Villa Pamphili a Roma ospita gli Stati generali per progettare la fase 3 post Coronavirus per il rilancio sociale, economico e imprenditoriale del Paese. Sul tavolo i tanti miliardi in arrivo dall’Europa. Bene ha fatto il presidente del consiglio Giuseppe Conte a organizzare l’incontro anche per verificare la reale volontà di tutte le forse politiche di fare proposte serie e realizzabili, oltre a condividere la progettualità.

L’irritazione del Pd è il primo segnale che la mossa è positiva, perché quel partito ha nel proprio dna il virus dell’autosufficienza e l’arroganza culturale di considerarsi primus super pares. Tuttavia, sperando di essere smentito, temo che gli Stati generali partoriranno il classico topolino: finora i partiti hanno dimostrato di non sapere guardare oltre il proprio orticello.

Questo non vuole essere pessimismo, in questa contingenza è quasi d’obbligo essere ottimisti, ma non si può ignorare la realtà. Non si può tacere sulla contraddizione, spesso vera e propria incoerenza, tra affermazioni pubbliche e provvedimenti concreti. Infatti lo slogan degli Stati generali dovrebbe essere la celebre frase di Henry Ford I, quando disse che “non è vero sviluppo se non è per tutti”. Allora non sarà vero rilancio se non sarà per tutti.

Più volte è stato detto che il post Coronavirus non deve essere un ritorno alla normalità precedente perché il mondo di prima era malato: è necessario gettare le basi per una nuova normalità. Allora sarà una vera rinascita che si fonda su tre presupposti: solidarietà, sussidiarietà e giustizia sociale.

Nessuno di questi principi è stato rispettato nel recente bonus affitti, all’interno del “Decreto rilancio”. Le attività economico produttive avranno la possibilità di scontare l’affitto con il credito d’imposta fino al 60%. Questo significa che la comunità nazionale offre un panino alle attività produttive per sopravvivere e un lauto pranzo agli immobiliari che continuano a ingrassare con la loro rendita, alla faccia della pandemia e della crisi sociale conseguente.

Credo che un’azione improntata al valore della sussidiarietà avrebbe portato alla sospensione degli affitti per almeno sei mesi per attività e famiglie in tutte quelle situazioni che hanno subito un danno a causa del virus: credo che quanti hanno un immobile dato in locazione, quasi sicuramente hanno altre fonti di sussistenza. Un noto immobiliare romano ha fatto una scelta del genere di propria iniziativa. Peccato che nessuno abbia seguito il suo esempio. Peccato che il governo non abbia avuto il coraggio di adottare un provvedimento del genere. Peccato che nessuna forza politica abbia rilevato questa carenza di giustizia sociale.

Il perseguimento della giustizia sociale deve essere l’obiettivo prioritario per il rilancio: in cima all’agenda di Villa Pamphili dovrebbe esserci la lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero. Due temi distinti, ma spesso intrecciati. Sicuramente se ne parlerà tanto, ma è legittimo aspettarsi che l’efficacia dei provvedimenti sarà inversamente proporzionale al profluvio di parole. Evasione fiscale e lavoro nero si combattono in primis con la semplificazione: perché così le norme sono più comprensibili e facili da applicare, in secondo luogo perché è più facile individuare l’irregolarità. Mi limito a un esempio banalissimo che chiamo il “caso del cameriere”. Un ristoratore può aver bisogno all’ultimo momento di un cameriere o un cuoco: ebbene l’azienda è registrata su un portale ad hoc, per esempio dell’Inps, dove il gestore segnala l’assunzione provvisoria di una o più persone, terminato l’orario di lavoro segnala la chiusura. Un’operazione che richiede complessivamente non più di tre minuti. In caso di controllo la persona che sta lavorando è regolarmente assunta per quel breve periodo, così potrà essere regolarmente retribuita. Lo stesso vale per qualsiasi altra attività, a cominciare dai lavoratori dei campi, soprattutto per le situazioni dove il lavoro nero è anche sfruttamento. Mi rendo conto che il caso è semplificato al massimo, ma il concetto è chiaro: gli strumenti tecnologici sono a disposizione, basta usarli. Se qualcuno vuol complicare le cose, vuol dire che gatta ci cova. Va anche detto che spesso le cose complicate fanno comodo a tanti, anzi a troppi, soprattutto a quelli che gridano per la semplificazione. Soprattutto quelli che hanno gli strumenti e il potere per procedere con la semplificazione.

Gli Stati generali devono rimettere in moto il sistema Paese. E’ fuori di dubbio che sarà necessario trovare gli strumenti finanziari per sostenere le imprese, soprattutto quelle in carenza di liquidità. E’ giusto che si faccia così, c’è da sperare che le risorse siano realmente indirizzate alle imprese e non finiscano in centri di potere più o meno mascherati. L’Italia ha eccellenze mondiali nelle produzioni di qualsiasi tipo che vanno difese anche dagli assalti di quella finanza anonima e senza regole, se non quelle del profitto fine a se stesso, e che ha il volto di squali che manovrano in mare aperto. Ma la prima e più grande impresa del Paese è il suo patrimonio storico, culturale e architettonico: l’Italia ha il maggior numero di siti, ben 55, riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Solo il Colosseo nel 2019 ha registrato oltre 7 milioni di visitatori. Sarebbe importante che una parte, non briciole, dei miliardi in arrivo dall’Europa venisse destinata a riqualificare parte di questo immenso patrimonio, soprattutto di quelle piccole realtà che il turismo non è in grado di sostenere. Ma questo patrimonio va insegnato prima di tutto agli italiani: questo è l’unico modo di fare gli italiani, in risposta all’obiezione di Massimo D’Azeglio che “fatta l’Italia dobbiamo fare gli italiani”. Questa è la vera riforma di cui ha bisogno la scuola: far conoscere l’Italia. Il primo passo è l’abolizione del ministero dell’istruzione per dar vita a un’entità autonoma come la Banca d’Italia. Direbbe Machiavelli che la “fortuna aiuta gli audaci”.

Luigi Ingegneri

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