Nel corso del 2019 è stato celebrato il centenario dell’appello “Ai liberi e forti” lanciato da don Luigi Sturzo il 18 gennaio 1919. Sono state organizzate diverse manifestazioni, alcune di grande valore storico e culturale. Tuttavia tale evento non ha avuto l’eco mediatica che avrebbe meritato, così gran parte delle celebrazioni sono rimaste a beneficio di pochi, studiosi, politici o appassionati del movimento cattolico. Questo difetto di comunicazione ha relegato l’anniversario in un fatto prettamente storico, una pagina del passato più o meno significativa della storia d’Italia. Già questo sarebbe ampiamente meritorio perché in ogni caso l’Appello e quello che ha rappresentato sono una pagina importante nella storia d’Italia, anche se la storiografia “ufficiale” tende a marginalizzare, quando a non oscurare, uomini, fatti e vicende del cattolicesimo democratico. Ma quell’Appello è straordinariamente attuale, Sturzo è stato straordinariamente profetico. E come sempre capita a chi ha la capacità, l’intelligenza e il coraggio di guardare avanti, paradossalmente la sua lezione per molti aspetti è più attuale oggi che un secolo fa.
La ricorrenza del centenario è coincisa con il 60.mo anniversario della scomparsa del prete di Caltagirone avvenuta a Roma l’8 agosto 1959. Così il Centro studi sulla cooperazione Arcangelo Cammarata di Caltanissetta ha organizzato il 22 giugno 2019 il convegno “Popolo, democrazia, libertà” con la partecipazione di autorevoli studiosi. Un incontro che rischiava, come tanti, di essere già archiviato. Invece il sodalizio siciliano, in collaborazione con l’Istituto Sturzo, ha dato alle stampe gli atti di quel convegno così è arrivato in libreria il libro “Popolo, democrazia, libertà: l’impegno sociale e politico di Luigi Sturzo” edito da Il Mulino. E’ sufficiente leggere l’indice del volume, ovvero il programma del convegno, per avere un’idea del valore storico, politico e culturale di tale pubblicazione. All’introduzione di Massimo Naro, direttore del centro studi, seguono: Claudia Giurintano con «Sturzo multitasker: dalle opere economico-sociali alla rete politica»; Vittorio De Marco con «Il modello del partito municipale sturziano anticipatore del Partito popolare italiano»; Giorgio Vecchio con «La vicenda breve del Partito popolare italiano»; Andrea Piraino: «Sturzo “costituzionalista non titolato” tra regionalismo e autonomismo»; Gianni Borgo con «Ambasciatore del popolo italiano: Sturzo negli anni dell’esilio»; Maurizio Gentilini con «Popolari nella “lunga vigilia”: De Gasperi tra Roma, Trento e Brescia»; Paolo Acanfora con «La Democrazia cristiana e l’eredità del popolarismo»; Nicola Antonetti con «Luigi Sturzo: democrazia, popolo, libertà»; quindi le conclusioni di Giuseppe Sangiorgi. Quest’ultimo termina il suo intervento, che a sua volta chiude il libro, con un riferimento alla legge, seguita dal referendum, voluta dai Cinquestelle sul taglio dei parlamentari, presentato «come un risparmio di spesa rispetto agli sprechi della politica». E commenta: «Una chiave economica dietro la quale occhieggia la riserva di fondo del movimento rispetto alla principale istituzione della democrazia rappresentativa del Paese”.
Il popolarismo è l’antitesi del populismo, infatti Sturzo non si appella “al popolo”, ma “ai liberi e forti”, ovvero a persone. Non chiede pieni poteri o deleghe in bianco, chiede un impegno purché siano donne e uomini «moralmente liberi e socialmente evoluti». L’appello arrivò all’indomani della Grande guerra perché fu tra i primi a intuire che quel conflitto avrebbe sconvolto il quadro politico, sociale, economico e istituzionale. Pochissimi lo ascoltarono, spianando così la strada al fascismo. Oggi quasi tutti affermano che il post pandemia non sarà più il mondo di prima. Allora per evitare di ripetere gli stessi errori, anche se la storia non si ripete mai nelle stesse forme, ma ripropone le stesse condizioni, è bene ritornare a Sturzo affinché la sua lezione ancora attuale sia tradotta nell’attualità di un impegno.
Luigi Ingegneri