dell’incertezza”. Ebbene, oggi viviamo fra tante incertezze.
Incertezze e difficoltà nei rapporti con le istituzioni ed anche incertezze, molte, da parte delle pubbliche istituzioni. A livello nazionale pur trovando cittadinanza e ascolto nel governo, nella Presidenza del Consiglio, nel Ministero della Salute, nell’Agenas, nei gruppi parlamentari e nei partiti, registriamo però la scarsità di risposte alle nostre proposte e istanze. Con le altre associazioni del nostro settore abbiamo formulato suggerimenti su gran parte dei provvedimenti governativi e parlamentari, in modo particolare durante il drammatico periodo della pandemia. Gli interlocutori istituzionali trovano in Uneba non una lobby con richieste più o meno palesi ma una associazione che pone alla loro attenzione proposte di carattere generale che semplicemente offrono soluzioni concrete e realistiche necessarie per poter continuare a svolgere da parte dei nostri enti un pubblico servizio sanitario e sociosanitario. Perché di pubblico servizio si tratta.
Non è facile per noi muoverci nelle difficoltà attuali, fra l’incertezza degli interlocutori politici e la scarsa flessibilità degli apparati burocratici. Non è facile individuare obiettivi e mete percorribili sostenute dal necessario consenso, e non basta muoversi fra i marosi della quotidianità con interventi tampone rincorrendo i problemi. Ecco perché dobbiamo iniziare da noi, dai nostri pronunciamenti, dalle nostre prese di posizione e cercare possibili convergenze con le altre associazioni iniziando da quelle a noi più vicine per cultura e tradizione.
Incertezze ai livelli regionali. Qui la casistica richiederebbe intere giornate di approfondimento. Anche le regioni, purtroppo, considerano il socio-sanitario-assistenziale un mondo di serie B.
Dal congresso devono partir delle proposte al Parlamento e alle regioni di modifiche legislative quali: l’estensione del bonus del 110% agli enti religiosi, oggi consentito, dietro nostra richiesta solo alle ONLUS agli Odv , e la proroga dei termini dal 2022 al 2023 ( come per gli ex Iacp), la proroga per gli infermieri extra comunitari, per l’adeguamento alle norme antisismiche; e proposte in tutte le regioni per poter impiegare, dopo adeguata formazione, gli OSS specializzati con la terza S.
Domani queste proposte verranno illustrate dalle commissioni giuridica e fiscale e successivamente le condivideremo con le altre associazioni.
E non a sufficienza sono state e vengono prese in considerazione le valutazioni e proposte Uneba dal Forum del terzo settore, di cui ne facciamo convintamente parte. Più volte, anche con altre associazioni, abbiamo richiamato l’attenzione sulle necessità del vasto e variegato mondo del sociosanitario e assistenziale, ma sembra che l’attenzione del portavoce e del coordinamento sia stata rivolta altrove. Ci auguriamo che i nuovi responsabili di prossima nomina ascoltino le richieste di tutti in modo equilibrato. Da parte nostra si dovrà privilegiare ed evidenziare posizioni chiare senza continue mediazioni al ribasso. Dal consiglio nazionale del terzo settore, pur avendo profuso con i nostri autorevoli rappresentanti, Giordano, Degani e Petrillo, il massimo impegno non sono arrivate in questi anni risposte soddisfacenti. La riforma del terzo settore avviata con la legge del 2016 non è ancora conclusa mancando decreti importantissimi per i nostri enti e, per citarne uno, quello relativo alla normativa fiscale.
E’ necessario anche da parte nostra superare le incertezze e limiti della nostra organizzazione anche ai livelli territoriali.
