Disfano di notte quel che tessono di giorno. Intanto che i Proci gozzovigliavano nella reggia di Ulisse, Penelope, non sapendo che pesci pigliare – o meglio che partito prendere – prendeva tempo, facendo e sfacendo la tela, in attesa che, di là dal mare, giungessero tempi nuovi. Succede la stessa cosa al “centro”.

C’è chi non appena si propone di federare gli altri, comincia a perdere pezzi della casa madre. Capita a Renzi che ha lanciato “Il Centro” e, nel contempo, regala alla concorrenza i pezzi forti della sua argenteria: Elena Bonetti da una parte, niente meno che verso Azione, Ettore Rosato altrove. C’è, al contrario, chi incassa, senza batter ciglio, come fosse un inatteso dono, anche quel po’ che si sfarina dal PD e non gli resta che ringraziare.
Succede a Calenda. C’è chi investe le proprie fortune sul collasso di Forza Italia, chi sogna addirittura di subentrarle, chi scommette sulla scomposizione del PD.

Insomma, il solito gioco dei quattro cantoni, che, tutto interno al sistema così com’è, non fa altro che confermarne la struttura. In altri termini, il “centro” – così concepito – sempre più assomiglia ad una rotonda in cui molti ci si ficcano senza sapere a chi tocchi la precedenza o comunque senza rispettarla. Il traffico diventa talmente caotico che per venirne fuori, anziché programmare la prima, la seconda o la terza uscita, bisogna accontentarsi della prima che sia praticabile, qualunque essa sia, a meno di girare in tondo senza soluzione. Infatti, chi volesse tracciare il percorso dei singoli attori, pensando di poterlo leggere sul presupposto della cultura di provenienza di ognuno, si troverebbe spiazzato.

Per lo più tutti invocano la “moderazione”, senza sapere cosa esattamente sia. Sembra la considerino un “passepartout” in grado di aprire le porte della destra o piuttosto che l’uscio della sinistra per catturare gli scontenti dall’una o dall’ altra parte. Questa difficoltà a costruire questo benedetto “centro” è tutta di ordine politico. Non può essere derubricata a rivalità personale oppure a concorrenza tra i vari attori della vicenda, che pure c’è. Dipende dal fatto improprio di volerlo interporre tra i due estremi di una polarizzazione, che anziché essere superata, dato che in nessun modo riesce a dar conto della complessità del contesto civile, continua a farla da padrona.
Almeno finché non la si metta radicalmente in discussione.

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