In una giornata primaverile romana, Palazzo Giustiniani, in un clima cordiale, apre le porte ad un evento senza precedenti, preceduto da proclami a prova di detrattori. Nei giorni scorsi sulla stampa correvano titoli come trasversalità politica, pluralismo di voci coinvolte, la scuola è un problema che ha in sé le soluzioni.
I 120 posti della sala Zuccari man mano vengono occupati da uomini e donne di tutte le età, da studenti diciassettenni, fino agli ultra-settantenni… che la scuola stia a cuore a tutte le fasce di età e categorie sociali è evidente sin da subito. Molteplici gli argomenti trattati, ma di seguito i tre i punti emersi.
Si è dimostrato che è possibile che i politici invochino un partito trasversale sulla scuola perché non è uno strumento partitico. Difatti si sono viste rappresentanze trasversali (la promotrice Alessandra Gallone (FI), Valeria Fedeli (Pd), Valentina Aprea (FI), Paola Frassinetti (FdI), Giuseppe Moles (FI), Roberta Toffanin (FI), Mario Pittoni (Lega), il sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei Ministri Simona Flavia Malpezzi (Pd), Lucio Malan (FI), Paola Binetti (UDC), Sandra Lonardo (FI), Andrea Cangini (FI). Non sono mancati senatori che, fra una votazione e l’altra in aula, facevano una comparsa imprevista, tra cui l’ex presidente del Senato, sen. Renato Schifani.
E’ stata notata, però, con disappunto ma senza stupore, l’assenza proprio del Ministero. Chi occupa gli scranni del Governo rappresentando i cittadini non può sottrarsi al confronto. La questione scuola, come hanno dichiarato le senatrici Malpezzi e Gallone, domanda una chiara trasversalità politica e soluzioni chiare che non lascino la sensazione di dover sempre ripartire dal punto zero. Dal convegno del 13 febbraio non si potrà prescindere.
Avremo politici capaci di misurarsi con la propria responsabilità senza giocare a nascondino solo se abbiamo cittadini così liberi da non dare loro alcuna via di fuga. Se tutto è stato detto, se molto è stato chiarito ora occorre una trasversalità e una visione unitaria anche dalla parte di chi rivendica la garanzia del diritto. Questa sfida sembra essere stata vinta. In perfetta continuità con il convegno del 14 Novembre 2019, al quale i saluti della Presidente Maria Elisabetta Casellati fanno chiaro riferimento, l’incontro allarga il cerchio. Non è un caso che fossero numerose le voci delle persone chiamate a intervenire per dare forma a quella sostanza che il tema “scuola, autonomia, parità e libertà di scelta educativa” muove, attraverso molte volontà e tante teste. Se alla politica si domanda responsabilità, ai cittadini è domandata una posizione unitaria che non alimenti la confusione.
Sicuramente i ricercatori docenti universitari hanno dato il contributo scientifico ai termini pluralismo, costi standard, scuola come ascensore sociale: Marco Grumo (da Milano), Andrea Maccarini (da Padova), Bertagna (da Bergamo). Ma non sono mancati i rappresentanti del mondo associativo dei gestori delle scuole paritarie cattoliche raccolti da Usmi e Cism. C’è motivo di ritenere che dopo il convegno del 14 novembre 2019, Autonomia, parità e libertà di scelta educativa, siano state davvero smosse le acque e che si siano raccolti intorno alla soluzione dei costi standard di sostenibilità per allievo anche altri eccellenti partecipanti: i gestori delle scuole laiche (Aninsei), i genitori delle scuole paritarie (Agesc) e statali (Age), il forum delle famiglie (Forum), i sindacati, l’Agidae. Insomma, la scuola è un bene di interesse pubblico, che tocca tutti… E in Italia muove gli interessi di 80mila persone (quattro volte l’Ilva). Una chiara convinzione ripetuta da tutti è che si riparta dai costi standard, assegnando una quota capitaria ai genitori, affinchè possano scegliere fra una scuola pubblica statale e pubblica paritaria. Altrimenti chiaramente l’Italia risulta fuori dal mondo.