Non tutte le indicazioni contenute nel documento finale del congresso di Padova hanno trovato applicazione. C’è molto da fare, e il terremoto della pandemia che ha investito la nostra società, i nostri modi di vivere e le nostre abitudini ha lasciato il segno in modo particolare nella sanità. E dobbiamo quindi adeguare e cambiare nel futuro i nostri comportamenti. Il SSN universale e la sua sostenibilità e il Servizio sociosanitario nelle varie articolazioni dovrà essere affidato nei diversi servizi, con pari dignità e opportunità, al pubblico, al privato e al terzo settore no-profit. Il no-profit non è come gli altri attori, ma ha qualcosa in più, necessita di qualcosa in più, anche se, giustamente deve sottostare alle regole e alla sempre più invadente burocrazia.
Ma abbiamo delle certezze che dobbiamo cercare nella storia della nostra associazione, nelle vicende storiche dei nostri enti che affondano le radici nei decenni e nei secoli scorsi, radici profonde, solide, fatte di valori, di insegnamenti e di esperienze. Nella presentazione della pubblicazione curata da Maurizio Giordano, L’Uneba nella storia dell’assistenza ho riportato quanto mons. Mario Puccinelli, allora assistente ecclesiastico dell’Istituto Cattolico Attività Sociali, scrisse al I° congresso nazionale Uneba del 1950, a proposito della “cultura Uneba”. Cultura Uneba rafforzata, nel corso della nostra storia, dai messaggi e dalle sollecitazioni della Chiesa italiana e dai Pontefici, come ha ricordato Maurizio Giordano nel suo video intervento Ricordo monsignor Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato Vaticana, fra i protagonisti, nell’immediato dopoguerra, della ricostruzione civile, morale, sociale, istituzionale, economica e politica dell’Italia. Paolo VI fu sempre, anche negli anni successivi, vicino alla nostra associazione.
Basterebbe richiamarci alle nostre origini, approfondire e commentare quanto scritto negli anni per formulare un completo progetto e programmi per la nostra associazione. Ma quale è il progetto culturale , che messaggio vogliamo dare per il futuro, per quale persona titolare di diritti e doveri operiamo, quale contributo alla giustizia sociale e alla parità oltre alle pari opportunità? Cura delle persone fragili nel solco della dottrina sociale della Chiesa e delle sue opere che faticano a continuare nella testimonianza di carità. L’Uneba è cambiata nei 70 anni, si è aggiornata, Ma basta? E’ necessario fare di più. Perché il lavoro intenso di iniziative e di attività di questi anni pur essendo stato vasto non è sufficiente se vogliamo rappresentare al meglio i nostri enti e, essendo l’Uneba la associazione più longeva e rappresentativa, abbiamo una responsabilità e un dovere maggiore nel far crescere, come recita il titolo di questo nostro congresso nazionale: “ la rete dell’accoglienza”. Si rete dell’accoglienza. In quasi tutti i titoli dei nostri precedenti congressi c’era il riferimento all’assistenza. Passare “ dall’assistenza” “all’accoglienza” non è un semplice aggiornamento verbale: è una precisa indicazione programmatica. Così come lo è il passare dal “curare “ al “prendersi cura”. Ed è oltremodo impegnativo il sottotitolo del congresso: “oltre l’individualismo verso la comunità”. E ciò non è solo indicativo del modo di modificare le nostre azioni ed i nostri comportamenti, ma è una necessità improrogabile. La pandemia, ma anche la presenza sempre più pressante di enti commerciali che entrano nel settore dell’assistenza e fondi italiani ed esteri che vi investono pesantemente) ci obbligano a cambiare. Ma non a cambiare per sopravvivere ma a cambiare per migliorare.
