Abbiamo appena saputo che a Roma ci sono oltre 12 mila B&B illegali. Evadono Iva e tasse, tra cui quella di soggiorno. Secondo il Comune di Roma che ha concotto un controllo incrociato tra le inserzioni su Internet e le licenze effettivamente rilasciate alle residenze regolarmente registrate, solo per la tassa di soggiorno vengono evasi circa 20 milioni di euro l’anno. Oltre a considerare che quei 12 mila fuorilegge corrispondono a più del 50% dei B&B presenti nella Capitale. Probabilmente, sia pure in forma più ridotta, è possibile che il fenomeno sia diffuso in altre parti d’Italia, soprattutto nelle zone a più alta densità turistica, come sono quelle delle numerose città d’arte e dei nostri litorali.

E’ la cultura del “pizzo di Stato” che fornisce grazie a questa infelice espressione la giustificazione per un’evasione ed una elusione fiscale sempre più inaccettabile per il nostro Paese? Riflettiamoci. E soprattutto ci rifletta chi ha la responsabilità della cosa pubblica ed è in grado, come dimostrano i controlli del Comune di Roma, di intervenire efficacemente per contenere, se non eliminare del tutto, quella che costituisce una vera e propria piaga nazionale. Un elemento che distorce il mercato, che crea ulteriori fonti di disequilibri economici e culturali. I veri imprenditori ne sono fortemente danneggiati e tutti noi siamo autorizzati a pensare che è meglio tirare a campare senza assumere una dignità pubblica adeguata al senso di comunità di cui ci piace tanto compiacerci. “Italiani brava gente”. Probabile e possibile in tante situazioni. Un po’ meno quando si tratta di pagare il dovuto e rispettare le più elementari norme in materia fiscale.

Purtroppo, mentre il Comune di Roma avvia lodevoli iniziative come questa, cade sulla buccia di banana del “tavolino selvaggio”.

C’è da chiedersi – visto che nessuno lo fa – se sia lecito, o se facendolo si violi invece qualche fondamentale tabù, ricordare al Sindaco di Roma che la pandemia è cessata, come ufficialmente dichiarato dalla OMS. E se egli intende fare qualcosa sulla situazione venutasi a creare nel centro storico di Roma.

L’aggressione del privato sul pubblico, con l’occupazione abusiva delle piazza e delle sedi stradali con tavoli di ristoratori spesso improvvisati, non solo infatti continua. Essa si allarga quanto più può, nella consapevolezza ormai acquisita che alla fine si arriverà ad un pateracchio che lascerà agli aggressori tutto quello che sarà possibile.

Ogni spazio prima disponibile per parcheggio o per qualsiasi altro uso sinora considerato lecito è stato lottizzato tra gli invasori più aggressivi, che in molti casi non sono ristoratori, ma tabaccai, fruttivendoli, macellai, baretti o salumieri, trasformatisi da un giorno all’altro rivendite più o meno abusive di cibi più o meno cotti, spesso altrove. Ed’ facile immaginare in quali condizioni di igiene.

Spesso, nei centri storici, strade normalmente aperte al traffico automobilistico sono ormai in condizioni che finiscono creare grave e costante pericolo, ridotte a budelli fiancheggiati da tavoli e sedie occupati da gruppi di turisti (e di italiani) non molto brillanti. O semplicemente da persone che non possono immaginare che siano tutti quei tavoli in mezzo alla strada ad essere fuori legge, e credono che  sia  l’automobilista che cerca di uscire dal proprio garage. E gridano “E’ pericoloso!” oppure “Isola pedonale” contro chi cerca di percorrere quella che è ancora, in punto di diritto, una strada aperta al traffico, e magari con divieto di sosta su entrambi i lati.

Ciò ha dapprima portato alle stelle il costo di un posto macchina, anche in un cortile, ma ora lo sta facendo crollare, perché di fatto tali posti sono diventati irraggiungibili.

Il Sindaco ed i suoi agenti appaiono totalmente inerti, ma non significa che una specie di legge non sia presente: la legge della giungla. L’esercente di una friggitoria senza canna fumaria, che sputa a livello della strada effluvi caldi e maleodoranti, riesce a impedire al ristorante della porta accanto di mettere fuori i suoi tavoli, grazie all’esibizione di  chissà quale maggior forza.

Naturalmente, se con l’occupazione di suolo pubblico il numero dei tavoli e dei clienti appare spesso moltiplicati, anche la spazzatura prodotta si è quasi quadruplicata, e con essa la trasformazione dei marciapiedi in immondezzai. Per non parlare del lavoro degli spazzini, che si dalle prime ore dell’alba, pilotano i loro furgoni senza curarsi delle poche ore di riposo concessi ai cittadini che non vogliono privarsi del piacere di vivere nei quartieri più belli e tradizionali delle città.

E poi, l’esempio dell’appropriazione degli spazi pubblici si espande anche ad altri settori. Vicoli interi vengono bloccati con fioriere di cemento, cancellati dalla viabilità e tramutati in garage dove stazionano in maniera permanente lussuose automobili, spesso coperte da appositi teloni. Strade che non è più possibile percorrere, anche se i  navigatori satellitari continuano a consigliarle come scorciatoie.

Alessandro Di Severo

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