In questi giorni giungono, e con continuità, notizie preoccupanti sull’andamento dei fattori macro della nostra economia. E, intanto, quello che più direttamente incide quotidianamente sul portafoglio degli italiano va ancora peggio. L’inflazione al dettaglio, in particolare quella che riguarda i generi alimentari e alla pompa di benzina è molto più alta, supera sicuramente la doppia cifra, di quella dei bollettini ufficiali.
Non ci possono neppure consolare i tentativi che i sostenitori della Meloni, spesso camuffati da opinionisti televisivi, fanno nel citare Pil e Spread. Il primo perché siamo arrivati ben lontani dai dati trionfalistici del primo trimestre che ci parlavano di una netta ripresa, a differenza di quello che interessava l’economia del resto d’Europa, segnatamente quella di Germania e Francia. Ragionamento connesso a quello dello Spread che, andando a comparare il rapporto tra le condizioni italiane e quelle tedesche, è evidente che non possa, a differenza del passato, offrirci un quadro realistico delle nostre condizioni. Che poi, alla fine della fiera, è quello che più ci deve interessare.
Si tratta di quelle condizioni per cui è evidente come emerga una totale dissonanza tra i proclami dello stretto entourage di Giorgia Meloni e dei suoi più zelanti propagandisti e la molto più prudente, se non addirittura preoccupata posizione del Ministro Giorgetti che, papale, papale ci dice un’amara verità: non ci sono i soldi e abbiamo bisogno non di dichiarazioni retoriche, ma di fiducia da parte dei mercati finanziari. Una fiducia che non si ottiene certamente, come fa anche qualche autorevole esponente di governo, a prospettare la possibilità che si faccia ulteriore debito.
Un’altra doccia fredda è venuta dall’Economic Outlook dell’OCSE sulle previsioni economiche globali per la fine di questo e l’inizio del prossimo anno. L’economia globale è prevista in frenata e anche per tutto il prossimo anno si attende una frenata accompagnata da un livello d’inflazione troppo alto.
Per l’Italia l’attesa è quella di una crescita davvero contenuta per cui il Pil potrebbe non superare il +0,8% sia per il 2023, sia per il 2024.