Nonostante il periodo della pandemia abbiamo cercato in questi anni di affrontare nei convegni nazionali unitamente alle iniziative regionali e provinciali diversi tematiche: a Catania si è parlato dei minori, a Torino della disabilità, a Milano dell’assistenza domiciliare, a Lucca di psichiatria riabilitativa, a Rimini degli anziani, a Padova del volontariato. E non cito le numerose occasioni di approfondimento offerte localmente da iniziative regionali e provinciali. Ma ciò è stato possibile in modo particolare per la sensibilità culturale e la capacità organizzativa della commissione formazione coordinata da Andrea Blandi, ma soprattutto per la disponibilità dei nostri presidenti regionali e provinciali che hanno offerto il necessario supporto locale. La pubblicazione curata da Tommaso Bisagno, distribuita ai delegati ricorda le iniziative nazionali fatte in questi anni. Tutti noi abbiamo apprezzato la professionalità e la tempestività di Tommaso nostro responsabile della comunicazione nel fornirci notizie e per informare tutti coloro che accedono al sito Uneba e alla newsletter
E domani ascolteremo la relazioni delle commissioni nazionali. Coordinate da Suor laura Airaghi, da Andrea Blandi, da Ernesto Burattin, da Luca Degani, da Giovani di Bari, da Francesco Facci, da Giuseppe Grigoni , da Fabrizio Ondei, e da Marco Petrillo E ascolteremo Virginio Brivio per un approfondimento sulle future opportunità offerte dal PNRR. (Le commissioni hanno offerto agli associati aiuto, consulenza e documenti utilissimi e con spunti culturali e proposte. Documenti che hanno fatto crescere la nostra associazione. E’ stato un supporto e un lavoro organizzativo offerto gratuitamente con grande generosità e convinta partecipazione. E mi sembra doveroso ed opportuno dire ai delegati al congresso che, tutti i dirigenti di questa nostra grande famiglia, dal presidente nazionale a tutti i consiglieri provinciali, operano in Uneba gratuitamente, senza alcun compenso. E’ la caratteristica di Uneba da sempre, che intendiamo mantenere.
Le terribili vicende vissute durante la pandemia resteranno perennemente nelle nostre menti. E le conseguenze negative e i molteplici problemi emersi ci accompagneranno nei prossimi anni. Ricordiamo le tante difficoltà affrontate quotidianamente nelle nostre strutture: la carenza di dispositivi di protezione, di personale, l’assenza di supporto dalle Asl, le visite ispettive delle autorità sanitarie, dei NAS e le richieste delle procure. Ma abbiamo fatto fronte all’emergenza grazie soprattutto alla disponibilità ed all’impegno veramente ammirevole di tutto il personale sanitario e amministrativo. La pandemia ha mostrato i limiti di una visione tipicamente ospedalocentrica e le criticità dovute alle mancate integrazioni fra sanitario, sociosanitario e sociale. E siamo quindi chiamati per il presente e per il futuro, tutti, pubblico e privato, profit e no-profit ad un cambio di prospettive almeno per quanto riguarda gli ambiti socio-sanitari. E’ necessario sviluppare sistemi sanitari rispondenti ai nuovi bisogni delle comunità, potenziare le cure domiciliari, la telemedicina, la prevenzione. Ed è anche da ripensare il ruolo della residenzialità: l’istituzionalizzazione, lo sappiamo, è la principale risposta a condizioni di salute che richiedono cure continuative sul piano clinico ed assistenziale. E, purtroppo, l’enfatizzazione delle cure domiciliari, sostenuta da qualcuno e da noi criticata perché posta in alternativa alla residenzialità, ha portato alla scrittura del PNRR con contenuti non rispondenti ai reali bisogni delle persone non autosufficienti. Gli investimenti previsti per le reti di prossimità (case della comunità e ospedali di comunità) sono, a nostro avviso, un sforzo aggiuntivo e non sostitutivo agli investimenti nella residenzialità (dati europei). Che risposte diamo, ad esempio, ai 2 milioni e 700 mila anziani over 80 che vivono da soli? Le RSA sono al centro delle cure a lungo termine, ma devono sempre più trasformarsi in centri multiservizi che promuovano la prevenzione in ambito geriatrico, eroghino servizi di assistenza nei centri diurni, assistenza domiciliare e assistenza per la comunità, garantiscano residenzialità post-acuta e prestazioni ambulatoriali. Avremmo desiderato ascoltare qualche decisa e forte presa di posizione in favore delle RSA da parte di mondi a noi vicini. A favore delle residenze per anziani e disabili parlano in modo inequivocabile non solo i numeri attuali e futuri ma la storia di tante realtà, la storia decennale e secolare di molti nostri enti associati, le profonde radici cristiane, le tante opere di vicinanza e di accoglienza a favore dei malati, degli anziani, dei minori, delle persone con disabilità. Abbiamo il diritto e il dovere di difendere questi esempi di carità cresciuti e radicati nelle nostre parrocchie, nei nostri comuni. E continueremo a difendere questo grande patrimonio di solidarietà.
