È opinione condivisa, al di là delle simpatie per Biden o per Trump, che i cittadini degli Stati Uniti siano arrivati all’elezione del nuovo Presidente profondamente divisi tra di loro. Le manifestazioni “black lives matter” e l’assalto alla sede del Congresso ne sono i sintomi più noti, anche se le opposte fazioni attribuiscono ovviamente agli avversari la responsabilità dei disordini.

Mai prima d’ora però le divisioni hanno interessato con tanta intensità non solo l’elettorato cattolico Usa, ma anche l’opinione pubblica italiana. Abbiamo osservato infatti anche in Italia viscerali sostenitori dell’uno o dell’altro candidato, come se l’esito delle elezioni americane dipendesse dal nostro voto.

Sembra evidente che questo accesissimo dibattito è sintomo di altre contrapposizioni, forse simbolicamente più profonde della pura elezione di un Presidente o di un altro. Per i cattolici italiani, si potrebbe in particolare riprendere la divisione rilevata dal card. Bassetti tra i cattolici “della morale” e quelli “del sociale”. Tradotto volgarmente: da una parte chi si indigna molto per l’aborto e poco per gli immigrati morti in mare; dall’altra, chi ha un atteggiamento esattamente opposto.

Una mano tesa dei Vescovi verso il nuovo Presidente

Va messo anzitutto in evidenza che l’episcopato americano ha diffuso una nota ufficiale il 20 gennaio, nel giorno dell’insediamento di Biden ( CLICCA QUI ).

Trattandosi del secondo presidente della storia Usa dichiaratamente cattolico, dopo John Kennedy, la dichiarazione di José Gomez, Presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, assume anche il significato di un appello a un membro della propria confessione religiosa.

Con riferimento alla perenne tendenza di attribuire ai Vescovi funzioni politiche, l’arcivescovo sottolinea invece con chiarezza il carattere morale che sempre contraddistingue il magistero della Chiesa: «I vescovi cattolici non sono protagonisti tendenziosi della politica della nostra nazione. Siamo pastori responsabili delle anime di milioni di americani e sosteniamo i bisogni di tutti… Quando parliamo di questioni della vita pubblica americana, cerchiamo di guidare le coscienze e proponiamo principi. Questi principi sono radicati nel Vangelo di Gesù Cristo e negli insegnamenti sociali della sua Chiesa».

In seguito, questo concetto viene ulteriormente ribadito con riferimento più preciso ai partiti Usa, quando si specifica che le posizioni dei Vescovi «non si allineano perfettamente con le categorie politiche di sinistra o di destra o con le piattaforme dei nostri due principali partiti politici. Lavoriamo con ogni Presidente e ogni Congresso. Su alcune questioni ci troviamo più dalla parte dei Democratici, mentre su altre ci troviamo dalla parte dei Repubblicani».

Vi è quindi una disponibilità e un’apertura positiva nei confronti di Biden, così come di ogni altro Presidente, ma anche un apprezzamento più specifico: «Lavorare con il presidente Biden sarà tuttavia particolare, poiché è il nostro primo presidente in 60 anni a professare la fede cattolica… sarà gradevole impegnarsi con un presidente che comprende chiaramente, in modo profondo e personale, l’importanza della fede e delle istituzioni religiose».

Non manca poi un apprezzamento per «la pietà e la storia personale di Biden, la sua commovente testimonianza di come la sua fede gli abbia dato conforto in tempi di oscurità e di tragedia, il suo impegno di lunga data per la preferenza del Vangelo per i poveri…».

Fermezza sui principi morali

Tuttavia, la dichiarazione in esame non è affatto reticente rispetto ad alcune posizioni fortemente radicate nel Partito Democratico, di cui Biden è espressione. Ben sapendo che il riferimento più immediato riguarda l’aborto, mons. Gomez ricorda che il magistero dei vescovi cattolici non è affatto monotematico, ma ha affrontato «una vasta gamma di preoccupazioni. Tra queste: aborto, eutanasia, pena di morte, immigrazione, razzismo, povertà, attenzione all’ambiente, riforma della giustizia penale, sviluppo economico e pace internazionale».

Ciò detto, l’arcivescovo non manca di rilevare che «il nostro nuovo presidente si è impegnato a perseguire determinate politiche che promuoverebbero mali morali e minaccerebbero la vita e la dignità umana, soprattutto nelle aree dell’aborto, della contraccezione, del matrimonio e del genere… Per i vescovi della nazione, la continua ingiustizia dell’aborto rimane la “priorità preminente”. Preminente non significa “unica”. Abbiamo profonde preoccupazioni per molte minacce alla vita umana e alla dignità nella nostra società. Ma, come insegna Papa Francesco, non possiamo rimanere in silenzio quando nel nostro Paese quasi un milione di vite non nate vengono buttate via, anno dopo anno, a causa dell’aborto».

Almeno due osservazioni conclusive emergono dalla lettura del documento.

La prima riguarda l’equilibrio complessivo di questa dichiarazione, che tiene fede all’intento iniziale di non assumere toni faziosi. Troviamo grande disponibilità e altrettanta franchezza. Un atteggiamento leale, motivato esplicitamente dal fatto che «ai vescovi della nazione è affidato il dovere di proclamare il Vangelo in tutta la sua verità e potenza, a tempo e fuori tempo, anche quando quell’insegnamento è scomodo o quando le verità del Vangelo sono contrarie alle indicazioni della società e della cultura prevalente». Un atteggiamento che può contribuire anche a rimarginare le lacerazioni intervenute nel tessuto sociale degli Stati Uniti: «L’appello del presidente Biden per la riconciliazione e l’unità nazionale è ben accetto a tutti i livelli».

La seconda osservazione riguarda invece la sgangherata lettura che di questa dichiarazione hanno proposto alcuni commentatori italiani: cancellando le parti non utili alla tesi sostenuta, troviamo chi parla di vescovi succubi della nuova amministrazione e chi afferma al contrario che i vescovi hanno “asfaltato” il presidente appena entrato in carica.

In occasione del settimo anniversario della morte Dante Alighieri, verrebbe voglia di commentare, traducendo maccheronicamente: De vulgari eloquentia. Ma, più seriamente: non servirebbero anche a noi effettivi processi di riconciliazione e di unità nazionale?

Enrico Maria Tacchi  

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