La reprimenda di Draghi ai partiti della sua maggioranza ci sta tutta. Segnala alcuni deficit strutturali del nostro sistema politico. Taluni credono di affrontarli invocando che la supplenza di Draghi si prolunghi al di là della prossima scadenza elettorale. Senonché’ questo sarebbe esattamente il contrario di ciò di cui abbiamo davvero bisogno.

Alcune considerazioni si impongono. Negli anni in cui studiavamo, ci siamo passati tutti in classi che attraversavano fasi di turbolenza o addirittura erano turbolente e finiva lì. Per lo più, in quegli anni di adolescenza sconsiderata, il richiamo alla disciplina del malcapitato professore di turno otteneva esattamente l’effetto contrario. Anziché riassorbire la dissidenza, la incoraggiava. Riportava l’ordine solo chi riusciva a risvegliare un nuovo interesse, una prospettiva più ampia e coinvolgente della quotidiana fatica da consumare su compiti e lezioni.

Seconda considerazione. Va rivisto e superato uno dei consolidati luoghi comuni in cui ci si passa il cerino acceso, sperando sia l’altro a scottarsi la punta delle dita: il rapporto tra tecnici e politici. Bisogna prendere atto che la politica senza la tecnica è muta Ma è altrettanto vero che la tecnica senza la politica è cieca.

Terza considerazione: per governare occorre un disegno, un progetto per il Paese, una visione. E questa non nasce, come Venere, spumeggiante dal mare. Né basta associare ad una emergenza (la pandemia) un’urgenza ( il PNRR). Nasce dall’ascolto e dal discernimento della rappresentanza popolare che, per accedere al “sancta sanctorum” delle leve istituzionali, ha pur sempre bisogno dell’intermediazione delle forze politiche organizzate. Senonché l’attuale Governo nasce siffatto esattamente dalla constatazione che tali forze sono stremate al punto da non saper più assolvere questa funzione. Infatti – ultima stringata considerazione- il nostro attuale sistema politico sconta la presenza di molti capi e capetti, caporali o colonnelli che siano, di pochi veri leader che a contarli forse avanza qualche dito di una mano sola e di nessun statista. Ovviamente, non certo colpa di Draghi.

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