Mi sono soffermato sul mondo degli anziani. Ma le difficoltà affrontate in questi mesi valgono per tutti i settori nei quali operano i nostri enti. I centri diurni, le residenze per persone disabili, le comunità per le dipendenze, le comunità e i centri di assistenza per minori. E richiamo le relazioni difficili con le autorità sanitarie e sociali, le normative nazionali, regionali e locali non sempre compatibili fra loro ed emanate quasi sempre in ritardo sull’incalzare degli avvenimenti, le sospensioni dell’attività, le remunerazione dei servizi incerte e insufficienti, i bilanci disastrosi. E tanti altri problemi quotidiani affrontati con grande spirito di servizio dai nostri operatori, che dobbiamo sostenere di più, motivare di più. Sono loro che quotidianamente sono impegnati nella cura e nella vicinanza alle persone fragili. Sono loro il nostro capitale.
E durante la pandemia grande attenzione è stata riservata alla sicurezza dei lavoratori e degli ospiti. La presenza al congresso del presidente dell’INAIL è significativa. E qualche difficoltà l’abbiamo registrata con i dipendenti delle nostre istituzioni, per l’incertezza normativa e per la indecisione delle rappresentanze sindacali dalle quali ci saremmo aspettati di più. Spiace registrare, anche in queste settimane, una fuga dalle responsabilità di una parte del sindacato nei mesi drammatici della pandemia. Ricordo in questa sede congressuale che l’Uneba, da sempre, ha scelto di privilegiare a livello nazionale e locale il dialogo e il confronto con Cgil, Cisl e Uil. Ho più volte ringraziato, ma lo ripeto qui la delegazione che ha trattato per Uneba il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro, guidata magistralmente da Ernesto Burattin da Alessandro Palladini e da Valeria Gamba che coordina anche lo staff del servizio SAIL. Il contratto ha dotato i nostri enti di strumenti normativi moderni, attuali e lungimiranti. Cito solo gli articoli sull’assistenza domiciliare. Il contratto Uneba è l’unico contratto nazionale a prevedere norme sull’assistenza domiciliare. E questo è stato scritto prima del Covid. E più compiutamente e con maggiore efficacia c’è da migliorare l’assistenza sanitaria integrativa e non è più rinviabile un preciso pronunciamento contrattuale sulla previdenza complementare. Spiace constatare che l’opportunità offerta dal contratto di welfare territoriale e aziendale sia stata presa in scarsa considerazione . Welfare che qualifica l’intero impianto contrattuale, ed è un beneficio per i dipendenti e per gli enti.
E’, il nostro contratto, il più adatto e rispondente alle esigenze organizzative tipiche del variegato mondo del sociosanitario e assistenziale. Non siamo contrari a valutare l’ipotesi di un contratto unico per il settore sociosanitario e assistenziale purchè non si facciano passi indietro. Non lo diciamo solo noi, ma ci è riconosciuto sul campo, da chi lo applica quotidianamente. Per l’eventuale nuovo contratto di settore non si potrà che partire dal contratto Uneba. E questo le organizzazioni sindacali e le altre associazioni lo sanno.
In questi anni abbiamo partecipato attivamente alla Consulta delle Opere ecclesiali, a Retinopera e dialogato con le associazioni che ne fanno parte. Con l’ufficio nazionale della pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana cooperiamo con sempre maggiore intensità. Con queste associazioni siamo cresciuti, insieme, nella consapevolezza dell’importanza e della necessità che le opere e istituzioni cattoliche e di ispirazione cristiana mantengano vivo il messaggio di solidarietà umana e cristiana e operino coerentemente e con continuità nel perseguire gli obiettivi della missione in favore dei bisognosi, degli ultimi e dei dimenticati, ponendo sempre al centro la persona.
