Storicamente alle elitè politiche è stato affidato il compito di indicare alle proprie comunità una visione prospettica nonché di dimostrare la capacità di prendere al riguardo decisioni volte al bene della collettività. Questo assunto è ancora vero ed attuale? Interessante tentare una verifica, usando come “cartina di tornasole” il tema dell’Autonomia differenziata, come esso si presenta, oggi, in Italia.

Chi ritiene opportuno proporre che i cittadini del Mezzogiorno d’Italia debbano vivere una condizione di “cittadini differenziati” in un Paese diviso in aree a trattamenti finanziari\sociali diseguali e sperequati, invece che nascondersi in documenti obliqui, opachi, non opportunamente pubblicizzati, lo dica pubblicamente e se ne assuma la responsabilità politica ed elettorale dinnanzi agli elettori italiani. Dica nelle sedi proprie come sia giusto che ogni Regione\Comunità trattenga egoisticamente per se le risorse che produce, tranne irrisori contributi a quelle economicamente svantaggiate; dica che sia giusto sostenere che non dappertutto si possano vantare gli stessi Diritti di cittadinanza, mentre tutti i cittadini devono contribuire al sostenimento del Bilancio dello Stato, proporzionalmente alla propria capacità contributiva, con gli stessi doveri alla costruzione e mantenimento di un Paese unico.

Quindi, se ne assuma la responsabilità, invece di tentare di conseguire un surrettizio risultato nascondendosi dietro i tortuosi e notturni meandri di obliqui strumenti procedurali.

Secondo studi aggiornati[1] se per tutti i cittadini italiani lo Stato prevedesse una spesa annuale procapite eguale, come postulato dall’articolo 3 della Costituzione, difficile da aggirare nelle sue enunciazioni tassative, finora i cittadini del Mezzogiorno avrebbero avuto diritto ad un ristoro annuo di circa 60 miliardi; ed i progetti relativi al tema Autonomie regionali avrebbero avuto come base quella realtà cristallizzata diversa da quella attuale.

Il Ministro Calderoli, invece,ha, addirittura, presentato la sua proposta, secondo o terzo testo dedicato, senza neanche sottoporla ad una approvazione nel Consiglio dei Ministri. La fuga in avanti del Ministro leghista, non solo ha provocato l’insorgere delle opposizioni, ma non ha trovato convinti riscontri neanche negli altri partiti della maggioranza di Governo.

Il neo Presidente di Azione[2] ricorda come manchi nella Bozza Calderoli il riferimento ai servizi, diritti e prestazioni che devono essere garantiti in modo uniforme a tutti i cittadini italiani, ovunque decidano di risiedere. Il Presidente dell’Emilia Romagna[3] afferma che il progetto, nella versione della Bozza fin qui resa nota, non va bene: dovrebbe prevedere i livelli essenziali di prestazioni, va discusso in una legge Quadro, si deve coinvolgere il Parlamento. Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale[4] ed i Sindacati della Scuola hanno presentato una proposta di Legge Costituzionale di iniziativa popolare che si oppone al Progetto di “Autonomia differenziata” quale fin qui presentato. Gianfranco Viesti ha affermato in varie occasioni che il Progetto Calderoli propone la secessione dei ricchi; Marco Esposito autore di saggi sull’argomento Mezzogiorno, Pino Aprile, Associazione Istituti Meridionalisti non hanno esitato a prendere posizione critica. Sul proposito leghista, il Presidente della Regione Puglia[5] ha dichiarato: “La bozza sull’Autonomia che ci è stata presentata in Conferenza delle Regioni fa parte di un disegno antidemocratico che, da una parte vuol dare ai più ricchi quel che viene tolto ai meno ricchi. Dall’altro, vira sul Presidenzialismo. E’ un progetto di cui avere paura”. La risposta della Svimez, nella persona del suo Presidente[6]: “Tutto ciò è un siluro alla Costituzione; questa è eversione”.

Il rischio è che la nuova Italia pensata dalla Lega sia uno spezzatino, dove chi è già ricco avrà servizi migliori e chi povero diventerà più povero. Non per smentire ma per confermare i timori, un notista politico tra i più accreditati[7] ritiene che stia “prendendo corpo un partito trasversale del Sud, deciso a contrastare il progetto di Autonomia Differenziata promosso dalla Lega.; la durezza con la quale dalla Puglia alla Campania si fa muro è molto indicativa; lo è ancora di più quella del Movimento 5 Stelle”.