Autonomia, parità e libertà di scelta educativa… La prossima mossa tocca alla Ministra che presentandosi in commissione cultura, certamente troverà lo zoccolo duro degli alleati di governo Pd e delle opposizioni che per coerenza le chiederanno conto su quanto emerso dal Convegno del 13 febbraio e potrà eventualmente argomentare delle ragioni ultime in questi termini: il ricco può scegliere tra una scuola pubblica paritaria e una pubblica statale, mentre il povero si deve accontentare, rinunciando a scegliere liberamente, come la Legge prevede, all’interno del Servizio Nazionale di Istruzione. Sembra che si voglia a tutti i costi privilegiare il ricco, favorendo un sistema sempre più classista; e mentre cadono sotto la scure dell’ideologia le scuole paritarie dalle rette sotto i 3.500 euro, si foraggiano le scuole paritarie dalle rette oltre i 6mila euro che non soffrono e non chiudono.
Non si tratta di un attacco alla scuola paritaria, nè tanto meno a quella cattolica, ma è una chiara scelta di favorire un sistema classista che rafforza il ricco, rendendolo sempre più ricco e potente con maggiori chance culturali, e discrimina il povero, sempre più povero di strumenti e di occasioni di riscatto che solo la scuola può offrire. Quindi non si chiede l’elemosina dei contributi o il favore di esistere aprendo i concorsi per i docenti che sappiamo tutti essere un dovere di legge, ma si chiarisca il tutto.
Per anni è stata impedita la libertà di scelta educativa dei genitori, sono stati discriminati i disabili e i docenti, ma sono sopravvissute 12 mila scuole paritarie che in modo eroico hanno considerato il pluralismo educativo un valore irrinunciabile le per un Paese democratico (il monopolio educativo fa danni, come tutti i monopoli). Il gioco di chi considera “tutte le scuole paritarie dei diplomifici” (testuale) è di impedire ai docenti di abilitarsi: quindi, se lo Stato non permette questo, come sta avvenendo, le scuole paritarie – non potendo assumere docenti abilitati – perdono la parità. E’ un modo elegante per “farle fuori” senza toccare la Legge 62/2000, anzi, agendo conformemente a quella.
D’altronde tra i requisiti della Parità è fatto obbligo di assumere docenti abilitati (dunque sarà impedito ai docenti di abilitarsi per insegnare nella scuola paritaria) accogliere tutti i bambini disabili, ma lo Stato – che per legge deve garantire il diritto all’istruzione – a fronte della scelta della scuola paritaria, nega al disabile il docente di sostegno, che deve essere pagato dalla scuola (quindi dagli altri genitori) in una sussidiarietà al contrario oppure, se i genitori non possono pagare, la scuola paritaria, avendo già rette da 2.500 a 4.000 euro (a fronte dei 10 mila euro che lo Stato impiega per ogni alunno della scuola statale, e che prende dalle tasse dei cittadini), semplicemente chiuderà. Ecco il capolavoro dell’ingiustizia: apparire giusta senza esserlo. Le scuole paritarie inadempienti e reprobe, non accolgono poveri e disabili.
Siccome ormai è chiaro che le vittime di questa guerra sono le famiglie svantaggiate economicamente, la soluzione è applicare i costi standard di sostenibilità per allievo, che favoriscono la leale concorrenza delle scuole sotto lo sguardo garante dello Stato, innalzano il livello di qualità, sanano il precariato. Diversamente, si dica con chiarezza che si attacca la scuola paritaria che non taglia in due la società e che si affama di autonomia la scuola statale per favorire contra legem un sistema classista, per dare il potere a pochi.
Certamente i docenti e le scuole paritarie potranno, per aiutare le famiglie, difendersi nella aule di tribunale ma intanto si perderanno risorse e tempo, e siccome il tempo è una variabile che oramai non si può ignorare, tali scuole seguiranno il loro destino. Ora il gioco è chiaro, come è altresì chiaro che le scuole paritarie che possono indebitarsi resteranno accanto alle famiglie come garanzia di pluralismo e di qualità. A chi governa, la sua responsabilità.
suor Anna Monia Alfieri
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