Ma ora guardiamo al futuro. C’è molto da fare. Dobbiamo interpretare e rispondere in modo flessibile ai crescenti bisogni delle persone fragili e delle loro famiglie per migliorarne la qualità di vita. Non cito i dati attuali e futuri, che tutti conosciamo. E’ richiesto a tutto il sistema, pubblico e privato e in modo particolare al no-profit un aumento di attenzione alle fragilità, alle solitudini e alle povertà talvolta nascoste, un aumento dei percorsi di ascolto, di prevenzione e di riabilitazione. E questa sfida richiede nuove idee, ulteriori investimenti anche nelle nuove tecnologie. Qualche ritardo nei processi di digitalizzazione c’è. E non dobbiamo contare solo sulle risorse del PNRR. Porre attenzione alla domanda di cura e di assistenza; l’offerta dei servizi deve adeguarsi per rispondere in maniera appropriata ai bisogni delle persone e non privilegiare le opportunità di guadagno. La dignità delle persone fragili deve essere centrale nei nostri pensieri e nella nostra azione.
Nei prossimi mesi parteciperemo, ed è nostro dovere morale e civico, alla riforma del settore sociosanitario, o meglio alla definizione della nuova rete del sistema sociosanitario, e dovremo cogliere le opportunità offerte dal PNRR e dalle legislazioni nazionale e regionali. E il nostro apporto di idee e di azione sarà, come lo è da tempo, fondamentale per la costruzione di reti territoriali di cure per tutti, universale, come recita il dettato costituzionale, di servizi di prossimità che coinvolgano tutte le componenti del SSN. E non si potrà prescindere dalle RSA, purtroppo nei mesi scorsi demonizzate da qualcuno. Le RSA sono, a pieno titolo, inserite nella rete assistenziale. Certo RSA come centri multiservizio come già stanno facendo molti nostri enti.
Siamo stati riconosciuti dal ministero de lavoro come rete associativa nazionale e facciamo parte del consiglio nazionale del terzo settore. Con questo riconoscimento si prospettano per l’Uneba interessanti e utili opportunità che porteranno certamente ad un aumento degli associati ma soprattutto ci offrirà la possibilità di esercitare, oltre alle nostre attività attuali, “la promozione e lo sviluppo delle attività di controllo, anche sotto forma di autocontrollo e di assistenza tecnica nei confronti degli enti associati”, come da compito che la Riforma del Terzo Settore affida alle reti associative. Sarà compito del nuovo consiglio nazionale e delle commissioni rendere concreta questa opportunità. Così come riprendere le iniziative convegnistiche sulla malattia di Alzheimer e telemedicina già programmate ma rinviate per la pandemia.
Sono stati più volte richiesti dagli associati supporti all’attività formativa da affiancare a quanto alcune, ma solo alcune federazioni regionali già attuano con continuità. Mettere in rete le iniziative consolidate è una opportunità da cogliere con il supporto anche dell’Università del Terzo Settore, la cui nascita è stata incoraggiata dalla nostra associazione. Attività formativa necessaria anche per la corretta applicazione del nostro contratto nazionale.
E potrei continuare ma lascio domani ai coordinatori delle commissioni il resoconto di quanto fatto e le proposte per il futuro.
Il supporto consulenziale di esperti nelle varie discipline, fiscale, giuridico, giuslavorista e organizzativo ha aiutato i nostri associati, particolarmente quelli di piccole e medie dimensioni a districarsi ed orientarsi nelle leggi e nelle normative nazionali e regionali la cui produzione, temo, continuerà a ritmi e volumi di cui non ne sentiamo il bisogno.
La auspicabile riforma dell’assistenza spero trovi una definizione concreta in breve tempo. Una legge quadro serve, è indispensabile se si intende porre ordine nell’intero comparto e si dovrà finalmente dare attuazione ai LEA sanitari e, aggiungo ai LEA sociali.