Il Premier Meloni insiste sulla esigenza di salvaguardare l’Unità nazionale. Diversi osservatori ritengono che le componenti non leghiste del Governo si preparino ad attuare resistenza passiva. Il Ministro Valditara frena ritenendo che la questione non sarebbe al centro del processo portato avanti dal Governo.

Serve un contrasto deciso all’iniquo e divisivo “Progetto di Autonomia Differenziata a Finanza invariata”. Per i rispettosi della Costituzione, infatti, l’Autonomia Differenziata, come qualunque altro Istituto o progetto da esaminare, va realizzata in ossequio alla Costituzione, la quale prevede e prescrive che tutti i cittadini debbano godere dei medesimi Diritti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale; ove la capacità fiscale fosse insufficiente per il raggiungimento del risultato, deve intervenire il Fondo di Perequazione, in ottica, di realizzazione del fabbisogno, non del palliativo distorcente dei “costi standard”.

La differenza in termini di eguaglianza di Diritti fra Livelli essenziali di prestazioni e Livelli uniformi di prestazioni non è lieve ne di poca importanza. Se il criterio da adottare fossero i LEP, il Mezzogiorno avrebbe diritto ad livello minimo, indipendentemente dai livelli che sarebbero attribuiti nelle regioni più ricchi. Se il criterio da adottare fossero i LUP, invece, si dovrebbe stabilire che ogni cittadino, così come prevede la Costituzione, abbia diritto allo stesso livello di servizi in qualunque parte del Paese si trovi[8].

L’unico percorso virtuoso possibile: approvare preventivamente i Livelli di uniformi prestazioni, verificare che gli obiettivi di perequazione, coesione e convergenza fra le Regioni, previsti dall’articolo 116 della Costituzione, in tema soprattutto di infrastrutture, siano raggiunti o in via di raggiungimento; solo dopo discutere di Autonomia, come è giusto fare volendo applicare il Titolo V e l’articolo 116 della Costituzione.

La riforma opportuna che dovrebbe essere approvata, dovrebbe indirizzarsi nella direzione  della modifica di alcune autonomie verso un maggiore centralismo e dovrebbe avere a fondamento la seguente base economica indiscutibile: ogni cittadino deve poter avere diritto, ad una analoga spesa pro capite da parte dello Stato, in tutte le sue articolazioni, in qualunque territorio del Paese nasca ed abbia deciso di vivere; infatti, non vi può essere un Paese unito se i diritti di cittadinanza dei suoi abitanti sono diversi in funzione del luogo di nascita o di residenza.[9]

Una Autonomia Differenziata approvata senza l’approvazione preventiva dei parametri da rispettare, rischierebbe di provocare discriminazioni, pregiudizievoli per le Regioni del Mezzogiorno, ove si insistesse sull’uso del parametro “spesa storica”.

Senza neanche gli interventi peggiorativi, tipo Autonomia Differenziata, agli economisti, invece, i Paesi sembrano due, il Centro Nord ed il Mezzogiorno, “per reddito pro capite, per tasso di povertà, per tasso di occupazione e disoccupazione, per disomogeneità in relazione allo stock infrastrutturale, per addetti nell’industria”[10].

Per colmare il gap con il Nord, bisogna far lievitare il tasso di occupazione della popolazione attiva di almeno 15 punti in 10 anni ed avere una crescita in analoga misura del Prodotto Interno Lordo. L’importante, quindi, è che in nessun modo vengano introdotte dal Governo misure ed attività che vadano in controtendenza rispetto all’obiettivo costituzionale di coesione, convergenza, ed ostacolino il percorso di perequazione rispetto alle aree più prosperose del Paese, eventualmente adottate per vellicare gli interessi di fazione leghisti e di porzioni di Confindustria. Ma che, invece, si legiferi per ottenere di mettere in moto accelerato il Mezzogiorno, in modalità secondo motore manifatturiero del Paese, con l’obiettivo, a medio\lungo termine, di renderlo autosufficiente.

La lotta, vera, concreta alle diseguaglianze, alle povertà, alle ingiustizie, a favore del Bene comune tramite la buona politica, dovrebbe essere la cifra del Paese e del suo governo, delle sue prese di posizioni, del suo posizionamento nello scacchiere politico amministrativo della propria collettività.

