Adesso se le danno di santa ragione. Dopo il “contratto”, il ”Governo del cambiamento”, lo scambio tra reddito di cittadinanza e quota cento per le pensioni, il tira e molla sulla TAV, adesso piovono mazzate.

Di Maio piagnucola e da di ”giullare” a Salvini il quale strapazza Conte e chiede i pieni poteri: dichiarazione agghiacciante. Forse non se ne rende nemmeno conto, ma con questa richiesta ci riporta al 1922 quando Mussolini chiese la delegazione dei pieni poteri al Governo, al quale rispose inutilmente Giacomo Matteotti nel suo  discorso in Parlamento ammonendo che tale concessione avrebbe segnato “ il precedente più pericoloso”. Anche oggi, come a quel tempo, il governo era debole e occupato da consorterie rissose, a parte qualche galantuomo.

Le opposizioni fanno buon viso a cattivo gioco, in piena crisi di identità a cominciare dal PD. Si dice pronto al confronto elettorale ma parte da un venticinque per cento al massimo. Per non parlare di Forza Italia che addirittura è in crisi di sopravvivenza e parte ancora più indietro. Solo se il suo fondatore ottuagenario battesse tutte le piazze e tutti gli schermi televisivi per un paio di mesi potrebbe forse sperare di dare rappresentanza almeno a una parte dei moderati che ancora ci credono. Altro nel centro destra non c’è perchè i fratellini d’Italia (copyright Giuliano Ferrara) non vedono l’ora di andare al governo con Salvini, come la mosca cocchiera di Togliatti di vecchia  memoria.

L’unica possibilità che qualcosa cambi è che l’elettorato dei Cinque Stelle si frantumi e almeno una parte abbandoni chi vuole di fatto rendere inutile il Parlamento, fermare le grandi opere pubbliche, fare dell’Ilva un parco giochi e uscire dall’euro (erano loro che raccoglievano le firme per la sortita).

Eppure per la prima volta dopo decenni il confronto non sarà più tra centro destra e centro sinistra  ma tra chi sta dalla parte della Costituzione, delle istituzioni democratiche e dell’equilibrio tra i poteri e chi invece non fa mistero di voler svuotare questo sistema con slogan da venditore di tappeti come quello “di stare dalla parte degli italiani”.

Intorno, tra quella che una volta si chiamava la società civile, è rimasto ben poco. I partiti, tra le ammuine delle primarie alla amatriciana e le liti intestine, non ci sono più. Il sindacato, che era giunto sino al punto di volersi sostituire alla politica, ormai va da chi lo chiama come fosse una corporazione qualsiasi. La stampa si barcamena tra l’ossequio verso i potenti, siano essi il governo o la finanza, salvo svolgere un ruolo smaccatamente di parte o adattarsi rapidamente alla situazione. Basta confrontare, visto che oggi è possibile, le interviste e i talk show negli Stati Uniti dove l’intervistatore ti sbrana con quelle di casa nostra dove mancano solo il tè e i pasticcini. Altri corpi dello Stato fanno da soli. La stessa magistratura, che dovrebbe essere un presidio per la tutela per tutti, ha i suoi problemi come è emerso a proposito delle vicende recenti del CSM, il proprio organo di auto governo.

La posta in gioco è decisiva perchè il prossimo Parlamento oltre che dare la fiducia al Governo, sarà chiamato ad  eleggere il Presidente della Repubblica, e sarà decisivo per la Corte Costituzionale, il CSM, i vertici delle grandi imprese pubbliche e, come hanno già tentato lor signori di oggi, mettere magari le mani sulla Banca d’Italia. A meno che ci tocchi la sorte della Spagna che ha votato tre volte in due anni. Ma fino a quando la maggioranza degli italiani andrà ancora a votare?

Guido Puccio

About Author