Per accogliere le persone in fuga dal conflitto scatenato dalla Russia, lo Stato italiano ha aggiunto anche questa possibilità: dei 17.000 posti circa che il Terzo Settore metterà a disposizione, 4.463 saranno in famiglia. E anche Refugees Welcome sarà coinvolta, all’interno di un progetto presentato dall’ARCI nazionale.
In questo articolo vi raccontiamo la risposta dell’organizzazione alla crisi ucraina, tra continuità e cambiamento. Il pezzo si aggiunge ai più ampi ragionamenti che stiamo realizzando sul sistema di accoglienza italiano di fronte alle conseguenze della guerra in Ucraina.
Gli strumenti per lavorare sull’entusiasmo
Refugees Welcome Italia nasce nel 2015. Durante la cosiddetta crisi dei rifugiati, in parte legata alla guerra in Siria, alcuni cittadini decidono di aprire le porte delle loro abitazioni ai migranti. Da allora, Refugees Welcome si è andata strutturando e, sul suo sito (CLICCA QUI)sito, si legge che oggi è “una organizzazione indipendente che promuove la mobilitazione dei cittadini per favorire l’inclusione sociale di rifugiati, rifugiate e di giovani migranti”.
“Siamo una risposta della società civile organizzata: diamo strumenti per mettere a valore la voglia di protagonismo dei cittadini rispetto alle migrazioni”, riprende Musicco. “Abbiamo una metodologia codificata con delle linee guida multidisciplinari. Alle persone accolte, proponiamo progetti personalizzati, ma all’interno di una cornice che favorisce relazioni significative. Da queste, passa l’integrazione”, spiega la direttrice. Refugees Welcome, che ha uno staff centrale e dei gruppi locali, è attiva in 30 città e, da quando è nata, ha accolto circa 400 persone.
Numeri piccoli che, con la guerra in Ucraina, sono esplosi.
“Tra il 2015 e l’inizio del 2022, avevamo avuto 9.200 famiglie che si erano iscritte alla nostra piattaforma, dando la disponibilità di ospitare. Dallo scoppio della guerra in Ucraina il 24 febbraio a metà aprile, ne abbiamo contate 4.250. Un record”, racconta Musicco. disponibilità dei cittadini ad accogliere sono arrivate anche a molti altri enti, tra cui i Comuni, che non sempre sanno come gestirle.
Per la lettura completa dell’articolo CLICCA QUI
Paolo Riva