Da Firenze è stata lanciata la Carta per l’Economia civile. Ovviamente, non poteva ignorare la presenza del Coronavirus all’interno di un più generale impegno per sostenere il valore del lavoro e delle persone, per riflettere sulla biodiversità delle imprese, sull’uguaglianza e l’inclusione sociale. Ne parliamo con questa intervista a Leonardo Becchetti, uno dei principali animatori della Carta.

Becchetti: Il Coronavirus è stata una sonora sberla, un dramma, che però ha portato con se alcuni insegnamenti preziosi. Primo, abbiamo capito che l’economia non è “ciascuno faccia ciò che vuole che poi ci pensa la mano invisibile del mercato a rimettere tutto a posto” come recita qualche vulgata iperliberista che in realtà non trova albergo in nessuna teoria scientifica seria. Abbiamo capito quanto è drammatica l’interdipendenza delle nostre scelte, quanto sono importanti cooperazione, fiducia e coordinamento e investimento in beni pubblici come la sanità. Secondo, lo smart work forzato ci ha aperto un mondo. Superata la pandemia potremo scegliere di combinare lavoro in presenza e a distanza diventando manager del nostro tempo e combinando meglio nella vita lavoro, cura delle relazioni, formazione e tempo libero. Se combatteremo le diseguaglianze digitali le nostre famiglie ne guadagneranno. Terzo, abbiamo avuto il coraggio di entrare in un terreno macroeconomico inedito molto più audace sul fronte delle politiche monetarie e fiscali e visto che la cosa può funzionare. Quarto, come accaduto dopo la seconda guerra mondiale, soltanto una tragedia ha avuto la forza di scuotere i paesi europei dalle loro logiche anguste facendoci fare un passo avanti decisivo in materia di cooperazione. Allora la nascita della Comunità del Carbone e dell’Acciaio (l’antenato dell’Unione Europea) tra Francia e Germania, oggi il coraggio dell’avvio di una politica fiscale comune con l’UE che raccoglie risorse sui mercati e le distribuisce agli stati che hanno più bisogno. E’ un paradosso ma spesso solo da prove difficili nascono doni importanti. E’ quello che sta accadendo

D) L’economia civile ripropone, direi con forza, il valore della Persona e del senso della partecipazione della comunità. Puoi precisare questo aspetto che potremmo definire di prospettiva che la pone, allo stesso tempo, in alternativa, ma anche in termini di complementarietà alla visione economica classica. In qualche modo, l’Economia sociale di mercato e economia civile sembrano un po’ dividere gli economisti d’estrazione cattolica. Ma vi è proprio una tale grande distanza?

Becchetti: Al di là di battaglie che spesso sono nominalistiche io vedo molti punti di convergenza e dobbiamo intenderci su cosa c’è dietro i titoli. Io dichiaro cosa c’è dietro il nostro. Quattro cose fondamentali, ovvero un modo diverso di vedere persona, impresa, valore e politica economica rispetto al paradigma tradizionale che in realtà si sta per molti versi avvicinando a quello dell’economia civile. La persona è cercatrice di senso e maestra nell’arte della relazioni, quindi dotata di razionalità sociale e capace di dono, cooperazione e reciprocità. Si tratta ovviamente di potenzialità che l’economia civile identifica e che vanno sollecitate e valorizzate ma ci sono e ci rendono molto diversi da quella caricatura che è l’homo economicus. L’uomo dell’economia civile sa fare 1+1=3 e può essere maestro di relazioni. Per l’impresa siamo a favore della biodiversità e dell’ibridazione, di imprese sempre più ricche di senso e di imprenditori più ambiziosi che affiancano al profitto l’impatto sociale ed ambientale lavorando dentro le forme d’impresa tradizionali o modificandole in modo antico e nuovo (dalle varie forme di impresa cooperativa alle nuove benefit corporations). Sul valore insistiamo nel mettere al centro la generatività che non è altro un modo diverso di chiamare il bene comune della dottrina sociale. Ma lavoriamo perché la generatività sia non solo filosofia ma indicatore che misura il ben-vivere (come abbiamo fatto presentando il secondo rapporto sul ben-vivere delle provincie italiane al festival di Firenze). Anche sul Next Generation EU proponiamo che il criterio della generatività sia utilizzato assieme a quelli ovvi e tradizionali di creazione di valore economico, lavoro, sostenibilità ambientale. In politica economica concordiamo con quanto il papa ha scritto nell’ultima enciclica Fratres Omnes: la mano invisibile del mercato non ha poteri magici e non può fare tutto da sola. Per risolvere i problemi ha bisogno della mano pubblica (bellissimi i brani dell’enciclica sulla carità politica), delle imprese responsabili e della cittadinanza attiva. Se vogliamo questa quarta mano è una delle nostre particolari sottolineature. Se vogliamo costruire società “generative” che abbiano al centro l’obiettivo della fioritura e della realizzazione della persona (il concetto di bene comune della dottrina sociale) allora dobbiamo favorire forme di partecipazione e cittadinanza attiva. Oggi ce ne sono moltissime. Cito solo le varie forme di consumo e risparmio responsabile dove il cittadino esercita da solo o in forma organizzata il voto col portafoglio, l’amministrazione condivisa di beni comuni dove gruppi di cittadini fanno in 120 comuni italiani patti con la pubblica amministrazione per la gestione di immobili, di parchi o di beni comuni del loro territorio. Fino a modelli di attività politica come il bilancio partecipato. Lo stesso percorso che stiamo portando avanti con LazioLab per la programmazione 21-27 della regione Lazio adotta l’approccio partecipato e coinvolge la società civile.

