Tra le soverchianti scene di vera e propria guerra colpiscono le immagini delle donne dell’Ucraina.

Mamme, mogli, figlie che vivono un dramma nel dramma della separazione, della fuga disperata verso il niente. Spesso sole con i loro figli. Che devono portare al riparo mentre i mariti vanno alla guerra e i loro vecchi genitori sono costretti a rimanere rintanati nelle cantine.

Così, in televisione vediamo soprattutto donne senza più lacrime, fiere e compunte, che hanno a mala pena potuto riempire un borsone con le poche cose racimolate in fretta e furia. A tante di loro, e ai loro figli, sono rimasti solamente i vestiti che hanno addosso.

Resta loro quel legame flebile rappresentato dal telefonino. Fino a quando dall’altra parte si potrà rispondere.

Nel giro di pochi mesi siamo passati dalle donne dell’Afghanistan, a proposito delle quali ci siamo interrogati sui diritti, a quelle dell’Ucraina per le quali si pone il problema persino dell’esistenza loro e del futuro della loro famiglia. Sappiamo che già oltre un milione e mezzo di ucraini hanno dovuto lasciare le loro case, i luoghi degli affetti e della memoria. La maggioranza di loro è composta da donne che non possono fare altro che stringere a sé i loro bambini.

Un 8 marzo davvero amaro e sul quale non si riesce a spendere troppe parole.

 

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