Riprendo il filo del discorso laddove l’ho interrotto qualche giorno fa (CLICCA QUI).
Accennavo alla famiglia “come luogo primario della vita e degli affetti delle persone, ambito della generazione dei figli e del futuro di una comunità, trovi tutela, sostegno e promozione da parte dello Stato e di tutti gli organi pubblici”.
Oggi molte madri di famiglie sono costrette a lavorare fuori dall’ambito territoriale in cui vivono e il valore della loro missione di madre non viene riconosciuto.
A livello di vita lavorativa la Famiglia deve essere supportata adeguatamente nella crescita e nella formazione dei piccoli con l’impiego di personale specializzato in campo socio-psicologico, oltre che educativo, all’interno di pubbliche istituzioni ed aziende private.
Se è vero-. come ritengo che sia vero- che la famiglia costituisce la “spina dorsale del Paese”, è opportuno che la politica faccia il proprio dovere riprendendo in mano le redini del comando affinché, in un clima di concertazione con le parti sociali, con il mondo imprenditoriale, con le istituzioni, ridisegni uno stato sociale sopportabile che metta al centro dei problemi quelli della famiglia.
E’ il momento in cui da parte del legislatore e dei governanti vengano approvate ed emanate norme che: favoriscano l’armonizzazione tra lavoro e famiglia creando asili nido all’interno di aziende ed uffici; che sostengano le famiglie in difficoltà nell’ambito della salute (razionalizzazione territoriale dei ricoveri, acquisto di farmaci e sussidi sanitari senza pagamento di ticket); che favoriscano equità fiscale.
Per questo più aiuti alle aziende che organizzano, al loro interno, servizi di assistenza ai figli dei lavoratori dipendenti. Oggi molte donne abbandonano il posto di lavoro dopo la maternità per la mancanza di asili nido. Dal 2001 al 2021 le dimissioni delle madri sono raddoppiate passando da 17mila a 37mila senza considerare che l’11per cento delle donne in Italia non ha mai lavorato per prendersi cura dei figli. Nel 2022 hanno lasciato il lavoro circa 44mila mamme e padri entro i primi tre anni dalla nascita dei figli (relazione Ispettorato Nazionale del lavoro.) – Dopo la nascita di un figlio 1 donna su 5 – tra i 18 e i 49 anni – non lavora più. E tal proposito è il caso di citare, quale esempio virtuoso, quello del Gruppo Mondadori che ha rafforzato – con Mondadori Care – l’impegno per la promozione di una cultura aziendale sempre più inclusiva con il piano aziendale che mette al centro il concetto di cura nel significato più esplicito ed ampio, come cura di sé, dei propri figli, dei propri genitori e della società.
Per non parlare di aiuti alle famiglie in difficoltà per l’assistenza agli anziani non autosufficienti o totalmente inabili. Anche qui il c.d. assegno di accompagnamento andrebbe rivisto e maggiorato: per poter ricoverare un inabile all’interno do una casa di cura non bastano 1.200/1.500 euro al mese. Non più bonus a pioggia senza un progetto mirato per la famiglia e per le imprese che si adoperano per il benessere della stessa.
In conclusione, poiché la famiglia costituisce la cellula vitale della società che custodisce e trasmette valori e principi e come tale deve promuovere il bene comune, dobbiamo evitare che la stessa sia vittima delle ingiustizie e delle manchevolezze dello Stato e delle sue Istituzioni che hanno il compito precipuo di difenderla e rafforzarla nei diritti, accoglierne le istanze, di sostenerla nei doveri di solidarietà e di sussidiarietà, incoraggiarla per affrontare l’attuale momento storico economicamente sfavorevole che stiamo vivendo, per una società più equa e più giusta.
Mario Antenucci