Le recenti vicende della sanità calabrese hanno fatto emergere un quadro desolante di inefficienze e rimpalli di responsabilità che ha generato rabbia e indignazione in tutto il territorio regionale e non solo.

I fattori che hanno acuito le tensioni e gli scontri sono evidenti: la decisione a seguito dell’ultimo DPCM di inserire la Calabria tra le zone rosse (non tanto per il numero di contagi ma per la carenza di strutture adeguate a fronteggiare l’emergenza) con le conseguenti restrizioni negli spostamenti e nello svolgimento di tutte le attività; l’intervista a dir poco imbarazzante dell’ex Commissario Saverio Cotticelli[1] e le sue esternazioni in tv[2] che hanno reso ancora più incomprensibili alcuni aspetti della gestione commissariale; ed, infine, la nomina del nuovo Commissario Giuseppe Zuccatelli, accompagnata da numerose critiche in relazione ad alcune sue dichiarazioni rilasciate in precedenza[3], non in linea con i protocolli di sicurezza e prevenzione adottati dal Governo (con particolare riferimento all’uso della mascherina).

In questo quadro complicato e a tratti inquietante (a motivo dei tanti punti ancora da chiarire e da approfondire in merito alla situazione generale in cui si trova la sanità calabrese) si può scorgere però qualche elemento interessante proprio nelle reazioni dei cittadini e nella loro carica emotiva nel voler contrastare e respingere definitivamente e con determinazione un sistema ormai diffuso che ha reso praticamente vano l’esercizio di uno dei diritti fondamentali garantito costituzionalmente: il diritto alla salute.

La protesta può essere un fattore-chiave nei processi di cambiamento se viene espressa rispettando regole e persone, con modalità nonviolente ed all’interno di uno spazio di convivenza civile e democratica. Le reazioni dei cittadini sono, quindi, segnali importanti nella prospettiva di un mutamento radicale e significativo, ma occorre che la contestazione, la rabbia e l’indignazione che abbiamo visto in questi giorni siano ora valorizzate in un nuovo percorso di trasformazione a livello sociale e politico (sia locale sia nazionale) che comporta determinate scelte strategiche da orientare in più direzioni.

In primo luogo si dovranno canalizzare le legittime proteste verso una mobilitazione civile che coinvolga dal basso persone, gruppi organizzati, operatori economici, organismi di rappresentanza imprenditoriale e sindacale, realtà del Terzo Settore, comunità religiose… per sostenere le esperienze di riscatto sociale e politico già avviate da tempo e suscitare nuove forme di partecipazione, recuperando ritardi e colmando vuoti riconducibili a ciò che il politologo americano Robert Putnam definiva “civicness” (assenza di coscienza civica), alla quale attribuiva gran parte delle cause del mancato sviluppo soprattutto nelle regioni meridionali[4].

La gestione condivisa della cosa pubblica, con il monitoraggio delle decisioni riconosciuto anche in capo ai cittadini, lo sviluppo di azioni collettive ed ispirate ai principi della cooperazione e della solidarietà, l’investimento nel capitale sociale e nella cultura della legalità… sono i capisaldi sui quali costruire un progetto che possa dare senso, sostanza e seguito alla ribellione, evitando che il coinvolgimento sia episodico e la sensibilizzazione estemporanea e che le sollecitazioni al rinnovamento siano dettate soltanto dalla particolare situazione di emergenza sanitaria e dal conseguente allarme esteso capillarmente.

In questa prospettiva il sit-in unitario di tutti i Sindaci della Calabria in programma il 19 novembre davanti a Palazzo Chigi per chiedere la fine del commissariamento e la cancellazione del debito può essere un passaggio importante per dare un profilo istituzionale alle contestazioni, al di là delle specifiche appartenenze politiche e partitiche.[5]

Sul piano della politica locale bisognerà dare spazio a protagonisti nuovi con idee ed energie che possano introdurre elementi di discontinuità nel provvedere allo sviluppo di un territorio ricco di potenzialità e di risorse molto spesso lasciate nel completo stato di abbandono e di degrado.

Non si tratta di promuovere e fomentare il nuovismo anagrafico fine a se stesso, ma di rigenerare un sistema che nella situazione attuale richiede uno shock di tipo trasformativo non più rinviabile.

E’ quindi da sostenere l’auspicio di Enzo Bova (Coordinatore regionale di Insieme) che “le prossime elezioni regionali siano l’occasione per la nascita di un’offerta politica nuova che offra ai calabresi uno spazio di recupero di credibilità e competenza. Un’offerta politica costruita insieme, non per occupare posti, ma per aprire percorsi di partecipazione che diano visibilità e riconoscimento al tanto di buono che vive nella nostra regione.” [6]

Sul piano politico nazionale bisogna andare oltre le logiche del passato centrate sulla semplice distribuzione di risorse economiche e di finanziamenti a pioggia (spesso non utilizzati) oppure su misure ed interventi di gestione commissariale non sempre regolata da meccanismi di controllo e di rendicontazione dei risultati.

Un commissariamento che dura undici anni (come nel caso della Calabria) dovrebbe destare almeno qualche dubbio in merito alla sua reale efficacia in termini di obiettivi raggiunti e di strategie attivate per risanare un intero apparato e restituire la gestione dei servizi alla comunità locale.

E’ inconcepibile che una misura transitoria non sia collocata in un arco temporale accettabile e ragionevole oltre il quale non sono più giustificabili ulteriori rinvii nel garantire prestazioni sanitarie fondamentali per il benessere personale e sociale, come viene dichiarato anche nell’appello dei Vescovi calabresi in cui si afferma, tra l’altro, che “le istituzioni ad ogni livello, ad iniziare dal Governo nazionale, hanno il dovere di rendere ragione del proprio operato e, al tempo stesso, di definire orizzonti futuri chiari e certi, senza interferenze di vario genere”[7].

Gli interventi saranno efficaci se articolati in una strategia complessiva di rinascita condivisa che possa integrare la mobilitazione sociale, le proposte politiche locali, la azioni del Governo centrale, le inchieste della Magistratura, l’impegno in ambito ecclesiale e tutte le iniziative culturali… ampliando il perimetro geografico e superando una visione dicotomica tra territori che spesso ha generato in un senso comportamenti penalizzanti nei confronti della Calabria e, viceversa, una serie di rivendicazioni in chiave risarcitoria e riparatoria in buona parte dell’opinione pubblica calabrese nei confronti dell’esterno.

La sfida del cambiamento e della trasformazione è quindi aperta e si potrà vincere soltanto insieme, con spirito di unità e di corresponsabilità.

Oreste De Pietro 

 

[1] Video dell’intervista su questo link.

[2] Intervista nel corso del Programma su La7 Non è l’Arena, domenica 8 novembre su questo link.

[3] Dichiarazioni riportate anche su questo link.

[4] Il riferimento è alla ricerca di Robert Putnam realizzata a partire dal 1970 e pubblicata nel 1993 nel volume La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano, Mondadori, ripresa alcuni anni fa da Enrico Ferrara nell’articolo L’unica chance di sviluppo per il Sud? Il Sud stesso, su Linkiesta (clicca qui).

[5] Fonte della notizia su questo link.

[6] Tratto dal Comunicato La Calabria sull’orlo del baratro si salva Insieme. Il sociologo Bova per una nuova politica regionale. Testo integrale su questo link.

[7] Per amore della Calabria. Appello dei Vescovi per la sanità e il diritto alla salute (su questo link).

 

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