Chi scrive ritiene di essere sintonico alla migliore e più schietta tradizione economico sociale nazionale ed europea quella che propugna eguaglianza e non scaltre scorciatoie per generare incongrui privilegi: quella del Cardinale Martini che affermava che “l’Ingiustizia è il vero peccato del mondo”, quella di Pietro Busetta e della Svimez, dalla sua fondazione ai nostri giorni, quella tradizione culturale che spiega in ogni occasione che, per arrivare ad armonica crescita e sviluppo del Paese, bisogna che cresca e si sviluppi il territorio dove crescita e sviluppo sono percentualmente possibili in maggiore grado, cioè il Mezzogiorno.

“E’ dal Sud che deve ripartire lo sviluppo del Paese”, ricorda giustamente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che assicura e tutela l’unità nazionale.

Il Mezzogiorno può diventare, tramite idonei interventi infrastrutturali, piattaforma logistica europea nel Mediterraneo, Porta Sud dell’Europa, secondo motore industriale, manifatturiero, commerciale, logistico, propulsivo dell’intero Paese, luogo ove sia realizzata la piena occupazione (obiettivo già di Dossetti e La Pira), luogo ove siano creati un milione e trecentomila nuovi posti di lavoro.

Le importanti risorse che l’Europa ha dedicato all’Italia tramite il Recovery Plan, New Generation EU, attuato in Italia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, hanno avuto come principale finalità dichiarata la diminuzione\attenuazione degli elevati squilibri economico sociali tra le diverse aree del Paese.

Le simulazioni dicono che se il Paese Italia saprà realizzare nei modi e nei tempi previsti e concordati, il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, nei prossimi cinque anni il Prodotto Interno Lordo (ancorché non unico, certamente importante indice) del Mezzogiorno crescerà del 24% rispetto al valore dell’anno 2020.

“Unico Obiettivo a cui puntare: un Futuro migliore per l’Italia”, ha ricordato Papa Francesco

L’Autonomia Differenziata e la silente Regione Sicilia

 Per quanto attiene alla Regione Sicilia, ineludibile, (non superabile in ragione dell’accordo stipulato il 16 Dicembre 2021 tra il Ministero dell’Economia e la Regione Sicilia, nell’ambito del quale è stato stabilita la partecipazione della Regione a Statuto Speciale Sicilia, con propri rappresentanti, ai lavori della Commissione Tecnica “per la rilevazione dei  costi standard, le capacità fiscali, i Livelli essenziali di prestazioni, gli obiettivi di servizio della Regione e dei propri Enti Locali”) la necessità di elaborare preventivamente  i Livelli essenziali per non violare lo spirito e la lettera dell’accordo.

Indispensabile, inoltre, valutare preventivamente e rispettare, in sede di estensione di competenze ed attribuzione di relative risorse tra Regioni, quanto previsto dall’articolo 10 della Legge Costituzionale numero 3 dell’anno 2001, chiamata “clausola di maggior favore” relativa alle Regioni a Statuto Speciale.

Ha ragione Gaetano Armao quando sostiene che “il Progetto sul regionalismo andrà integrato con misure compensative necessarie per garantire la continuità territoriale, la fiscalità di sviluppo, e la perequazione infrastrutturale, quali parti integranti del percorso di regionalismo differenziato.”

I fatti, nella loro incontrovertibilità, si incaricheranno di dare una risposta.

Massimo Maniscalco

 

[1]  Roberto Napoletano, Pietro Massimo, Busetta, il Quotidiano del Sud

[2] Mara Carfagna, già Ministro per il Sud e la Coesione  Territoriale

[3]  Stefano Bonaccini

[4]  Coordinatore Massimo Villone, Professore Emerito dell’Università Federico Secondo di Napoli.

[5] Michele Emiliano, Autonomia per Presidenzialismo, il baratto della destra,  la Repubblica, 20 Novembre2022

[6] Adriano Giannola.

[7] Massimo Franco, Tra Autonomia ed Unità del Paese, Corriere della Sera, 19 Novembre 2022

mo Busetta, Il Quotidiano del Sud, 12 Novembre 2022.

[8] Pietro Massimo Busetta, Dobbiamo prendere i livelli “uniform” Il Quotidiano del Sus, 17 Novembre 2011.

[9] Da un ragionamento di Pietro Massimo Busetta, Il Lupo e l’Agnello, Rubbettino, 2021).

[10] Pietro Massimo Busetta, Il Quotidiano del Sud, 24 Novembre 2021.

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