A colazione questa mattina mia figlia mi ha fatto una domanda diretta: perché gli Stati non si mettono d’accordo per produrre loro direttamente i vaccini, seguendo le regole dell’interesse generale? In tempo di guerra – ha continuato – gli Stati hanno saputo requisire tutto quello che serviva per salvare il salvabile. Adesso, non c’è la stessa necessità di salvare tutti i cittadini del mondo dalla piaga della pandemia?

Una bella domanda. Non c’è che dire. I giovani ragionano con paradigmi elementari: il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, senza tener conto che tra il giusto e l’ingiusto c’è sempre qualcosa in mezzo, quel quid (filosofico, religioso, politico, giuridico, … economico) che è abilitato a discernere “autorevolmente” tra l’utile e l’inutile, il bene e il male.

Sulla questione vaccini, poi, tutto si gioca nella dimensione internazionale, dove, soprattutto lì, vigono regole ferree: il mercato e la politica.

Pfizer, Moderna, Astrazeneca, Johnsons & Johnsons sottostanno alle regole del mercato. Le fiale vengono vendute a chi paga di più e prima: è il mercato bellezza! Lo Sputnik V russo sottostà ad altre regole: la politica, la geopolitica in questo caso. Attraverso lo Sputnik, Mosca ha costruito una ragnatela di relazioni internazionali che difficilmente avrebbe saputo tessere in tempi normali. Già oggi Stuptnik è disponibile in 39 paesi. Tra gli Stati UE è somministrato in Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca. Verrà prodotto durante l’anno anche in Italia. Questa è geopolitica bellezza!

Non c’è dubbio che la pandemia mondiale da Covid-19 vada affrontata nel contesto globale. Ma, istituzioni di governo globale noi non ne abbiamo. L’idea Kantiana della pace perpetua, che immagina il governo globale dell’umanità, è di là da venire. Anche Trump ci ha messo del suo, nel rompere quel po’ di multipolarità che pur faticosamente avevamo costruito. Allora, continuiamo a muoverci inesorabilmente dentro l’involucro rigido delle poche regole che conosciamo: il mercato e la geo-politica.

Eppure, c’è un principio che ci potrebbe ispirare, nell’affrontare in modo diverso, le odierne emergenze. Il riferimento va ai “beni comuni”, nella visione elaborata dai premi nobel Williamson e Ostrom sul «governo dell’economia».

La riscoperta dei beni comuni, almeno a parole, riscuote un progressivo interesse nel panorama culturale mondiale, nella consapevolezza che l’uso delle risorse naturali, con logiche di puro dominio e di mercato, produce effetti potenzialmente iniqui e distruttivi.

Il vaccino Pfifer o Astrazeneca, così come l’acqua e internet, sono beni comuni. É evidente. Ma noi, uomini dell’Occidente, abbiamo stravolto del tutto la concezione ellenistica, secondo cui l’individuo può vivere bene solo all’interno di comunità virtuose.

Anche nella gestione dei vaccini, l’Occidente continua a stare dentro la stessa logica, quella di ritenere che il mondo possa essere governato da pochi, estranei agli interessi diffusi della generalità. Ma, i vaccini appartengono a tutti, anche se portano il nome dei colossi della farmacologia mondiale, perché sono un “bene comune”.

Guido Guidi

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