D) Tu stai vivendo l’esperienza di consulente governativo e, al tempo stesso, continui a seguire il tuo percorso che ti pone più nel solco della valorizzazione dei territori, della partecipazione dal basso, della rigenerazione. Come vedi la conciliazione tra queste due diverse prospettive?

Becchetti: Ho la fortuna di lavorare con persone illuminate, come il ministro Costa e il sottosegretario Di Piazza in primis, che condividono la mia visione del ruolo pubblico, quella di levatore delle energie della società civile. Dunque il problema che ci poniamo è proprio quello di creare regole, meccanismi ed incentivi che mettano in moto la rigenerazione dei territori e la loro valorizzazione. Sono tantissime le partite su cui possiamo e dobbiamo convergere. Oltre quelle già citate quando parlavo di cittadinanza attiva penso al ruolo delle comunità energetiche in un futuro dove vedremo crescere le comunità di prosumer di energia che vendono le eccedenze non utilizzate per l’autoconsumo in rete finanziando magari attraverso questa via iniziative di carattere sociale per il proprio territorio. Una visione “popolare” dell’economia non guarda solo a pochi grandi progetti ma anche a quelle politiche che cambiano in meglio la vita di milioni di famiglie e imprese

D)  In che modo l’Economia civile aiuta a disegnare un diverso tipo d’impresa e a sostenere l’inclusione sociale. Due tra i temi di cui parla la Carta di Firenze

Becchetti: E’ attraverso il suo secondo punto qualificante di cui parlavo prima. Noi siamo convinti che il desiderio di maggiore ricchezza di senso di vita e di generatività che si trova nell’animo umano ci spinga oggi rimuovere incrostazioni e modificare strutture per convergere verso un modello d’impresa che sa coniugare creazione di valore economico e impatto sociale ed ambientale. Lo abbiamo fatto in concreto costruendo la rete Next (nuova economia per tutti) un’associazione di promozione sociale che mette assieme 46 attori importanti del paese (dai sindacati maggiori, alle associazioni dei consumatori, alle ong, ad associazioni di imprenditori) sul tema della responsabilità sociale. Che ha creato un meccanismo di autovalutazione partecipata nel quale più di 500 imprese grandi e piccole del paese hanno misurato il loro impatto assieme alle nostre associazioni membre. Fino a costruire poi un sito web (Gioosto) che è vetrina e promotore delle realtà più belle del paese in questo campo (dall’economia carceraria, ai prodotti bio, all’agricoltura sociale). Modelli simili a questo nascono in forme diverse in diverse parti del paese e rappresentano il nuovo che dobbiamo fare avanzare

D) Tu parli spesso di benessere, lo fa pure la Carta. E’ il superamento dell’idea di welfare?

Anche il concetto di welfare è trasformato profondamente dalla rivoluzione della generatività. Le tante “pietre scartate” della nostra società (è proprio di papa Francesco questo accento particolare sugli “scartati”) possono diventare testata d’angolo o perlomeno riacquisire dignità non se sono terminali di un obolo quanto piuttosto se vengono nuovamente messi in condizione di potersi sentire utili. E’ la via del budget di salute (percorsi di recupero ad esempio per disabili psichici attraverso l’agricoltura sociale) o degli empori di solidarietà dove i beneficiari di aiuto diventano gestori dell’iniziativa. Si è felici e la propria vita è ricca di senso se si è in grado di dare non se solo si riceve. Se sono fondamentali gli investimenti in istruzione, ricerca e sistema sanitario, se dobbiamo irrobustire le reti fondamentali del nostro paese (da quella ferroviaria, alla fibra, alle smart grid) è altresì essenziale promuovere iniziative che rendano attive, generative e protagoniste del loro futuro le reti comunitarie dei nostri territori. Questo è il ben-vivere che abbiamo in mente.

Intervista di Giancarlo Infante

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