Boh? Ma? Cosa possiamo dire di più a Lorenzo Cesa dopo aver letto la sua ultima pensata affidata a Twitter con la quale si dice pronto ad accettare la proposta di Matteo Salvini di unificare i partiti della destra e dei conservatori in Europa?

Cesa twitta: ” Guardiamo con interesse la proposta @matteosalvinimi  di unificare i gruppi parlamentari dell’area conservatrice e popolare in Europa, serve maggiore sinergia nel #centrodestra europeo, passo importante per costruire una sintesi in chiave domestica magari in ottica federativa!”.

Il nostro amico Lorenzo dimentica il contesto in cui la proposta di Salvini arriva. Visto che il capo della Lega ha lanciato l’idea nel pieno di un’iniziativa organizzata dall’estrema destra in Portogallo, a Cascais, cui hanno partecipato con lui  Marina Le Pen e i rappresentanti degli estremisti di Alternative für Deutschland, che non disdegnano rapporti con le organizzazioni filo naziste, antisemite e anti immigrati,  con il presidente del partito di estremissima destra belga Vlaams Belang, Gerolf Annemans, e con il conservatore dell’Estonia Martin Helme.

Non m’interessa in questa sede entrare nel merito della proposta di Matteo Salvini. Egli, da tempo, ha scelto di coltivare un disegno sostanzialmente di destra entrando in rotta di collisione con un’Europa che, finalmente, ha scelto di tornare in un alveo popolare dopo troppi anni passati a favorire la finanziarizzazione dell’economia. Al capo della Lega ha già abbondantemente risposto il Partito popolare europeo con l’equilibrio trovato sulla cosiddetta “formula Ursula” dal nome della Presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula von del Leyen, votata da un’ampia area di partiti democratici. Non da Salvini e dalla Meloni e dagli altri rappresentanti dei gruppi estremisti di destra e di sinistra.

Certamente c’è da rilevare, allora, come la proposta di Salvini, rivolta anche a quell’ungherese Orban, fresco fresco di uscita dal Ppe e alla destra polacca, vada verso la formazione di un’alleanza in Europa del tutto ostile alla visione popolare. Gli equilibrismi di Salvini in Italia ( ultimo il cambiamento di posizione sullo stop ai licenziamenti rigettato fino a poche ore prima ) non incantano tanto al di là dei nostri confini nazionali. Là ricordano bene l’alleanza stretta dalla Lega con il partito di Putin e i suoi ripetuti sostegni portati a Donald Trump il quale non ha mai nascosto la sua oggettiva ostilità nei confronti degli alleati europei.

Tutto questo spiega l’intervento immediato di Antonio Tajani, di Forza Italia e vicepresidente del Ppe che stride con la posizione di Lorenzo Cesa:  “In Italia il centrodestra è unito ma tutto ciò non può essere trasportato in Ue:  per il Ppe è impossibile fare un accordo con Id. Non possiamo rinunciare alla nostra identità”.

Tajani poi aggiunge una frase su cui una riflessione, e soprattutto una conseguenzialità sarebbero comunque opportune: “Salvini fa parte del governo Draghi e ha fatto una scelta europeista, altri no: Afd e  Le Pen che sono alternativi culturalmente a noi, sono antieuropeisti”.

Perché, allora, tenere in piedi un centrodestra di cartapesta che va bene solo per un set cinematografico o televisivo e non si ha il coraggio di fare una scelta di campo definitiva? Continuiamo con questa politica che ha fatto disamorare la metà circa degli elettori e gran parte degli italiani? Perché è una politica che appare troppo piegata sul piccolo cabotaggio e l’opportunismo di natura elettorale e di potere.

Ecco perché abbiamo dato vita a Insieme. Noi ricerchiamo un qualcosa di più alto che si può raggiungere scegliendo d’impegnarsi  per la trasformazione e la rigenerazione basate sulla coerente adesione a dei principi forti da cui discendono capacità programmatica, coerenza e linearità.

Ecco perché amareggia leggere la presa di posizione di Lorenzo Cesa dopo avergli sentito ribadire per anni la collocazione sua e dell’Udc all’interno della tradizione popolare e cristiano democratica che ha davvero poco a che fare con le posizioni di Matteo Salvini e con l’estrema destra italiana ed europea.

Giancarlo Infante

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