E’ vero, in Uneba sono aumentati gli enti associati, le attività e le iniziative sono cresciute, abbiamo preso posizione su ogni proposta di legge e proposta normativa, abbiamo collaborato e intensificato i rapporti con le associazioni nostre sorelle, ma non abbiamo fatto abbastanza. Si poteva fare di più. Si sono scontati i limiti le carenze, a partire dal sottoscritto e le ridotte disponibilità dell’associazione. Non abbiamo raggiunto tutti i risultati che ci eravamo prefissati. Le disparità fra le diverse federazioni regionali ha ridotto la capacità di azione complessiva e l’impegno che ci eravamo presi nell’ultimo congresso di Padova di favorire gemellaggi fra le regioni non è stato attuato.
Ho inteso e intendo il ruolo e la funzione del presidente nazionale come quella di un regista. Ma il copione, gli attori e quant’altro serve alla rappresentazione deve essere frutto di un lavoro comune. Certo, mi rendo conto di fare una affermazione in contro tendenza. Sappiamo che in ogni campo della vita associata, oggi, la personalizzazione fa premio sulla collegialità. Su questo ci farà riflettere e meditare domani il vescovo Maurizio Gervasoni che ringrazio per aver accettato di partecipare al nostro congresso e di tenere la relazione principale.
Nella società, tutta, lo spot è più importane dell’approfondimento. Sollecitare le emozioni è più facile che far ragionare. Rimbalziamo da un clik all’altro con ansia e forse ci scambiamo qualche messaggio di troppo. Anche noi, chi più chi meno, siamo vittime di queste compulsioni. Voglio qui ricordare, con riconoscenza, due persone che considero miei maestri, che hanno lasciato il segno nella nostra associazione: l’avvocato Bassano Baroni e il dottor Giuseppe Restelli. Mi hanno insegnato, ci hanno insegnato, ed hanno testimoniato nella loro vita con i loro comportamenti che è più importante essere che apparire. Certo, sappiamo tutti che è più facile apparire che essere. Ma dobbiamo impegnarci a far seguire alle parole i fatti.
Voglio ricordare a tutti il nostro statuto che prevede ai livelli provinciale, regionale e nazionale l’elezione dei presidenti da parte dei rispettivi comitati. E anche il nostro statuto sembra in contro tendenza, ma ritengo debba restare così e non cambiare. L’elezione indiretta è presupposto e garanzia di collegialità.
Consentitemi infine di ringraziare: Maurizio Giordano, nostro presidente onorario sempre presente con i suoi autorevoli e preziosi consigli, e per questo chiedo ai delegati la sua riconferma come presidente onorario di Uneba nazionale; ringrazio Severino Cantamessa, Salvatore Caruso e Carlo Alberto Orvietani vicepresidenti nazionali, che hanno guidato con me e con passione la nostra associazione; Luciano Conforti, nostro segretario generale che ha vigilato con competenza e professionalità sulla nostra organizzazione; Alessandro Baccelli, tesoriere, che oltre ad aver tenuto i conti in ordine ha consentito lo svolgimento delle diverse iniziative; il Comitato Esecutivo; i presidenti regionali e provinciali; Tommaso Bisagno e i redattori di Nuova Proposta; gli sponsor che ci sostengono, la fondazione Amplifon e la Fondazione per il dono; e non per ultime un particolare ringraziamento a Daniela Lupi e Flaminia Conforti della segreteria nazionale che ci hanno e mi hanno supportato e sopportato.
Certamente avremmo potuto fare di più. Quando si osserva il lavoro compiuto, la soddisfazione per le iniziative portate avanti e gli obiettivi raggiunti è accompagnata dal rimpianto di una o più omissioni e di scelte che si sarebbero potute fare in maniera diversa. Con questa ultima considerazione Il consiglio nazionale uscente si sottopone alle valutazioni e al giudizio del congresso. Grazie e buon lavoro.
Franco Massi
Lignano Sabbiadoro, 7 ottobre 2021